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 2012  novembre 02 Venerdì calendario

Rino, classe 1927, era il più giovane dei tre moschettieri dell’editoria italiana: i fratelli Fabbri

Rino, classe 1927, era il più giovane dei tre moschettieri dell’editoria italiana: i fratelli Fabbri. È morto ieri ad Asunción, capitale del Paraguay dove viveva da 34 anni seguendo l’altra passione della sua vita, dopo l’editoria: i cavalli. Assieme a Giovanni, classe 1920, che vive attualmente a Lugano, e a Dino, scomparso nel 2001, contribuì a rendere grande l’impresa di famiglia e a modernizzare il panorama editoriale italiano. La Fabbri editore fu fondata nel 1947 da Giovanni che, laureato in medicina, aveva subito abbandonato il camice bianco avendo con fiuto imprenditoriale intuito la domanda di cultura che veniva da un Paese depauperato da cinque anni di guerra e soffocato dal ventennio fascista. La prima impresa furono le dispense a cura di Mario Hazon, Impariamo l’inglese. Seguirono i testi per le scuole e dal 1958, per tre anni, i quarantotto fascicoli all’anno, per tre anni, dell’enciclopedia Conoscere. Nel 1963 arrivò l’altra opera destinata a far grande la Fabbri editore, la collana I maestri del colore, diretta da Roberto Longhi, cui si dedicò in particolare Dino, con i baffetti alla Amedeo Nazzari, laureato in legge e con un assoluto senso estetico. Rino era entrato in azienda più tardi rispetto ai suoi fratelli, nel 1955, tuttavia in tempo per contribuire al periodo di massima espansione dell’impresa. «A lui — racconta commosso Giovanni Fabbri — affidammo lo sviluppo del settore marketing e della rete di vendita. Aveva un talento naturale per le pubbliche relazioni e una personalità carismatica in grado di galvanizzare i venditori». Un’attitudine al rapporto con gli altri che lo aveva portato anche a essere sindaco di Casorate Sempione. In un contributo scritto per il volume La Fabbri dei Fratelli Fabbri (Franco Angeli, 2010), Rino aveva raccontato il metodo con cui assieme ai suoi fratelli arrivò al 30% delle adozioni scolastiche e a vendere a rate milioni di copie delle enciclopedie a dispense. Il principio era di non aggredire il potenziale cliente con «offerte bugiarde», blandire la voglia di cultura del ceto medio e garantire una presenza capillare sul territorio. Fu così che assieme ai venditori porta a porta, in Italia fecero la comparsa una serie di «furgoni kombi con una vetrina laterale a scomparsa che offriva un piccolo, ma sufficiente spazio coperto, con una mensola per appoggiare il volume da consultare». Sono immagini che testimoniano dell’energia negli anni del boom. La rete commerciale della Fabbri divenne un modello studiato all’estero. Rino lasciò l’azienda quando Dino nei primi anni Settanta si fece convincere dall’amico Gianni Agnelli che un’impresa di quelle dimensioni non poteva essere più gestita in famiglia e doveva essere inserita in un gruppo internazionale. Se ne andò in Paraguay: il figlio Giovannino Gianmaria ricorda che la passione per la cultura non lo ha mai abbandonato, come testimonia la biblioteca di Asunción a lui dedicata, ricca delle migliaia di testi che aveva raccolto per la comunità italiana.