VARIE 1/11/2012, 1 novembre 2012
APPUNTI PER GAZZETTA - DI PIETRO CASO UMANO
REPUBBLICA.IT - GRILLO LANCIA DI PIETRO PER IL QUIRINALE
ROMA - Grillo lancia il nome di Antonio Di Pietro per il Colle. Lo fa a suo modo, inanellando una lunga serie di critiche, ma dando alla fine all’ex pm la patente di "uomo onesto". E quindi adatto per ricoprire la carica di presidente della Repubblica.
Tutto si muove, dopo il terremoto elettorale siciliano. E a Tonino, che dopo il duro colpo subito nelle urne chiede ai Cinque Stelle di fare fronte comune, il capo politico del Movimento risponde: "Ha commesso degli errori, ha inserito nel suo partito persone impresentabili come De Gregorio e Scilipoti, ha evitato, per scelte forse tattiche, prese di posizioni nette sulla Tav e sul G8, ma lui soltanto in Parlamento ha combattuto il berlusconismo".
Prove di alleanza? O una apertura "avvelenata", nel momento in cui quel che resta del bacino elettorale dell’Italia dei Valori a Grillo e Casaleggio fa molta gola? Si capirà nei prossimi giorni.
"E’ sempre stato un isolato, mal sopportato dai pdmenoellini e odiato da tutti gli altri - continua l’ex comico - e ha confuso talvolta la politica con la realpolitik e cercato un compromesso impossibile con partiti corrotti e in via di estinzione. Si è fidato troppo di persone a lui vicine, di signor nessuno che ne hanno sfruttato la popolarità assecondando in modo acritico ogni sua richiesta. Ha allevato, forse consapevolmente, piranha e squali che pensava di tenere a bada e che ora mostrano le loro fauci". "Però - aggiunge Grillo - in questi lunghi anni di inciucio tra il Pdl e il Pdmenoelle, senza di lui, in Parlamento si sarebbe spenta anche l’unica flebile luce rimasta accesa".
E ancora: "Può essere che Tonino abbia lanciato dei referendum pro domo sua, ma se abbiamo potuto votare contro il nucleare di Casini, Bossi, Fini e Berlusconi lo dobbiamo a lui che ha raccolto e validato le firme necessarie. Solo per questo dovremmo dirgli grazie. Il Lodo Alfano, che anche un bambino avrebbe dichiarato incostituzionale, ma non il presidente della Repubblica, fu criticato e osteggiato in solitudine da Di Pietro nel silenzio dei Bersani, dei D’Alema e con il plauso dei Cicchitto e dei Gasparri. L’uomo ha un caratteraccio, non ascolta nessuno, ma è onesto. Quando ha dovuto affrontare il giudizio di un tribunale lo ha fatto senza esitazioni e ne è sempre uscito prosciolto. Quanti in Parlamento possono dire altrettanto?". "Il mio auspicio - conclude sul blog - è che il prossimo presidente della Repubblica sia Antonio Di Pietro, l’unico che ha tenuto la schiena dritta in un Parlamento di pigmei. Chapeau!"
Via alle primarie on line. Intanto i Cinque Stelle preparano l’appuntamento per le politiche. E anche Beppe Grillo si lancia nelle primarie: non per scegliere il leader e candidato premier, bensì per selezionare i candidati che formeranno le liste per le prossime elezioni nazionali.
Si comincia a votare in questi giorni, sarà sufficiente una semplice iscrizione on-line riservata rigorosamente a coloro che già aderiscono al Movimento. Per votare basta certificare la propria identità tramite il caricamento di un proprio documento entro venerdì 2 novembre. Potranno votare tutti quelli che risulteranno maggiorenni al momento delle votazioni on line e che risultavano già iscritti al Movimento 5 Stelle al 30 settembre. Le liste verranno redatte per circoscrizione in base al numero di voti ottenuti dai singoli candidati: sarà in lista per il Senato chi tra i più votati avrà sopra i 40 anni, gli altri saranno inseriti in quelle per la Camera: dunque a Montecitorio la pattuglia delle cinque stelle sarà rappresentata da deputati under 40.
Stringenti le regole per presentarsi candidati. Non si deve risultare iscritti ad alcun partito o movimento politico e avere alcun tipo di sentenza di condanna in sede penale, anche non definitiva. C’e poi il tetto di un mandato elettorale: ogni candidato non dovrà avere assolto in precedenza più di un mandato sia a livello centrale sia locale. Saranno inoltre escluse le persone che hanno incarichi da eletti al 29 ottobre 2012. Anche per candidarsi deve essere certificata l’identità sul web: il tempo massimo è scaduto il 30 ottobre.
(01 novembre 2012)
REPUBBLICA.IT
LO ATTACCANO I SUOI COMPAGNI DI PARTITO
ROMA - Antonio Di Pietro incassa gli elogi inaspettati di Beppe Grillo 1, ma è in casa che l’aria resta quanto mai pesante. Dopo l’intervista al Fatto in cui l’ex pm travolto dalla pessima figura rimediata durante Report di domenica scorsa annuncia lo scoglimento del suo partito, dall’interno del movinento si alza forte la richiesta di cambiamento.
