Michael Sauga e Anna Seith, il Fatto Quotidiano 31/10/2012, 31 ottobre 2012
Euro, spread e Germania La versione di Draghi – In questa intervista a Der Spiegel il presidente della Banca centrale europea, Ma-rio Draghi, difende le sue politiche per fronteggiare la crisi dell’euro e promette di mantenere i prezzi stabili
Euro, spread e Germania La versione di Draghi – In questa intervista a Der Spiegel il presidente della Banca centrale europea, Ma-rio Draghi, difende le sue politiche per fronteggiare la crisi dell’euro e promette di mantenere i prezzi stabili. Presidente Draghi ha un conto corrente? Sì. Quanto le danno di interesse? Circa l’1,75%. È il tasso corrente in Italia. In Germania il tasso è ancora più basso. Il rendimento del risparmio non è nemmeno lontanamente sufficiente a compensare l’aumento dei prezzi. Sono i risparmiatori che debbono pagare il conto della crisi? No. Se non risolviamo la crisi pagheremo tutti. E se la risolveremo ne trarremo beneficio tutti, in particolare i contribuenti e i risparmiatori tedeschi. Può spiegarci come? La crisi di fiducia determina un flusso di denaro verso la Germania. Questa massa monetaria deprime i tassi di interesse in Germania e li fa lievitare in altri Paesi fino a livelli ingiustificabilmente elevati. I tassi di interesse erano, tra l’altro, la conseguenza di una speculazione che puntava al dissolvimento dell’Eurozona. Questa speculazione era infondata e abbiamo dovuto combatterla . E così ha deciso di aiutare i governi di Roma e Madrid. No, il fattore decisivo è stato un altro. L’elevato rendimento delle obbligazioni ha fatto anche aumentare i tassi di interesse dei mutui e del credito alle imprese. Ciò ha messo a rischio l’efficacia della nostra politica monetaria. Per quanto tagliassimo i tassi non si produceva più alcun beneficio sull’economia reale. Non potevamo stare a guardare senza intervenire. Molti esperti hanno manifestato qualche dubbio in proposito sostenendo che i tassi sui prestiti in Italia e Spagna non avevano toccato livelli così allarmanti. Sono dubbi privi di fondamento. Abbiamo molte prove al riguardo. Prendiamo, ad esempio, la banca in Spagna che non poteva praticamente emettere obbligazioni anche se, oggettivamente, era solvibile quanto un istituto di credito tedesco. Nessuna meraviglia quindi se le banche applicano tassi di interessi diversi a seconda di dove si trovano. Sempre per questa ragione una giovane coppia che desidera accendere un mutuo ha condizioni molto diverse a seconda che si trovi a Madrid o a Monaco. Ci si chiede perché ha dovuto spaventare la gente dicendo che la Bce era pronta ad acquistare “quantità illimitate” di titoli di Stato. Non si è reso conto che una dichiarazione come questa genera ansia? Ho scelto l’aggettivo “illimitate” per indicare con chiarezza che eravamo decisi a difendere l’euro. Bisogna capire come funzionano i mercati. Ma quantità “illimitate” non vuol dire quantità in-controllate. Al contrario, compreremo titoli solo dai Paesi che accettano le nostre condizioni che sono molto severe e controlleremo con attenzione che queste condizioni vengano rispettate. Basta vedere l’attuale situazione della Grecia per valutare la credibilità di dichiarazioni del genere. Il governo di Atene ha ripetutamente violato gli impegni presi con la troika, costituita dalla Bce, dal Fmi e dalla Commissione europea, eppure sta per ricevere una nuova tranche di aiuti finanziari. Non è un paragone appropriato. La Grecia non viene presa in considerazione dal nostro programma che si rivolge esclusivamente a Paesi che, ora come in passato, si finanziano dai soli sui mercati dei capitali. É una situazione completamente diversa. Non di meno molti sono preoccupati per il fatto che la Bce intende mettere a bilancio una considerevole massa di titoli di Stato ad alto rischio dei Paesi dell’Europa del sud. Avete già in cassaforte 200 miliardi di obbligazioni di Paesi quali Portogallo e Irlanda. Se questi Paesi non riusciranno a pagare i debiti il conto verrà presentato ai contribuenti? Non credo, direi piuttosto il contrario. Finora sui titoli acquistati abbiamo realizzato un profitto che è andato alle Banche centrali traducendosi quindi in un beneficio per governi e contribuenti. Può garantire che le cose continueranno ad andare avanti così? Una cosa è chiara: se i governi dell’Europa del sud continueranno a realizzare con successo le riforme che abbiamo visto negli ultimi mesi, i contribuenti tedeschi ricaveranno un utile dagli acquisti della Bce. Le riforme strutturali nei paesi dell’Europa del sud sono il modo migliore per proteggerci dalla crisi dell’euro. Ma potremmo anche dirla così: che il bilancio della Bce dipende dagli sviluppi politici a Madrid Roma e Lisbona. Ritiene saggio che una Banca centrale sia dipendente dai governi? Non dipendiamo dai governi; è piuttosto il contrario. Quando la crisi ha toccato il culmine all’inizio dell’estate, la Bce aveva tre alternative: primo, non fare nulla consentendo alla crisi di peggiorare con gravissimi rischi in particolare per il contribuente tedesco; secondo, fornire un