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 2012  novembre 01 Giovedì calendario

SANTA AMMUCCHIATA PER FERMARE LA BALCANIA DI BEPPE

Forse ricordate di quando Indro Montanelli disse: «Turatevi il naso e votate Dc». Accadde alla vigilia delle elezioni politiche del 1976. Erano quelle del sorpasso, temuto o sperato, che il Pci avrebbe compiuto sulla Balena democristiana. Con un buon anticipo sul voto, nel maggio 1976, da Telemontecarlo dove il Giornale nuovo curava il notiziario, il grande Indro lanciò quell’appello ai suoi lettori. Turarsi il naso e votare divenne un obbligo per chi non voleva la vittoria delle Botteghe Oscure. E il sorpasso non ci fu.
Anche oggi dovremmo turarci il naso. Ma non per votare una Dc che non esiste più da un pezzo. Il voto dovremmo darlo ai partiti politici rimasti sulla piazza. D’accordo, per usare un’altra parola che Montanelli amava, il lezzo è davvero forte. Le parrocchie della Casta fanno abbastanza schifo. Sono dinosauri inquinati dalla corruzione, dalle risse interne, dall’incapacità a cambiare davvero e da una arroganza senza limiti. Ma rappresentano sempre un rischio minore rispetto al nullismo anarchico di chi li vorrebbe morti e sepolti: il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.
Quanto è accaduto nelle regionali siciliane non è che l’inizio, come urlavano i ribelli del Sessantotto. Il boom del grillismo si ripeterà, in dosi sempre più massicce. La Casta finge di non vederlo. Mi ha lasciato stupefatto il Bersani che strilla alla “vittoria storica” del Pd nell’isola. Quando in realtà i democratici hanno perso voti. E il Crocetta, futuro presidente della Regione, dovrà sudare sette camicie per mettere insieme la maggioranza che oggi non possiede.
I sondaggisti sostengono che anche le elezioni politiche previste per il 2013 vedranno la Marcia su Roma di Grillo. È possibile che il comico porti a Montecitorio un numero altissimo di deputati: almeno 100 o 120 sui 630 dell’assemblea. Per fare cosa? Nessuno è in grado di dirlo, neppure il leader del movimento. L’unica certezza, e qui mi piacerebbe essere smentito da quanto accadrà, è che la centuria grillesca sarà soltanto una caotica forza di pressione sul Parlamento. Che di conseguenza verrà balcanizzato.
Il significato di questa parola va chiarito. Deriva da Balcania, il territorio che poi il maresciallo Tito trasformò nella Jugoslavia comunista. Mia nonna Caterina, fonte di saggezza nella mia infanzia, strillava alla Balcania quando vedeva la rissa continua tra noi nipoti. Allora si cavava una delle zoccole di legno che portava e prendeva a picchiarci alla cieca.
Contro la Balcania dei grillini a Montecitorio, e forse anche a Palazzo Madama, non esisterà nessuna contromisura fisica. Del resto, non vedo chi potrebbe esercitarla. Se non un movimento uguale e contrario a quello di Grillo, e assai più violento. Ma abbiamo da poco rievocato lo squadrismo fascista del 1921 - 1922 e voglio toccare ferro.
Ci saranno soltanto due vie d’uscita. La prima è di aprire una trattativa con Grillo e i suoi colonnelli, a cominciare dal guru Casaleggio. Ma il super comico ha già detto mille volte che non intende accordarsi con nessuno. Per di più non si capisce quale sia l’oggetto di una possibile intesa. Per dirla con un lessico da bar, Grillo e i suoi vogliono soltanto fare casino e dimostrare di essere più forti dei vecchi partiti.
La seconda via d’uscita è dar vita a un blocco politico capace di far fronte all’offensiva nichilista dei Cinque stelle. Vale a dire costruire una maggioranza di salvezza nazionale che prosegua il lavoro svolto dal governo di Mario Monti. Il leader esiste già: è lo stesso Monti. Con un esecutivo dove ministri tecnici verrebbero affiancati da ministri scelti dai partiti di quella coalizione.
Ma su questa ipotesi dobbiamo tutti parlare chiaro. So bene che il Professore non piace a molti lettori di Libero. E soprattutto viene bocciato da una super maggioranza di elettori di centrodestra. Orbene domando a questi refrattari che dicono no, no e no, che cosa preferiscono: assistere allo sfacelo prodotto da Grillo & C. oppure affidarsi di nuovo a Monti?
Lo stesso quesito va rivolto agli elettori di centrosinistra. Preferite un aborto come il governo Bersani, Vendola e Casini, destinato a una fine prematura? Oppure vi decidete a scegliere una coalizione ben più salda tra sinistra, centro e destra, nella speranza di evitare il fallimento della baracca Italia?
A questi dilemmi non si sfugge E allo stesso modo è pericoloso non guardare in faccia alla realtà. Non soltanto in Sicilia, ma nel resto del paese, sta prendendo forma la sterile montagna di ghiaccio dell’astensionismo. Le ragioni per non andare al seggio elettorale o mettere nell’urna una scheda bianca, sono tante e quasi sempre valide. Tuttavia, con questi chiari di luna, ossia sotto la tempesta della crisi economica, sociale e finanziaria, starsene a casa è un lusso che non possiamo più permetterci.
Tra un istante parlerò di me, ma voglio subito dire che l’astensionista mi ricorda una vecchia macchietta televisiva: il signor Tafazzi. Lo rammentate? Era un tizio stralunato, vestito di una tuta bizzarra, che provava un piacere immenso nel darsi martellate sui santissimi. Lo interpretava Giacomo Poretti, del trio Aldo, Giovanni e Giacomo. Bene, non andare a votare significa scegliere il tafazzismo, vale a dire farsi del male da soli.
Per quel che mi riguarda, voglio ricordare a me stesso che sono cresciuto in una famiglia dove l’andare al seggio non era un dovere, ma un diritto. Ricordo le prime elezioni del dopoguerra, quelle amministrative della primavera 1946. Per la prima volta le donne italiane potevano recarsi alle urne. Un diritto negato da secoli.
Mia madre Giovanna, quinta elementare, al lavoro sin dall’età di dieci anni, modista e pellicciaia, si mise tutta in ghingheri e disse a mio padre Ernesto: «Adesso tocca anche a noi femmine».
Poi mi ordinò di scrivere un cartello da incollare sulla saracinesca del suo negozio. E mi dettò: «La signora Giovanna Cominetti in Pansa chiude per un’ora perché va a votare per la prima volta a quarant’anni». Aggiunse: «Giampa, mettici due punti esclamativi. Così i clienti capiscono che mi ero stufata di fare la comparsa che non può decidere mai…».
Mia madre se n’è andata da molti anni. E così non ha potuto rimproverarmi se nelle ultime tre elezioni ho rinunciato a votare. Conoscevo bene i polli del pollaio politico perché ne scrivevo di continuo. E mi ero risolto a mandarli al diavolo.
Ma nell’aprile 2013, o prima, al seggio ci andrò. Non so ancora a chi darò il mio voto, però non resterò a casa. Seguendo il consiglio del vecchio Montanelli, mi turerò il naso e farò una pernacchia mentale a Grillo.