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 2012  novembre 01 Giovedì calendario

GLI INGEGNERI SÌ CHE SONO CHOOSY


Engineers wanted! È la scritta a caratteri cubitali che campeggia sull’altrimenti sobrio sito internet della tedesca Rücker, specializzata in progettazioni e sviluppi digitali nel segmento automobilistico. Mancano all’appello 328 profili. La caccia è aperta. Anche agli stranieri. E l’offerta non è niente male: due mesi di corso intensivo di tedesco a spese dell’azienda, con un rimborso da mille euro al mese, sei mesi di prova con uno stipendio di 3 mila euro netti al mese e assunzione a tempo indeterminato a partire da 3.500 euro al mese in una delle sedi tedesche del gruppo, presente in 18 paesi.
Un ago nel pagliaio? L’eccezione in un panorama europeo in cui la disoccupazione giovanile (e non solo) cresce a doppia cifra anno dopo anno? Niente affatto. Perché gli ingegneri a quanto pare non bastano mai. Succede in Germania, dove ne vorrebbero 18 mila in più all’anno. In Francia, dove ne mancherebbero 9 mila. E persino in Italia, dove nel 2011 si registrava una carenza di 7.380 profili di cui 3.090 provenienti dagli indirizzi elettronica e dell’informazione. I più appetibili.
«Il divario tra domanda e offerta di lavoro permane nonostante la crisi» dice a Panorama Ferruccio Dardanello, presidente dell’Unioncamere, che ha messo nero su bianco tutte le cifre. E poco importa se a una prima lettura i dati del ministero dell’Istruzione sembrerebbero dire il contrario. Nel 2010 (ultimo dato disponibile) il totale dei neoingegneri è stato di 33.049 unità tra laurea triennale e magistrale. Mentre le aziende, secondo l’Unioncamere, ne avrebbero assunti 20 mila. Ma l’inghippo è presto spiegato: oltre 1’80 per cento dei ragazzi (e ragazze, pari ormai a oltre il 30 per cento dei laureati in ingegneria) con in tasca il titolo triennale prosegue gli studi e dunque non è disponibile all’ingresso nel mondo del lavoro. Quindi? «Trovare il profilo giusto non è semplice» assicura Paola Aroi, direttore del personale della società di consulenza informatica S2E Sprint che, nata quattro anni fa a Milano, oggi ha un organico di 250 persone, per la maggior parte ingegneri, e cerca ancora. Nel dettaglio: 6 stagisti retribuiti a 500-800 euro al mese a seconda del percorso intrapreso per sei mesi e 10 ingegneri con esperienze brevi. Per gli interessati: careers@s2e-mail.com. Anche Stefano Rivolta, a capo della ricerca del personale della Cannon, azienda specializzata in macchine industriali, parla di difficoltà di reperimento di risorse adeguate: «Vagliamo anche 15-20 persone per sceglierne una in un ciclo di tre colloqui a testa circa» racconta. E anticipa gli stipendi per i neolaureati poststage: 24 mila euro lordi l’anno, ovvero circa 1.300 euro netti al mese. Altro che l’offerta tedesca. Ma le statistiche confermano: a tre anni dall’assunzione, in Italia un ingegnere guadagna in media 1.500 euro netti al mese. Mentre dopo 5 anni arriva a stento a 1.600 euro. «Non è un caso che molti ragazzi optino per l’estero» interviene Marco Taisch, delegato del rettore per il collocamento al Politecnico di Milano, che organizza anche colloqui di lavoro riservati alle aziende straniere. «L’anno scorso erano 15 le imprese accreditate. Quest’anno 40. In arrivo soprattutto da Germania, Francia e Inghilterra».
In ogni caso a un anno dalla laurea il 98 per cento dei neoingegneri del Politecnico di Milano risultano occupati. E c’è chi si può anche permettere di storcere il naso di fronte alle offerte. Insomma, di essere «choosy», come direbbe il ministro Elsa Fornero. Il caso più eclatante? Un paio d’anni fa perché qualcuno dell’indirizzo Meccanica si degnasse di partecipare al seminario McKinsey organizzato nell’ateneo proprio per cercare nuove risorse è stato messo in palio un corso di guida sicura. «Altrimenti l’aula sarebbe rimasta pressoché vuota» dice Taisch.
Anche per chi esce dai Politecnici di Torino e Bari, altre due università d’eccellenza in Italia, trovare lavoro non è difficile. Marco Gilli, rettore a Torino, assicura: «Per l’automotiveengineering l’occupazione a pochi mesi dalla laurea supera il 90 per cento. E le aziende fanno a gara per assicurarsi i ragazzi più in gamba». Molti sono anche i progetti congiunti università-impresa con collaborazioni di ricerca, trasferimento tecnologico, stage durante il percorso di studi, tesi realizzate in loco e altro ancora. Succede anche a Bari dove ci sono anche due psicologi a disposizione degli studenti per aiutarli a individuare al meglio le proprie vocazioni. «Nove su 10 dei nostri ragazzi che partecipano a progetti congiunti con le imprese vengono assunti appena terminato il corso di studi» assicura Nicola Casentino, ingegnere e rettore a Bari dal 2009. E conclude: «È uno dei pochi titoli di studio che non temono la crisi. E le immatricolazioni per il corso triennale lo dimostrano: +30 per cento rispetto a un anno fa, a quota 1.500».