Francesca Basso, Corriere della Sera 2/11/2012, 2 novembre 2012
MILANO —
La svolta è arrivata. Dal primo gennaio 2013 la Pubblica amministrazione avrà 30 giorni di tempo per pagare le imprese e la stessa regola varrà anche tra impresa e impresa: l’Italia ha recepito in anticipo sui tempi previsti (il limite era il 16 marzo 2013) la direttiva europea sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
Per il nostro Paese sarà una rivoluzione ma soprattutto una sfida, perché attualmente i crediti vengono saldati in media entro sei mesi, con punte maggiori a seconda delle zone del Paese. Un record negativo in Europa: siamo i peggiori. Anche la Grecia, prostrata dalla crisi economica, sembra fare meglio con 174 giorni, così come la Spagna con 160. La virtuosa Finlandia, che non perde occasione per rampognare il Sud Europa spendaccione, salda i propri debiti in 24 giorni, la Germania in 36 e la Francia in due mesi e cinque giorni. Insomma, nessuno è perfetto. Ma l’essere più o meno virtuosi ha un significato economico fondamentale per la sopravvivenza delle aziende specie in tempo di crisi, con la liquidità ridotta al minimo e le difficoltà di finanziamento. C’è però anche l’altro lato della medaglia. Il debito dello Stato che non può permettersi di aumentare. E l’escamotage finora usato era appunto ritardare i pagamenti, che finivano nel conto dello Stato non nel momento dell’emissione della fattura ma solo all’atto del saldo.
Le nuove regole
Dal primo gennaio le pubbliche amministrazioni dovranno pagare i loro fornitori entro 30 giorni dal ricevimento della fattura o delle merci oppure dalla prestazione dei servizi. Tuttavia per ospedali, imprese pubbliche ed enti che forniscono assistenza sanitaria sono previste deroghe fino a un massimo di 60 giorni ma solo in casi eccezionali. La regola vale anche tra le imprese, che però possono anche concordare di superare i due mesi purché non siano «gravemente iniqui per il creditore». Il decreto legislativo approvato dal governo prevede anche le sanzioni in caso di mancato rispetto dei tempi: una maggiorazione del tasso degli interessi legali moratori, che passa dal 7% all’8% in più rispetto al tasso fissato dalla Banca centrale europea per le operazioni di rifinanziamento. Gli interessi scatteranno automaticamente, senza che sia necessaria la richiesta del debitore. Più libertà, invece, nei pagamenti tra privati. Le imprese potranno pattuire l’ammontare degli interessi moratori.
L’impatto
Il decreto, che è stato proposto dal ministro degli Affari europei, Enzo Moavero, ed è il frutto di un’attività di coordinamento con i dicasteri dell’Economia, della Giustizia e dello Sviluppo, punta a rendere certi i tempi di pagamento ma anche a dare un segnale a Bruxelles, a dimostrazione che il Paese ha intrapreso un cammino virtuoso nella direzione del rigore. Si tratta di un provvedimento fortemente voluto anche dal ministro Corrado Passera, che in più occasioni ha ricordato che almeno 150 mila imprese ne avrebbero beneficiato. Sul tema è sempre stato forte anche il pressing delle associazioni, dagli imprenditori agli artigiani ma anche le banche, che ieri hanno apprezzato la svolta. Il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, ha espresso «soddisfazione per il recepimento della direttiva europea». Per Confindustria le nuove regole avranno «effetti positivi sulla competitività delle imprese». Ma restano due nodi da sciogliere, come ha evidenziato Vincenzo Boccia, vicepresidente con delega al credito: «Si deve trovare una soluzione per i 100 miliardi di debiti dello Stato in senso lato verso le imprese (cioè Regioni, Comuni, Province, enti locali) e si deve affrontare la questione legata alle forniture per la sanità nelle Regioni sotto piano di rientro: le imprese hanno l’obbligo di fornire il servizio ma anche il divieto nell’anno di fare decreti ingiuntivi in caso di mancato pagamento». Per gli arretrati Boccia propone di «aprire un confronto con l’Europa sul debito della Pubblica amministrazione, perché non è un problema solo nostro. Andrebbe contabilizzato nel momento in cui si realizza e non quando viene pagato».
I crediti passati
L’impatto positivo della nuova normativa sarà sui pagamenti a partire dall’anno nuovo. Ma per quelli precedenti c’è il rischio che la liquidazione subisca ulteriori ritardi. Una prima soluzione è stata trovata in primavera dal ministro Passera, che ha siglato un accordo con l’Abi (Associazione delle banche) per sbloccare gli 80-100 miliardi dovuti alle imprese dalla Pubblica amministrazione: gli istituti hanno accettato in garanzia dalle imprese i crediti vantati verso lo Stato in cambio di nuovi prestiti. Le banche hanno messo a disposizione delle aziende un plafond di 10 miliardi da usare entro fine anno provenienti dalla Bce. Tuttavia il meccanismo non è semplice e sta cominciando a funzionare solo in questi giorni. I decreti del governo risalgono al 22 maggio, ma poi c’è voluto tempo per la costituzione del fondo di garanzia (in pratica la Cassa depositi e prestiti), che solo la settimana scorsa ha emesso il regolamento, mentre la piattaforma digitale realizzata da Consip per la certificazione dei crediti reali tra Pubblica amministrazione e imprese è operativa da due settimane. Per avere un primo bilancio bisognerà attendere dicembre.
Francesca Basso