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 2012  novembre 02 Venerdì calendario

UN MARE DI ENERGIA

Ricavare elettricità illimitata dal mare, quest’enorme ’macchi­na energetica’ che copre il 70% del globo. Il sogno risale almeno a Ju­les Verne, che dotò il Nautilus del ca­pitano Nemo di un sistema autonomo di propulsione. Ma a vanificare ogni speranza, finora, era stata la stessa o­stilità dell’ambiente marino, con le sue tempeste imprevedibili e il sale che corrode i materiali tradizionali dei gruppi meccanici. Nella corsa alla ri­cerca di una fonte rinnovabile ideale, gli ingegneri hanno così a lungo rele­gato in un cassetto il sogno verniano, orientandosi sull’energia solare, eoli­ca o geotermica. Ma da qualche anno, l’invenzione di nuovi materiali più adatti al mare e l’ac­cumulo di conoscenze su correnti, on­de e maree hanno spinto diversi Paesi a riaprire il fatidico cassetto. In ambi­to europeo, Gran Bretagna, Irlanda, Da­nimarca e Norvegia hanno già lancia­to una serie di progetti innovativi di turbine marine, quasi sempre grazie a­gli investimenti di gruppi privati.
Adesso, è però la Francia a tentare d’in­nestare le marce superiori, decidendo di fare della vasta famiglia delle ’ener­gie marine’ un’autentica scommessa nazionale, con ingenti investimenti pubblici per dare slancio alle ricerche e soprattutto a un articolato piano di realizzazioni concrete, già al via o pro­grammate in calendario.

Quest’anno una turbina marina di 16 metri di diametro è stata posata sul fon­dale a circa 15 km dalle coste setten­trionali della Bretagna, al largo della cittadina di Paimpol. Se verrà rispetta­to il calendario annunciato da Edf, il gigante dell’elettricità transalpina, lo stesso sito sottomarino ospiterà tra breve il primo ’parco idrolico’ del mondo, dotato di 4 maxi-turbine con­nesse alla rete elettrica.

Si cercherà in tal modo di sfruttare il principale vantaggio fisico di base del­le pale in mare, rispetto a quelle eoli­che: pur essendo le correnti marine in genere molto meno rapide del vento, la densità dell’acqua è comunque oltre 800 volte superiore a quella dell’aria. E ciò, teoricamente, garantisce rendi­menti decisamente maggiori a favore dell’energia marina. Senza contare che rispetto ai venti, le correnti marine so­no in genere più costanti.

Ma come sanno da sempre i marinai, oltre che generoso, il mare può essere traditore. Il principio vale anche per le prospettive dell’energia marina, i cui margini di perfezionamento paiono ancora grandi, se si considerano in par­ticolare i rischi d’interramento, con­crezioni, colonizzazioni biologiche, tempeste ed altre ’variabili critiche’, accanto al problema generale del pos­sibile impatto sugli ecosistemi.

Nonostante queste incognite, Parigi vuol credere fino in fondo al leggen­dario fiuto predittivo di Verne. Anche perché, in termini industriali, chi ar­riverà per primo a sviluppare su vasta scala delle tecnologie affidabili ed e­co- compatibili potrebbe approfittare in futuro di un vantaggio competitivo decisivo su un mercato nascente che pare molto promettente. ’È adesso che ci si lancia, non occorre perdere il momento buono’, ha dichiarato nei mesi scorsi il Ministero francese del­l’Ecologia.

Si tratta di una scommessa che po­trebbe trovare orecchie attente pure in Italia, dove gli esperti segnalano da an­ni, ad esempio, il potenziale dello Stret­to di Messina, attraversato da correnti marine particolarmente rapide e co­stanti.

La Francia non nasconde la ferma vo­lontà di divenire uno dei Paesi leader nel settore su scala mondiale. Un rap­porto senatoriale del 2010 aveva chie­sto ’un impegno forte dei poteri pub­blici’ e qualche settimana fa, grazie a una vasta cordata di enti pubblici e pri­vati, è stata organizzata a Nantes, sul­l’Atlantico, la seconda edizione di Bio-Marine international business con­vention, evento dedicato all’intera gamma delle energie marine, compre­sa la biomassa acquatica. Peraltro, molti progetti francesi di ri­cerca e sviluppo in corso si avvalgono del know-how della Dcns, la direzione della Difesa che gestisce in particolare la flotta dei sottomarini nucleari. Co­me se di colpo proprio il miraggio del Nautilus riaffiorasse in superficie.

Del resto, l’effetto termoelettrico, sco­perto nell’Ottocento e subito ripreso da Verne in Venti mila leghe sotto i ma­ri, è alla base di uno dei fronti di ricer­ca più importanti ed avanzati. Quello che cerca di estrarre elettricità su gran­de scala sfruttando la differenza di tem­peratura fra la superficie marina e le acque profonde. Si tratta di una gran­de speranza soprattutto per le popola­zioni di isole piccole e medie, dove at­tualmente il costo dell’elettricità resta spesso elevato, anche perché l’energia eolica e solare sono problematiche già per una semplice questione di scarsa superficie disponibile.

Anche su questo fronte, la Francia sta molto investendo, soprattutto nei pro­pri territori d’Oltremare situati nella fa­scia tropicale, dove sono particolar­mente accentuate le differenze di tem­peratura fra superficie marina e fon­dali. Una ’macchina termica’ speri­mentale è già in funzione a Nantes e la prima vera centrale elettrica operati­va, a meno d’imprevisti, è program­mata in Martinica entro il 2015.

Da un punto di vista tecnico, anche questa sfida presenta diverse incogni­te, a cominciare da quelle del rendi­mento energetico e delle grandi profondità da cui occorrerà far risalire l’acqua fredda. Ma come nel caso del­le correnti marine, l’obiettivo finale è allettante, trattandosi di una fonte i­nesauribile e disponibile 24 ore al gior­no, in condizioni di mare calmo o po­co agitato. I grandi mercati del futuro, sottolineano gli esperti francesi, si chia­mano soprattutto Brasile ed India. Non a caso, anche gli Stati Uniti stanno ac­celerando il passo, attraverso un im­portante accordo pubblico-privato fra la US Navy e la Lockheed Martin, per costruire rapidamente una centrale pi­lota di nuova generazione alle Hawaii.