Malcom Pagani, il Fatto Quotidiano 31/10/2012, 31 ottobre 2012
L’ETERNO RITORNO DEL NUOVO CHE AVANZA
Tintarella di luna/tintarella color latte/che fa bianca la tua pelle/ti fa bella tra le belle”. Con le mani finalmente in pasta, il sudore sulla fronte, 5 amazzoni a dimenarsi tra le luci stroboscopiche del Gilda e la selvaggia Roma ai suoi piedi, il deputato padano Leoni Orsenigo capì che fuori dal Parlamento e dentro i confini del Raccordo Anulare, non esisteva cappio così stretto da non poter essere sciolto. Ora che il nodo del disincanto è gordiano, si corre rapidi verso Weimar e Grillo viene raccontato alternativamente come il Cristo redentore della Dolce Vita trascinato dall’elicottero di Mastroianni e osservato dalle ninfe felliniane : “Ma è Gesù, dove lo portate?”, l’incarnazione terrena della profezia Maya o l’unno che lascerà solo macerie dopo aver abusato delle istituzioni, qualcuno, tra i custodi della liturgia, inizia a dubitare. Più quello urla o minaccia tagli alle guarentigie, più spande panico. Si agitano destra e sinistra. Il fu Pdl con Giorgia Meloni: “Oggi muore il partito di plastica”. La gauche radicale, cancellata da Enrico Letta: “O diventa sinistra di governo o scompare”, i preoccupati cantori “del prestigio internazionale”. I commentatori turbati, chini a declinare pericoli: “Sindrome greca” scrive Verderami sul Corriere o a suggerire soluzioni come Geremicca su La Stampa: “…Non sono più pensabili riposte politiche complessive in grado di iniettare un po’ di fiducia nei cittadini”. In mancanza del doping, la soluzione è un altro trucco: “Si può però tentare attraverso lo strumento della legge elettorale, di arginare fenomeni in altro modo non contrastabili”.
Se evaporeranno anche le alchimie sul Porcellum “per difendere sistema e partiti” rimane sempre la soluzione Beppe Tritoni. I colonnelli. L’ordine. La disciplina immaginata da Monicelli che i 100 “attivisti” pronti a occupare Montecitorio per battere pulsantiera e ritmo del caos venturo non li aveva visti, ma sul Paese tra forca e marce su Roma aveva le idee chiare. Qualcosa accadrà. Se i realisti allevati a pane e Dc minimizzano: “Verrà il fronte nazionale, non passeranno” e i nichilisti ballano l’ultimo valzer, della salvezza della specie si occupano i fatalisti già disegnati ieri da Gian Antonio Stella.
I FIGLI DI GRILLO faranno la fine dei leghisti. “Si corromperanno”. Se ai barbari profili di ieri in declamante discesa dal Nord per dare una lezione ai ladroni, capitò di sfumare docili nelle albe etiliche, nella cornice delle discoteche dismesse dal Psi e nelle torte divise al Jackie’O tra camerati e adoratori dell’ampolla padana, cosa accadrà ai tanti Cancelleri del M5S, Il partito-pardon movimento-virale, ma padronale, spontaneo, ma verticistico, liberatorio, ma incatenato ai distinguo burocratico-semiologici da collettivo anni ’70? Il primo risultato è la corsa all’ammucchiata. Alla tautologia: “Grillo dovrà attenersi alle regole”. Alla descrizione irridenti a cui il genovese, con il suo barocco carico iconografico (lo zio Sam, il nuoto, il vaffanculo, afrori di Berkeley e di ventennio) più o meno inconsapevolmente si presta. “Basso di statura, con un largo torace e una testa grande; i suoi occhi erano piccoli, la sua barba sottile e brizzolata”. Dell’ Attila originale, aveva già parlato con toni meno apocalittici dei contemporanei, Prisco di Panion nel 448.
Del barbaro di oggi, senza femminismi di ritorno: “Tremate, tremate, le streghe son tornate”, nei pigri vicoli della più radicata romanità, si comincia ad avvertire la presenza. C’è chi è contento e non vede l’ora. Giuliano Ferrara è tra loro. Ride, sostiene, perché non se ne può fare a meno: “La trimurti Grillo, Casaleggio, Cancelleri a livello fisiognomico e non solo è una cosa pazzesca”. Imita in fedele dialetto Cancelleri, schernisce “I guru boccoluti che assicurano l’apocalisse del web”, si mette in platea per assistere a un teatro: “impressionante, di fronte al quale anche l’atroce spettacolo del Pdl attuale impallidisce”. Non è escluso che il contraccolpo sia definitivo: “Ma è un eroismo a metà, il palazzo è crepato in ogni interstizio”, mentre è certissimo, giura il direttore del Foglio che non ci sarà bisogno di blandizie locali o canti delle sirene per deviare dal sentiero i probi: “Sono già un gruppo di ultracorrotti. Non in senso tribunalizio o penale, in senso assoluto. Si muovono come veterani della politica, Grillo è un vecchio attore incanutito e i suoi figuranti, come dimostra il simpatico Pizzarotti a Par-ma, non restituiscono alla patria biografie trionfali”. Pausa: “Vuole sapere davvero che barbari mi ricordano i grillini? Quelli del Paeplum anni 60, dove Maciste combatteva tutti. Ora c’è Grillo, forse il cinema di genere ci ha guadagnato”.