Sergio Romano, Corriere della Sera 2/11/2012, 2 novembre 2012
Mi piacerebbe un suo breve commento a questa mia considerazione: l’ultimo messaggio di Berlusconi mi sembra (con le dovute proporzioni) simile al discorso che tenne Mussolini al Teatro Lirico di Milano nel dicembre del 1944
Mi piacerebbe un suo breve commento a questa mia considerazione: l’ultimo messaggio di Berlusconi mi sembra (con le dovute proporzioni) simile al discorso che tenne Mussolini al Teatro Lirico di Milano nel dicembre del 1944. Erminio Urbani erminiourbani@libero.it Caro Urbani, Lei confronta due contesti e due personalità completamente diversi. Nel discorso del 16 dicembre Mussolini aveva alcuni obiettivi. Voleva anzitutto attribuire alla monarchia la responsabilità del «tradimento». Voleva rivendicare il contributo che l’Italia aveva dato alla guerra sino all’8 settembre (le sue parole, in questo caso, erano indirizzate soprattutto alla Germania). Voleva saldare i conti con Churchill e con la Gran Bretagna, nella convinzione che l’esito della guerra, chiunque ne fosse uscito vincitore, avrebbe comunque privato gli inglesi della loro influenza in Europa. Voleva sostenere che il fascismo repubblicano di Salò avrebbe lasciato agli italiani una strada già tracciata: quella della socializzazione. Voleva richiamare all’ordine le formazioni militari e poliziesche della Repubblica sociale che stavano dando prova di una criminale ferocia. Voleva promettere che il nuovo Stato fascista si sarebbe aperto anche a chi non avesse avuto la tessera del partito e che avrebbe accettato il dialogo con gruppi dissenzienti ma «patriottici». (Il giornale L’Italia del popolo, diretto da Edmondo Cione, fu fondato qualche settimana dopo). Voleva assicurare che le nuove armi, a cui gli scienziati tedeschi stavano lavorando, avrebbero rovesciato l’esito della guerra. Vi è quindi nel discorso di Mussolini, anche se mascherato da una incrollabile fiducia nella vittoria finale, una sorta di testamento. Voleva che al suo partito, al suo regime e alla sua persona i posteri riconoscessero qualche merito. Considerato in questa prospettiva, il discorso del Lirico è umanamente interessante e non privo di una certa tragica melanconia. Anche Berlusconi rivendica i propri meriti e la bontà delle sue idee. Anche Berlusconi si considera tradito e tratta Monti come una sorta di Badoglio. Anche Berlusconi accusa i suoi nemici di essere infeudati a potenze straniere: la Germania nel caso di Monti, gli angloamericani nel caso del re e di Badoglio. Anche Berlusconi dice di volere tornare alle origini. E anche Berlusconi è stato applaudito da un gruppo di fedeli che nutrono per il fondatore di Forza Italia una fiducia impermeabile a qualsiasi critica. Ma le differenze sono molto più numerose delle ideologie. Quando parlò al Lirico Mussolini doveva giustificare una sconfitta militare; quando ha parlato a Villa Gernetto Berlusconi doveva giustificare una sconfitta giudiziaria e personale: due categorie alquanto diverse.