Natalia Aspesi, la Repubblica 01/11/2012, 1 novembre 2012
007 IL DOMINIO DEL MASCHIO ALFA
Non si era mai visto uno 007 così tormentato e apparentemente sfigato, come questo nuovissimo James Bond nella sua 23ª versione intitolataSkyfall.
Ma chissà a quanti milioni di uomini che si credevano di mascolinità invincibile è capitato di sentirsi spaesati e fragili di fronte al potere misterioso e oceanico di qualunque stupidone molliccio che sappia navigare in Internet tanto diabolicamente da, in questo caso, far saltare per aria con un solo clic vuoi la metropolitana di Londra, che gli impenetrabili uffici del servizio segreto britannico, il famoso MI6. Successo immediato e strepitoso di questa umana ultima cineversione, diretta con grande bravura dall’inglese Sam Mendes (Oscar per American Beauty), di un eroe che impera nei film di vari registi e con vari interpreti da 50 anni e nei romanzi di Ian Fleming da 60. Essendo costato 150 milioni di dollari, nel primo fine settimana in 25 paesi ne ha incassati più di 80, e da ieri, in 600 sale italiane, ha risvegliato una moltitudine di tumultuosi spettatori.
Questa volta James Bond muore subito, con un volo spettacolare lungo una cascata, la cravatta che ondeggia elegante nel vuoto. La sua capa M, cioè Judi Dench, tristissima malgrado la sua durezza, ne prepara il necrologio, ma niente paura: Daniel Craig torna più vivo che nei suoi due cine007 precedenti, e subito sappiamo che muscoli, esperienza, intuito, coraggio e vecchie armi ormai in disuso, come la celebre Aston Martin di Goldfinger, avranno la meglio sull’elettronica e la bieca sete di vendetta del cattivo Raoul Silva che è Javier Bardem. Basta un niente, in questo caso i capelli ossigenati, per fare di uno dei più ammirati machi Alfa degli ultimi anni, appunto Bardem, un tipo da cancellare subito da eventuali fantasie machiste, per confermare che forse non l’agente Bond, ma certo l’attore Craig, ci restituisce l’immagine e volendo la sostanza, dell’uomo che anche oggi gli uomini vorrebbero essere e con cui le donne vorrebbero inaugurare i risultati della loro ginnastica pelvica, per non sprecarla nel letto coniugale.
C’è oggi molta confusione su come deve essere un cosiddetto “vero uomo” e in questo caso si prendono molte cantonate, perché ormai le immagini se le inventa soprattutto la pubblicità che ha in mente un cliente unisex, qualcosa che può sedurre contemporaneamente donne e uomini di varia tendenza sessuale. E per esempio a leccare il cono gelato a occhi chiusi e gemiti sospetti, sono sempre le signore, con un limite quindi ai cattivi pensieri. Se no, soprattutto nel ramo profumi, machi machissimi e femmine femminilissime; donne di bellezza sovrumana paiono nude ma non lo sono per non offendere i consumatori più pii, e giovanotti in mutande stordiscono con voci cavernose e l’uso del francese chi non si è già addormentato davanti allo schermo televisivo. Stava per passare come nuovo macho il genere fighetto, cioè Brad Pitt: capelli biondi lisci, barbetta appena accennata, occhi azzurri che, misteriosamente malinconico dichiara in inglese, con sottotitoli in italiano, la sua passione per un profumo e per la signora che se lo è annaffiato addosso; per fortuna ci è piombato davanti, schizzando da una serie di treni deragliati e moto in volo e scontri d’auto, il nostro eroico e di primo acchito acciaccato Daniel Craig. E subito si è ristabilito un certo ordine antropologico, romantico e pure molto british: come dimenticare la strana coppia regal- cinematografica che l’estate scorsa, per l’apertura delle Olimpiadi a Londra si materializzò dal cielo, ed era composta dal finto 007 e dalla vera Regina? Se lo si vuole esaminare fisicamente, è come tutti gli altri Bond che l’hanno preceduto, i più epocali essendo stati Sean Connery, Roger Moore, Pierce Brosnan, oggi fuori moda come generi. Anche Craig è un uomo maturo, e dimostrando persino qualche anno in più dei suoi 44, dà affidamento, dovrebbe essere un tipo che portandoti a cena non dice facciamo alla romana o ho dimenticato il portafoglio. Non è carino come un cantante del festival di Sanremo o un calciatore fidanzato con una showgirl: anzi è piuttosto brutto, naso schiacciato quasi come quello di Bardem, testa quasi rapata e orecchie a sventola, il che, come si sa, rende un uomo che non deve chiedere mai, molto affascinante. È rugosissimo, non è insomma di quelli che si mostrificano con la chirurgia, terrorizzando poi i bambini come un bau bau.
