Bruno Manfellotto, l’Espresso 1/11/2012, 1 novembre 2012
CRONACA DI UN CRAC ANNUNCIATO
E adesso ciò che sorprende è che qualcuno si sorprenda. Davvero nessuno immaginava il sorpasso degli astensionisti, il trionfo di Grillo in terra siciliana, la frantumazione della destra che fu agli ordini della premiata ditta Berlusconi & Alfano? Sia chiaro, qui non si sta cercando di parlar d’altro: certo che la vittoria di Crocetta è importante per il Pd, ma non si può ignorare che il successo sia risicato, che avvenga a spese dei partiti tradizionali o dei loro figliocci, che il vincitore sia destinato a fare i conti con mezza isola che non ha votato e a inventarsi presto alleanze un po’ pasticciate perché da solo una maggioranza non ce l’ha. Alla faccia delle velleità maggioritarie coltivate dal Pd.
Vero. E però ci sentiamo ancora una volta in dovere di segnalare a chi fa politica che quanto è successo non è solo un incidente di percorso, che il voto di domenica 28 ottobre proietterà la sua ombra lunga sulle elezioni del 2013 e che il terremoto si preparava da anni. Di fatto identificandosi per tempi e modi con colui che in questi anni è stato il megafono della rabbia montante nel Paese: Beppe Grillo. Spontaneista, velleitario, populista, sì, ma reale.
Cronaca di un crac annunciato. Scena simile si era già vista alle amministrative di maggio. Ieri come oggi, il Pd aveva mostrato capacità di alleanze e realpolitik, ma il suo zoccolo duro è via via diventato uno zoccolino. In Sicilia, per esempio, il Pd ha vinto con Crocetta ma ha perso 160 mila elettori rispetto alle europee del 2009 (38 per cento in meno) e 248 mila rispetto alle regionali del 2008 (meno 49,1). L’esercito berlusconiano, che solo quattro anni fa aveva fatto cappotto, è frantumato, decimato, in rotta: 450 mila voti in meno rispetto al 2009, addirittura 652 mila rispetto al 2008. E in quanto all’astensione, già sei mesi fa, che so?, a Genova avevano votato solo quattro elettori su dieci. E oggi scopriamo l’astensionismo?
COMUNQUE È INCREDIBILE non aver capito che i Cancelleri e i Pizzarotti non spuntano dal nulla, ma arrivano da lontano. Grillo conquista "Time" nel 2005, presentato come un Robin Hood. Attenzione alle date: l’anno dopo, mentre "La Casta" di Rizzo & Stella spopola, Beppe gira e riempie le piazze d’Italia urlando e insultando; nel 2008 lancia il "Vaffa day", che non è certo un programma politico, ma ha un’incredibile capacità d’attrazione; nel 2009, infine, fonda il Movimento 5 Stelle. E sfonda perché cavalca nelle piazze e in Rete almeno cinque parole d’ordine efficaci (pag. 38).
CERTO, SI È SPINTO fino al populismo estremista e inconcludente scambiando il facile sì o no delle piazze e della Rete con la democrazia rappresentativa. Ma le forze politiche, invece di sforzarsi per comprenderne genesi e motivazioni profonde e guardare in faccia i giovani che lo seguono, lo hanno snobbato, demonizzato, sottovalutato. Così confermando, come scrive Piero Ignazi ("Forza senza legittimità", Laterza), che dopo aver faticato «per diventare i legittimi protagonisti del sistema, i partiti sono stati travolti dalla perdita di contatti con la società civile. Il loro vero peccato è che non incarnano più quegli ideali di passione e di dedizione, di impegno e di convinzioni che sbandieravano come connaturati alla loro esistenza».
Del resto, mentre l’indignazione cresceva, si scoprivano l’uno dopo l’altro i grandi scandali del malaffare diffuso: Lusi, Formigoni, Polverini... E mentre nasceva il governo Monti zeppo di tecnici e professori - una sorta di antipolitica istituzionale e benedetta dal Quirinale - i partiti apparivano sempre più deboli, incapaci di accettare sacrifici come quelli imposti agli italiani: Monti aumentava le tasse e tagliava le pensioni, i parlamentari non toccavano nemmeno i vitalizi.
Sei mesi fa, raccontando l’exploit di Grillo, "l’Espresso" scriveva: «Se così stanno le cose, scomparirà chi non saprà prendere atto; sopravviverà chi cercherà di capire; vincerà chi sarà in grado di offrire a protestatari e astensionisti un’alternativa valida al deserto che vedono dinanzi a sé». Nulla da aggiungere. Anche perché nulla è stato fatto. E il tempo stringe.