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 2012  novembre 01 Giovedì calendario

È FINITA L’ERA DEI «LIBRI OGM». NEL FUTURO C’È ANCORA LA CARTA

[«Panorama» celebra i suoi 50 anni con un numero speciale dedicato al mondo che verrà. Dove, spiega il direttore di «Granta» John Freeman, i romanzi rimarranno] –
Quando arrivai per la prima volta a New York a metà degli anni Novanta, Manhattan era una città di libri. Vivevo nell’East Village e sembrava che a ogni isolato ci fosse una libreria. C’era la Libreria marxista gestita da un bianco coi «dreadlock». E un ritrovo in voga che aveva tutto William S. Burroughs e William Gibson e gli altri William di tendenza. Sulla Settima c’era un negozio che assomigliava a una grande flottiglia di libri, una versione letteraria e positiva di quelle mitiche isole di spazzatura che si dice siano in vertiginoso aumento nelle profondità dei mari.
Il commesso era un vietnamita col glaucoma. Sembrava non avere alcuna idea di dove emergessero tutti quegli ettari di volumi e di vinili, ma è in quel pagliaio che ho trovato il grande scrittore curdo Yasar Kemal, e Amin Maalouf e Jayne Anne Phillips. Naturalmente tutto questo ora non esiste più. Ogni tanto vedo ancora il marxista. Fa il barman. La flottiglia è stata buttata giù e si è trasformata in due bistrot esclusivi. Burroughs è morto da un pezzo e di anno in anno anche la sola possibilità che sia esistito sembra un fatto sempre più straordinario. Il negozio in voga prima ha smesso di venderlo e poi ha chiuso. Sembra che oggi non sia più tempo di veri outsider sulla scena americana. Cioè, anche gli outsider sono insider, perché il meccanismo che promuove la loro «estraneità» (Facebook, Twitter e tutti gli altri social network) li rende esperti interni al sistema. Persino la libreria della catena Barnes & Noble in cui io e i miei amici eravamo soliti andare ad Astor Place, dove per la prima volta abbiamo visto Will Self e Ian McEwan, ha chiuso. Oggi è diventata una palestra. Nella sua raccolta di saggi Come stare soli, Jonathan Franzen loda il valore dell’obsolescenza riguardo al romanzo (...). «Credo che l’obsolescenza ora non sia oscurità ma bellezza: non sia perdizione ma salvezza». Questa frase è stata scritta a metà degli anni Novanta, gli anni che a me parevano un’epoca d’oro per l’interesse dedicato ai libri. Per Franzen, invece, che si laureava più o meno nel momento in cui John Updike era in copertina su Time, erano il nadir. Nessuno si interessava al romanzo; nessuno si interessava a lui. Così abbracciò l’oscurità. E, in un miracoloso svolgersi degli eventi, emerse da quell’abbraccio come uno dei più celebrati scrittori americani.
Non credo che Franzen abbia anticipato l’oscurità che avrebbe avvolto i libri in seguito. Ovunque vada, non solo negli Stati Uniti, le librerie stanno chiudendo. Dimenticate il prestigio che Franzen credeva dovuto agli scrittori. Perché non riuscirete a trovare i loro romanzi. In Inghilterra, Waterstones si sta ridimensionando: a Parigi, il Village Voice, uno dei più favolosi negozi della città, sta chiudendo. Sulla metropolitana di Londra, vedo la gente che legge i quotidiani gratuiti usa e getta. Non libri. Sugli aerei spio gli ereader che lampeggiano: sempre meno vengono usati per leggere. Chi può biasimare quei passeggeri? Un libro, in passato, non avrebbe potuto essere trasformato in nient’altro. Era ciò che era e il suo stato fisico predeterminato era parte del suo fascino. Diventava un compagno, nel bene e nel male. La mano si allargava per conoscerne la forma.
Ora viviamo nell’epoca del libro industriale. Si può scaricare un libro pronto da leggere in 60 secondi, forse meno.Negli Stati Uniti e in Inghilterra, Paesi che hanno adottato anche i centri commerciali e il cibo industriale, ogni anno sempre più libri vengono acquistati in questo modo. Non sono rilegati, o incollati, non si possono toccare. Ma il modo per averli è facile ed efficiente, se sai che è un libro quello che vuoi. Nello stesso tempo, stranamente, sempre più persone vogliono diventare scrittori. Molti di questi aspiranti scrittori non comprano libri, ma agognano al prestigio che essere uno scrittore comporta.
Diffusione e opportunità offerte dai programmi delle scuole americane di scrittura è cosa nota, ma ora il loro numero sta crescendo anche in Inghilterra. Faber and Faber, uno dei più prestigiosi editori del Regno Unito, gestisce un seminario di scrittura e le classi sono piene zeppe. Io insegno in un corso della Columbia University a New York, dove la tassa di iscrizione ammonta a circa 50 mila dollari l’anno. Non fanno fatica a trovare candidati. Nessuno di questi studenti compra libri.
Mi rendo conto che sto dedicando un sacco di spazio al recente passato e al presente, dovendo invece parlare del futuro dei libri. Ma questo è esattamente il motivo per cui, in proposito, non sono preoccupato come i miei colleghi. In realtà sono anzi pieno di speranza (ancor più per l’Italia, dove internet non è mai diventato quella droga che è in America). In sostanza, il riflusso è in arrivo. Negli ultimi vent’anni la gente si è stancata del cibo industriale. Non vogliono che la loro frutta sia intrisa di pesticidi. (...) Credo che nei prossimi due anni qualcosa di simile accadrà con i libri e la lettura. Chi viaggia per affari potrà sempre avere i suoi libri in pillole da scaricare. Ma gli editori dovranno confrontarsi con il fatto che questo è il momento di celebrare le sontuose qualità fisiche del libro. Edizioni di lusso e volumi in cofanetto torneranno popolari (di fatto accade già). I negozi, che in breve tempo sono diventati bazaar extralarge, si restringeranno di nuovo a dimensioni intime.
Negli anni Novanta, gli editori erano stati acquistati da agglomerati multimediali che credevano così di potere rendere sinergici i propri profitti di dimensioni hollywoodiane. Non è accaduto. Gli editori stanno diventando di nuovo locali. La barriera, per la produzione della piccola editoria, si è abbassata e nuovi marchi stanno venendo alla luce, riempiendo il vuoto che è stato lasciato da editori cresciuti oltremisura. Internet li aiuterà a promuoversi a basso costo e quando pubblicheranno libri cartacei, veri libri, troveranno ad attenderli gente affamata di sensuali esperienze di lettura. E da qualche parte, in mezzo a quella folla ancora piccola ma piena di passione, ci sarà il prossimo Jonathan Franzen. Che guarderà indietro al 2012 come all’inizio di una nuova epoca d’oro.