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 2012  novembre 01 Giovedì calendario

In Italia scompaiono 28 persone al giorno - Nino Materi Chi li ha visti? Ogni giorno in Italia spariscono 28 persone

In Italia scompaiono 28 persone al giorno - Nino Materi Chi li ha visti? Ogni giorno in Italia spariscono 28 persone.L’equivalente di sette famiglie (composte ciascuna di papà, mamma e due figli). Una me­dia da desaparecidos; eppure non siamo nel­l’-Argentina del dittato­re Videla: nel nostro pa­ese non ci sono vuelos de la muerte né Ford Falcon verdi senza tar­ga. Eppure, quotidiana­mente, allo scoccare della 24esima ora, al­l’appello mancano sempre 28 persone. Ventotto persone sempre diverse che, senza interruzione, sprofonda­no nel gorgo dell’imponderabile. Una nebbia li avvolge, e poi nulla più. Di loro si «perdono le tracce», come scrivono polizia e carabinieri nei loro verbali. Scomparsi. Missing. Ci piace pensare che qualcuno tra loro sia un po’ come il protagonista del film Into the wilde , il giovane che abbandona la «civiltà»per il fascino primordiale del­le Terre Selvagge. Scelta coraggiosa. Tanto di cappello. Ma quella era fic­tion cinematografica ( sebbene ispira­ta - pare - a una storia reale). Fatto che, nel concreto, dall’anno scorso in Italia gli «spariti» risultano aumentati del 10%. È il dato più rilevanti della re­lazione semestrale sulle persone scomparse, presentata al Viminale dal commissario straordinario, Mi­chele Penta. Dal 1974 ad oggi, data di istituzione della banca dati interforze, sono com­plessivamente 25.453 le persone scomparse e di cui non si hanno più notizie. Di questi, 9.396 sono italia­ni, 16.057 stranie­ri; 14.855 sono in­vece i maggioren­ni e 10.598 i mino­renni. Rispetto al 31 dicembre 2011, sono 541 in più gli uomini, le donne e i minorenni che non sono stati an­cora rintracciati. A questi si devono ag­giungere i 135 italiani scomparsi al­l’estero, di cui 115 maggiorenni e 20 minorenni. Ma è proprio di ieri un’importante novità legislativa. La commissione Af­fari costituzionali del Senato ha infat­ti approvato la cosiddetta «legge sulle per­sone scompar­se ». Via libera ad un provvedimento che aiuterà «i fami­liari che finora non potevano avvalersi di alcuno strumento legi­slativo per ritrovare i pro­pri cari», spiega Roberto Di Giovan Paolo del Pd, pri­mo firmatario del ddl. Tra i punti significativi l’introdu­zione dell’obbligo di imme­diato avvio delle indagini, il consolidamento del ruolo del­l’Ufficio del Commissario per le persone scomparse e il coinvolgimen­to delle associazioni dei parenti degli scomparsi e dei media. Intanto il monitoraggio dei dati, spiegano dal Viminale, evidenzia, an­cora una volta, il progressivo aumen­to del numero degli scomparsi. Ed in­fatti, dalle 105.092 denunce presenta­te al 30 giugno del 2011 si è passati alle 115.366 del 30 giugno 2012. Si tratta di 10.274 denunce in più che rappresen­tano, appunto, un aumento percen­tuale su base annua del 9,78%; l’au­mento è invece del 4,78% negli ulti­mi sei mesi. «Il fenomeno - ha confermato Penta - è ben lungi dall’essere in fase regressiva anche se fortu­natamente la percentuale del­le denunce di scomparsi e in­feriore al numero delle per­sone che ogni anno vengo­no ritrovate». Anche il numero dei minori scom­parsi è in aumento: si è infatti passati dai 10.319 segnalati al 31 dicembre dell’anno scorso ai 10.598 di quest’an­no: la maggior parte di quelli italiani sono scomparsi in Campania (339), mentre quelli stranieri nel Lazio (1.964). Verranno mai ritrovati? *** Sparire per scelta è sempre più arduo Ma tutti abbiamo il diritto all’oblio - Tullio Avoledo Ai tempi del declino dell’Im­pero romano non erano pochi i cittadini che per sottrarsi all’esosità del fisco impe­ri­ale cercavano rifugio non in Par­lamento ma tra i barbari, varcan­do il confine e scomparendo per sempre da quella che veniva chia­mata civiltà. Lo stesso fanno, di questi tempi, centinaia di ameri­cani che scelgono, sulla base di un’ antica e rispettata tradizione, di abbandonare le loro case e vivere nei boschi, lontani da fastidi co­me i documenti d’identità, i mu­tui, i telegiornali e (beh, sì, ovvia­mente) le tasse. Gente come i 100.000 o 200.000 «Sovereign Citi­zens », che rifiutano persino la mo­neta del loro paese, riadottando il baratto e rifiutando di essere mo­lestati da qualsiasi forma di autori­tà (a volte anche con reazioni estreme, che hanno portato l’Fbi a classificarli tra i «terroristi inter­ni »). Ma se parliamo di sparire ve­ramente, beh, parliamo di un livel­lo decisamente più alto. Su internet si possono trovare guide accurate su come far perde­re le proprie tracce, impresa deci­samente meno facile che in passa­to in questi tempi ad alta tecnolo­gia. Meno facile ma non impossi­bile, come dimostrano le statisti­che sul continuo aumento delle