aiuto incondizionato o, terzo, fornire aiuto a certe condizioni. La Bce ha scelto la terza alternativa perché era il modo migliore per aggredire le cause della crisi. I governi debbono impegnarsi a perseguire politiche economiche e finanziarie corrette. È in questo modo che garantiamo la riforma dell’Eurozona e la nostra indipendenza. L’esperienza dimostra il contrario. Abbassando artificialmente i tassi è più facile che gli Stati si indebitino e diminuisce la spinta a fare le riforme. Tassi di interesse elevati sono la più efficace fonte di pressione sui governi refrattari alle riforme. Su questo siamo d’accordo. È per questa ragione che insistiamo affinché vengano rispettate le condizioni severe che abbiamo posto. Inoltre non vogliamo azzerare completamente le differenze del tasso di interesse tra i vari Paesi. Interveniamo solo se il differenziale diventa eccessivo. Finora i governi si sono mostrati disponibili a conferire maggiori poteri alla Commissione in materia di controllo del bilancio nazionale. Tuttavia le decisioni si continueranno a prendere a livello nazionale. I governi hanno preso decisioni che sarebbero state inconcepibili anche soltanto un anno fa. È’ un progresso, ma non basta. Perché no? Per ridare fiducia all’Eurozona servono regole. Ma questo è solo il primo passo. Bisogna fare anche in modo che le regole vengano rispettate. Era questo che mancava in passato ed è il compito che aspetta i governi. Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, ha proposto di dare al Commissario europeo per gli affari economici e monetari la possibilità di intervenire direttamente sui bilanci dei singoli Paesi. Cosa pensa di questa proposta? Sono assolutamente favorevole. E i governi darebbero prova di saggezza se prendessero questa proposta in seria considerazione. Sono fermamente convinto che per ripristinare la fiducia all’interno dell’Eurozona ci debba essere una cessione di sovranità dai Paesi alle istituzioni europee. Ma è esattamente ciò che molti governi non sono disposti a fare. Come mai tutta questa resistenza? Molti governi debbono ancora capire che la sovranità nazionale l’hanno persa molto tempo fa. In passato hanno consentito che il debito sovrano toccasse livelli record e ora hanno bisogno della buona volontà dei mercati finanziari. Sembra un paradosso, ma è l’assoluta verità. Questi Paesi riacquisteranno la sovranità solo condividendola a livello europeo. La seconda misura con la quale puntava a rafforzare l’unione monetaria consisteva nella creazione di un Sistema di supervisione unico (SSM) con la Bce al timone che comunque, contrariamente alle previsioni, non entrerà in vigore il primo gennaio 2013. Deluso? Per nulla. É importante che l’SSM funzioni bene, non è importante quando entrerà in vigore. In caso contrario sarebbero a rischio la reputazione e l’indipendenza della Bce. Per quale ragione ritiene che la BCE svolgerebbe meglio delle autorità nazionali che lo hanno fatto finora il compito di supervisione delle banche? Non vogliamo sostituire le autorità di controllo nazionali. Al contrario, vogliamo collaborare con loro. Tuttavia tali autorità debbono operare in autonomia rispetto ai governi nel valutare i problemi. In passato talvolta i problemi del settore bancario venivano messi sotto silenzio. Ma questo vuol dire che l’autonomia della sua politica monetaria verrà minacciata. Sarete ancora in grado di prendere decisioni imparziali in tema di tassi di interesse se c’è il pericolo di provocare il tracollo finanziario di grosse banche? Sono consapevole del rischio ed è per questo che è necessaria una netta separazione tra le due aree della Bce. Il Consiglio direttivo della Bce deve trasferire la maggior parte dei compiti di supervisione ad un Comitato indipendente composto prevalentemente dai supervisori. Sembra una dichiarazione di umiltà, ma la verità è che nessun governatore di Banca centrale ha mai avuto le responsabilità che ha lei ora. Lei è il principale creditore di molti paesi dell’Eurozona; è il principale supervisore delle banche e sta progettando, con il presidente del Consiglio europeo, Herman van Rompuy, la ristrutturazione dell’euro. Sarebbe sbagliato definirla l’uomo più potente d’Europa? Certamente non è così che mi vedo. Per quanto concerne l’unione bancaria, ad esempio, forniamo solo assistenza tecnica perché ci è stata chiesta. All’inizio dell’Unione monetaria, ai tedeschi fu promesso che la Bce avrebbe agito come una seconda Bundesbank, la Banca centrale tedesca. Oggi molti parlano di nuova Banca d’Italia, un organismo che negli anni 70 tollerò una inflazione a due cifre. Considero queste accuse a dir poco ineleganti. Per due ragioni: negli anni 70 la Banca d’Italia non era indipendente. Oggi la situazione è completamente diversa. Ma c’è anche una ragione personale. A causa dell’inflazione la mia famiglia perse all’epoca buona parte dei suoi risparmi. Le posso garantire che la stabilità dei prezzi è per me un impegno personale, non solo professionale. © 2012 Der Spiegel – Distribuito da The New York Times Syndicate. Traduzione di Carlo Antonio Biscotto