Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 01 Giovedì calendario

FACCIA A FACCIA CON LE MINE


La guerra delle trappole esplosive è la minaccia più temuta per le truppe italiane in Afghanistan. Le statistiche della zona ovest, sotto il nostro comando, parlano chiaro. Nel 2009 gli ordigni improvvisati, che in gergo si chiamano Ied, erano 312, nel 2011 sono balzati a 854, tra esplosi e scoperti. Quest’anno, fino al 23 ottobre, il nostro contingente ha già contato 874 trappole tra Ied e attacchi suicidi. Metà sono state piazzate a Farah, la provincia meridionale più ostica. «A Bakwa c’è l’università degli Ied, con professionisti che riescono a piazzare un ordigno in mezz’ora» spiega in prima linea a Panorama il tenente colonnello Nicola Piasente. Il 25 ottobre un suo alpino, il caporalmaggiore Tiziano Chierotti, è stato ucciso in combattimento e altri tre militari sono rimasti feriti. In settembre, quando il secondo reggimento di Cuneo era arrivato a Bakwa, i talebani piazzavano un ordigno improvvisato al giorno. L’intervento degli alpini del Döi e dei guastatori del 32° reggimento di Torino ha fatto diminuire di quattro volte il numero degli Ied. Il 59,6 per cento delle trappole esplosive è costituito dai cosiddetti piatti a pressione. Il più comune è fatto con due tavole di legno, separate da molle, e tarate sul peso della vittima: un uomo può passarci sopra senza saltare in aria se l’obiettivo è un blindato da 14 tonnellate. Le assi vengono interrate nelle piste sabbiose e collegate all’innesco della carica, tra 10 e 20 chili di esplosivo. Sulle strade asfaltate, lo Ied viene nascosto negli scoli o nei canali laterali ed è attivato a distanza da un telefonino. L’esplosione può essere innescata anche con un filo interrato e collegato a una batteria. Gli artificieri hanno scoperto fili che finivano addirittura nei cortili delle case. «Mettono in mano ai bambini macchinine telecomandate da fare girare vicino ai blindati, fino a quando non si bloccano a causa dei sistemi di inibizione anti Ied» racconta da Herat Gualtiero Raspa, primo maresciallo della Folgore esperto di ordigni improvvisati. «In questo modo capiscono come fare esplodere la carica» . Per confondere i cani cerca mine, i talebani lasciano in giro bottigliette piene di benzina, che mandano in tilt il fiuto degli animali. Il marchingegno che fa esplodere la carica interrata, invece, può essere anche una scatola di fiammiferi che si schiaccia sovrappensiero. Hanno perfino cominciato a fare i detonatori in plastica o grafite, così non vengono rilevati dagli apparecchi cerca metalli del genio guastatori. L’ultima trovata degli insorti è «lo Ied con i sensori, come quelli dei cancelli automatici» rivela il marresciallo Raspa. La trappola viene tarata su un certo numero di passaggi per esplodere non al primo blindato, ma a quello prescelto, colpendo in mezzo alle colonne.

(Fausto Biloslavo - da Bakwa)