persone scomparse. Gran parte di queste sono sparite non per loro volontà, e la loro assenza è resa an­cora più lace­rante dall’impossibi­lità di sapere cosa ne sia stato. Il si­lenzio sulla loro sorte è una pena aggiuntiva a un dolore già insop­portabile per chi rimane. Ma mi piace pensare che fra co­loro che scompaiono ogni anno ce ne sia almeno uno (dai, uno ci sarà!) che ha fatto dello sparire una scelta volontaria di vita. Qual­che anno fa Eugenio Finardi can­tava «Adesso che ho quello che ho sempre voluto / mi sento un tanti­no legato, / Vorrei sparire per rico­minciare da capo / con un nuovo mazzo di carte, un nuovo gioco». Chi di noi, pensando al proprio la­voro, al passare degli anni o al pro­prio tran tran familiare, non ha de­siderato, almeno una volta, di ave­re una nuova opportunità? Un tempo si diceva alla moglie, o al marito (lo dico per via del political­ly correct, ma in realtà quasi sem­pre era il marito), «esco a prende­re le sigarette », e anni dopo si veni­va a sapere che il tabacchino era all’Asmara, o nella Terra del Fuo­co. Un tempo le distanze contava­no, e le difficoltà di comunicazio­ne rendevano possibile sparire in modo facile e relativamente eco­nomico. In quasi tutte le famiglie si racconta la storia di un prozio, o di un cugino, che un giorno si è im­barcato per «le Americhe», come una volta si diceva, e non è più tor­nato. Molti di loro si rifacevano una vita. E magari, dopo qualche anno, scappavano anche da quel­la… Provateci adesso. Impantana­ti come siamo nei social network, schiavi delle carte di credito e dei telefoni cellulari, siamo invisibili più o meno come un King Kong fluorescente sulla cima dell’Empi­re State Building. Le guide che in­segnano come scomparire non mancano di mettere in guardia sul fatto che ognuno di noi è facil­mente rintracciabile, e che i satelli­ti sono ormai in grado di ricostrui­re una conversazione all’interno di una casa basandosi sulle vibra­zioni dei vetri. In un mondo del ge­nere, in cui i luoghi un tempo più inaccessibili del pianeta oggi ven­gono visitati dai gitanti dei circoli aziendali, non sembra esserci più un luogo in cui poter scomparire. Molti riescono ancora a sottrarre ingenti patrimoni alla vista degli altri (soprattutto del Fisco), ma questo non è sparire. Per sparire davvero ci vogliono intelligenza e dedizione. È diventata quasi una forma d’arte, non più alla portata di tutti. Del resto, di questi tempi, scomparire vuol dire forse render­si veramente liberi. Lo scienziato americano di origini ungheresi Al­bert- László Barabási, nei suoi due saggi «Lampi» e «Link- La scienza delle reti» rivela come ogni indivi­duo lasci nella rete del World Wide Web tracce che rendono pre­vedibile il suo comportamento, anche quando ci si ritiene impre­vedibili. Una società americana, la Recorded Future, si è spinta an­cora più in là, fino a formulare pre­visioni economiche, politiche o militari basate sui cosiddetti «Big Data» che milioni di utenti incon­sapevoli riversano sul web. Analiz­zando i dati presenti in blog e so­cial network, Recorded Future ha previsto, per dirne una, la causa tra Apple e Samsung (e persino il suo esito), ma anche altri fatti ap­parentemente imprevedibili. In altre parole, l’individuo è ormai trasparente non solo nelle sue azioni ma anche nelle sue prefe­renze e nelle sue intenzioni. Un’ edizione riveduta e aggiornata ai nostri tempi degli incubi del 1984 orwelliano. Qualche anno fa ave­va suscitato una vera e propria sol­levazione popolare la proposta del governo laburista inglese di marcare con un microchip i neo­nati, rendendoli rintracciabili. Ep­pure milioni di utenti forniscono ogni giorno volontariamente alla Rete i propri spostamenti, le prefe­renze di spesa, a volte persino le proprie opinioni politiche. E que­sto in un mondo che considera i dati presenti nella Rete un’autenti­ca miniera d’oro. Anche senza potermi permette­re i servigi della Recorded Future avanzo una mia personale previ­sione: scomparire, rendersi invisi­bili al Potere e all’Economia, di­venterà la nuova frontiera della re­sistenza civile. Scomoda, contro­corrente, praticata all’inizio da po­chi, l’invisibilità digitale sarà l’uni­ca possibile in un mondo ipertec­nologico, in cui in famiglia si co­munica via mail, i vicini non si guardano nemmeno più in faccia e la propria scomparsa agli occhi degli altri, purtroppo, non è più una scelta ma un dato di fatto. Salutiamo commossi, come sa­luteremmo i primi buffi pionieri del volo, quegli eroi che hanno fat­to la difficile scelta di sparire nel modo tradizionale, rendendosi in­visibili, purtroppo, anche all’inter­no delle tristi statistiche. Salutia­mo, tra quei 25.433 scomparsi, quelli tra loro, pochi o tanti che sia­no ( non lo sapremo mai…), che in un impeto di coraggio o di follia hanno saputo aprirsi, e aprirci, le porte di una nuova vita.