E poi, se qualche volta ci fa intravedere uno spicchio di muscolo toracico, anche in situazioni di massimo disagio, tipo sotto tortura o scoppiando per aria causa bomba, è sempre in elegantissimo completo Tom Ford.
Sono le signore a riscoprire che in fondo un uomo ben vestito, che non sia uno di quei modelli da sfilata di tetra magrezza con i capelli tinti di verde, o un distinto gentleman che gira in città in bermuda e T-shirt, è molto riposante, oltre che attraente. Forse non proprio da amare, perché troppo impegnativo, ma ottimo come accompagnatore per far bella figura con le amiche. Craig restituisce l’idea del maschio Alfa con i dovuti aggiustamenti al faticoso presente: non avendo conosciuto il computer assieme al ciuccio, può evitare l’impegno sedentario di facebook e twitter, spendendo quel tempo prezioso o per salvare il mondo minacciato dal lunatico hacker che è penetrato negli archivi di MI6, o per accompagnarsi sia pure frettolosamente con una signorina bianca e una nera, per stabilire il suo antirazzismo sessuale. Non beve più cocktail ma economica birra, fa cose stranissime come fermarsi alla National Gallery ad ammirare La valorosa Temeraria, il celebre dipinto di William Turner sulla vittoria di Nelson a Trafalgar, fallisce una missione, e pur con quel fisico atletico è pensieroso e confessa per la prima volta che non solo ha conosciuto la paura, ma teme anche moltissimo la morte: come non sarebbe mai capitato a Sean Connery, sempre pronto alla battuta anche in frangenti spaventevoli.
Dei vari 007 del passato agli uomini piacevano le avventure mirabolanti e le facili seduzioni sempre vincenti, dal primo brindisi a letto con ragazze malvagie ma bellissime e prive di pretese; mentre le signore s’incantavano per il loro elegante maschilismo
Harmony, introvabile tra i musoni della loro vita. Eterosessuali incalliti, a nessuno veniva in mente che potevano anche non esserlo: Craig continua nella tradizione, anche se, quando il viscido biondastro gli dice, «C’è sempre una prima volta», mettendogli una mano sulle ginocchia, lui gli risponde ambiguo, «E chi ti dice che sarebbe la prima?». Con tutta quella folgorante carriera nel controspionaggio britannico, che negli anni 50 si era abituato alla fuga dei suoi più aristocratici agenti in Unione Sovietica, l’ultimo 007 comincia a temere di non essere più così Alfa come dovrebbe, quando il giovane collega internettista e zero macho gli dice: «Sei come una grandiosa nave da guerra che viene trainata ingloriosamente alla demolizione». Ma a pensarci bene, forse il vero maschio Alfa del MI6 l’abbiamo visto in
La talpa di Alfredson, con un meraviglioso Colin Firth che ha tradito il suo paese per «una scelta estetica e morale e perché l’Occidente è troppo brutto per me». Ma poi si sa, a ognuno il suo ideale: e per esempio milioni di donne (non so di uomini) ritengono massimamente Alfa il fragile Batman di Christian Bale, che è certo geniale nello sconfiggere il Male, ma per il resto, sempre muto solitario e depresso, una pizza.