Camillo Langone, Libero 01/11/2012, 1 novembre 2012
FARE IL SALAME NON È REATO
[Oggi chi macella i suini è trattato da criminale. Ma va difeso] –
Sto cercando un maiale per ucciderlo. Attenzione: col termine «maiale» non intendo un signore sporcaccione, un molestatore di ragazze in stile Jimmy Savile, il presentatore televisivo inglese che palpeggiava le ospiti in studio davanti alle telecamere. Intendo un maiale in senso stretto e quindi un bel porcello rosa (ma esistono anche versioni nere) che a novembre ha ormai raggiunto il peso ideale per chiudere in bellezza la grufolante carriera.
PORCELLO DA UCCIDERE
Voglio ucciderlo non perché ce l’ho con lui (anzi, mi sta simpatico) ma per tre motivi piuttosto importanti, nessuno dei quali ha molto a che fare con tradizioni contadine o sapori sopraffini. Chiaramente un buon salame è irresistibile, e infatti certe volte me lo devono togliere di mano altrimenti lo finisco nel giro di una cena. Ma di salami buoni ce ne sono tanti: non tantissimi però abbastanza da soddisfare qualsiasi ghiottone e perciò basta comprarli, non c’è bisogno di tentare la faticosa strada del fai-da-te.
Naturalmente ho il massimo rispetto per i riti ancestrali delle nostre campagne ma so bene che il mondo contadino è morto da decenni e resuscitarlo sarà molto difficile (anche se il governo Monti e la magistratura, distruggendo terziario e industria a colpi di tasse e ordinanze di chiusura, potrebbero involontariamente riuscire nell’impresa di riportare milioni di italiani a spaccarsi la schiena nei campi, in mancanza d’altro).
BISOGNI MORALI
Quindi non sono gola e folclore a spingermi, in questi primi giorni di brume, a cercare un maiale da uccidere. Sono animato da bisogni più profondi che non esito a definire morali, e guai a chi ride.
Quest’autunno voglio partecipare all’uccisione di un maiale per ricordare a me stesso e agli altri che: 1) sono un uomo; 2) sono un uomo libero; 3) sono un uomo responsabile.
Punto primo, l’umanità: nel momento in cui avanza l’animalismo buddistoide, che incombe perfino su primarie ed elezioni con la minaccia di una lista apposita, sento l’esigenza di rimarcare il mio superiore status umano. «La mancanza di una frontiera netta tra l’animale e l’uomo toglie a quest’ultimo la sua sacralità», fa notare la filosofa francese Chantal Delsol che non credo sia una delle letture preferite di Michela Vittoria Brambilla ma non importa, è una delle letture preferite mie. Consiglierò Elogio della singolarità (Liberilibri) anche a Carlo Giovanardi che si sta battendo come un leone per salvare i circhi (e quindi chi lavora nei circhi) e gli allevamenti (e quindi chi lavora negli allevamenti): l’unico politico che potrebbe essere disponibile a farmi da aiuto-norcino.
Punto secondo, la libertà: voglio uccidere un maiale per compiere un gesto liberale, liberista e già che ci sono pure un pizzico libertario. Il fatto che oggi in Italia la macellazione privata sia ormai quasi illegale la dice lunga sulla nozione di libertà che circola fra i legislatori di Roma e di Bruxelles. È in gioco anche la libertà di (piccola) impresa: sulla collina parmense un signore allevava una decina di maiali neri, sanissimi perché tenuti allo stato semibrado, fino a quando la Ausl gli ha imposto di macellarli in un impianto lontano e lui, non potendo sopportare i costi aggiuntivi, ha smesso.
Terzo punto, la responsabilità. Mark Zuckerberg, non proprio l’ultimo dei fessi, mangia soltanto carne di animali da lui uccisi personalmente e lo fa «per capire l’importanza e il valore del cibo», quindi a seguito di una scelta etica. Se Mister Facebook si comporta così io non voglio essere da meno: magari verrà anche a me un’idea geniale e miliardaria se, dopo aver smesso di comprare anemici petti di pollo dal macellaio, comincerò a tirare il collo alle galline. E Roger Scruton, il massimo filosofo conservatore su piazza, l’uomo che ha ritrovato Dio grazie alla caccia, sostiene che il consumo di carne deve riacquistare «quella caratteristica cerimoniale che possedeva prima dell’allevamento in batteria». Un «carnivoro virtuoso», così si esprime, concede all’animale «una morte simile ai sacrifici rituali descritti nella Bibbia o nei poemi omerici».
MACELLI E CLANDESTINITÀ
Ecco esposti i tre motivi per cui sto cercando da settimane un maiale da uccidere con tutti gli onori. Abitando a Parma conosco tanti produttori di salumi ma sono troppo grossi e perciò obbligati a servirsi di anonimi macelli. Gli amici di mezza Italia mi raccontano episodi relativi al nonno, alla nonna, alla bisnonna, ma non so che farmene di foto ingiallite, la vita voglio viverla adesso e quindi mi sa che telefonerò proprio a Giovanardi: lui è di Modena, la capitale dello zampone, e un piccolo suinicoltore potrebbe conoscerlo. Spero conosca anche un norcino professionista perché io, adesso che ci penso, so uccidere al massimo i gamberetti.