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 2012  novembre 01 Giovedì calendario

NANCY BRILLI “LOCANDIERA” NELL’ITALIA DEI CAMPANILI

[L’attrice “stanca di ruoli da soubrettina” in tour con Goldoni “Voglio girare per le cento cittadine che fanno grande il Paese”] –
Nancy Brilli quest’anno ha scelto un classico che più classico non si può: La locandiera di Goldoni, stufa di avere solo ruoli da carina, maliziosa, lieve, ammiccante, leggera: la soubrettina, insomma. «Certo la mia faccia non aiuta. Ruoli drammatici me ne offrono pochi. Ma io ci sto provando ad uscire fuori da questo cliché. Ho fatto la vecchia di 80 anni. Mi sono messa addosso 140 chili di grasso finto. Niente. Da me i registi si aspettano il personaggio. Peccato che io sia un’attrice e voglia recitare». Locandiera , dunque, ma Locandiera anomala fin dai costumi: un bustino rigido vagamente fetish che esalta il carattere autonomo, egocentrico, narcisistico della protagonista e una gonnellina rigida senza pizzi e trine come previsto dal Settecento goldoniano che la rende più contemporanea come vogliono lei e il regista Giuseppe Marini: una donna post-berlusconiana pronta a trarre dalla lotta contro il sesso maschile il maggior vantaggio possibile. E dopo otto anni in cui ha sempre detto no, Nancy Brilli ha deciso anche di tornare in tournèe, una tournée vera dal 4 novembre a febbraio, con debutto ad Albano e arrivo dopo la befana a Milano, unica grande città di questa prima stagione. L’anno prossimo si replica con le altre grandi città,. ma adesso le tappe sono da Cosenza a Lugano da Siena alla Puglia, da Rieti a Fano, in un susseguirsi di piccoli centri che le dive, di solito, snobbano.

L’ha spinta a questa fatica la crisi economica che nel teatro si avverte con forza?
«No. L’anno scorso al Sistina con i miei monologhi sui sette vizi capitali scritti per me da grandi autori, ho fatto il tutto esaurito. E avrei continuato, se me lo avessero permesso. Per fortuna il mio nome fa chiamata . In Italia, però, uno spettacolo, anche se va alla grande non lo tengono in una teatro più di due o tre settimane. E’ così».

Manca il pubblico?
«Manca l’organizzazione. All’estero c’è , da noi no. Se prendessero dei pullman sa quanti arriverebbero dalle periferie, dai paesini, da quei centri residenziali ormai diffusissimi che non sono né campagna né città? Tanti. Ne sono sicura. Ma da noi non si usa».

Le tournée di mesi comunque sono faticose.
«Ma a me piacciono. Non le ho fatte per otto anni perché volevo star dietro a mio figlio. Adesso è cresciuto. Ha tredici anni. Posso ricominciare».

Davvero le piace girare l’Italia, una sera qua e una là, per mesi e mesi?
«A me sì. Abbiamo splendidi teatrini antichi dove è bellissimo recitare e gente che viene ad ascoltare per il piacere di ascoltarti e non per far vedere che c’è. E poi c’è un’altra ragione, molto personale».

Quale?
«All’inizio dell’estate di fronte a questi tagli, a queste tasse, a questa disoccupazione ho temuto che sarebbe scoppiata una rivolta. Ho avuto paura. Mi pareva che questi ultimi dieci anni pesassero troppo su di noi. Valori alterati. Mancanza di rispetto. Volgarità. Corruzione. Poi all’improvviso ho sentito un clima cambiato. La voglia di costruire invece che di distruggere. Di farcela da soli, senza i partiti. Di ricominciare dal piccolo, dal piccolissimo. Con questo giro per il Paese voglio vedere se è vero oppure se mi sbaglio. L’Italia non è Roma e non è neanche Milano. L’Italia sono le cento cittadine che ci ha regalato il nostro passato. Vediamo come stanno gli italiani».

Anche a Roma la crisi si sente.
«E come no! Perfino nei negozi del centro si sente che ci sono pochi soldi. E’ abbandonata, anche Roma e a me, che sono romana, fa l’effetto di vedere un parente anziano che non sta bene e a cui mancano le cure. Ne soffro. Ma gli italiani stanno soprattutto altrove».

Come mai ha scelto proprio La Locandiera ?
«Volevo un classico. Medea era troppo, anche per chi mi segue. Sarei sembrata una pazza. Ma questo Goldoni asciugato, senza ghirigori inutili, dove viene messa in evidenza la soperchieria degli uomini a cui risponde una furbizia femminile inaridita, aspra, che cerca solo il suo vantaggio personale, m’è parsa una scelta opportuna. Perfino contemporanea visto come alcune donne si comportano di fronte a un maschilismo che stenta a scomparire. Ho compiuto i miei vent’anni sul set di Claretta di Pasquale Squitieri, chiamata dal regista perché compagna di liceo di sua figlia. Adesso, a 48 anni, credo di poter osare qualcosa d’altro».

Perché ha fatto l’attrice?
«Non lo so. Squitieri mi ha dato cinque milioni di lire per due mesi di lavoro: era una cifra enorme. Volevo andarmene di casa, essere indipendente. Ho accettato ma non pensavo di continuare. Sono stata fortunata. Mi ha voluta Garinei e ho capito che recitare era una bella cosa».

Quanto ha contato la bellezza?
«Conta. Mi piace fare un bel servizio fotografico. Essere guardata con compiacimento. Avere ammiratori. Ma un’attrice deve sapere entrare nei personaggi, se no che attrice è? Anche per questo quando, a quarant’anni, mi hanno proposto di fare un calendario ho declinato l’invito. Non mi avrebbe aggiunto niente».

La grande popolarità, comunque, gliel’ha data la tv.
«Certo. Commesse che aveva tutto, cast, scrittura, regia, è stato un successo. Anche Il bello delle donne , a modo suo, per un po’ ha retto. Ma sono quattro anni che non faccio fiction. Meglio la commedia di Fausto Brizzi. Aspetto la possibilità di tornare in televisione con un prodotto di qualità. Il progetto c’è. Se i partiti la smettono di affliggere la Rai e l’azienda si riassesta partiamo presto. Io sono pronta».