"L’intervista è il necrologio dell’Idv o di Di Pietro, a seconda di come uno veda la cosa", commenta il capogruppo alla Camera Massimo Donadi. "Con la puntata di Report - aggiunge - non è morta l’Idv ma Di Pietro". A chiedere una rottura è anche Pancho Pardi. "Mi sembra ora di cambiare leader del partito - dice - Dopo le elezioni del 2013 probabilmente ci sarà un cambio e forse prima ci saranno altre sorprese". "Basta con i parenti in politica - prosegue Pardi - sono contrario sia al cognato di Di Pietro sia al figlio, ma questo l’ho sempre detto a Tonino. Noi siamo diversi dagli altri e bisogna dimostrarlo coi fatti. E fu un errore mettere la moglie nell’associazione che controllava i soldi".
Tra i primi a criticare l’ex pm e a chiedere un avvicendamento alla guida del partito era stato nei giorni scorsi il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, ma Pardi in questo caso prende le difese di Di Pietro. "Come Renzi, dovrebbe pensare a fare il sindaco di Napoli. Quelli che hanno voluto fare i sindaci devono concludere il mandato, non possono utilizzare il ruolo che hanno come trampolino di lancio, prima ancora di aver dimostrato la capacità ad amministrare", attacca Pardi.
Tra chi reclama una svolta c’è anche il vicecapogruppo Idv alla Camera Antonio Borghesi. "C’è bisogno di discontinuità - afferma - la cui base potrebbe trovarsi nelle mozioni da me presentate al congresso del 2010 e mai discusse e votate: trasformazione dell’ufficio di presidenza in organo elettivo; trasferimento della competenza per le modifiche statutarie al congresso o all’esecutivo nazionale; limite a due mandati o a 10 anni per parlamentari e consiglieri regionali; codice di comportamento degli eletti".
Ma nel partito non manca chi invece prende le difese del leader. "L’Idv non può prescindere da Antonio Di Pietro, dalla sua storia e da cosa ha rappresentato per il nostro paese", dice Pierfelice Zazzera, vicepresidente della commissione Cultura della Camera. "Chi chiede le dimissioni del presidente - sottolinea - o come avvoltoio pensa di predare il partito o parla esclusivamente a titolo personale e non rappresenta la base". Si schiera con l’x magistrato anche il parlamentare Ivan Rota. "Donadi - dice - non si attacchi ai fatti di Report, anche perché ci sono fior di sentenze e documentazioni di cui lui, in tutti questi anni, essendo sempre stato un dirigente, era a conoscenza. Come mai fino a ieri non ha detto nulla e solo oggi prende le distanze?".
(01 novembre 2012)
CORRIERE.IT
«È l’unico in Parlamento che si è opposto in tutti questi anni al Berlusconismo» ed è un uomo «onesto». Pertanto, secondo quanto si legge nel blog di Beppe Grillo è il leader dell’Idv Antonio Di Pietro l’uomo «giusto» per il Quirinale.
GLI ERRORI - «Di Pietro ha commesso degli errori, ha inserito nel suo partito persone impresentabili come De Gregorio e Scilipoti, ha evitato, per scelte forse tattiche, prese di posizioni nette su Tav e G8, ma lui solo in Parlamento ha combattuto il berlusconismo», scrive Grillo nel suo blog. «Lo ha fatto con armi spuntate, con una truppa abborracciata tenuta insieme unicamente dalla sua testardaggine e caparbietà. È sempre stato un isolato, mal sopportato dai pdmenoellini e odiato da tutti gli altri. Ha confuso talvolta la politica con la realpolitik e cercato un compromesso impossibile con partiti corrotti e in via di estinzione. Si è fidato troppo di persone a lui vicine, di signor nessuno che ne hanno sfruttato la popolarità assecondando in modo acritico ogni sua richiesta», prosegue il leader del M5S. E, sottolinea, «ha allevato, forse consapevolmente, piranha e squali che pensava di tenere a bada e che ora mostrano le loro fauci.
«PERÒ...» - Però in questi lunghi anni di inciucio tra il Pdl e il Pdmenoelle, senza di lui, in Parlamento si sarebbe spenta anche l’unica flebile luce rimasta accesa. La Camera non sarebbe stata differente dall’aula sorda e grigia evocata da Benito Mussolini o dall’attuale obitorio della democrazia di Rigor Montis». «Il suo "Caro presidente che non c’è" rivolto allo psiconano e gli attacchi ai servi del berlusconismo sono gli unici lampi di luce che meritano di essere ricordati nel peggior Parlamento dell’Unità d’Italia, un luogo immondo popolato da pregiudicati e piduisti, da nemici dichiarati della democrazia. Può essere - scrive ancora Beppe Grillo - che Tonino abbia lanciato dei referendum pro domo sua, ma se abbiamo potuto votare contro il nucleare di Casini, Bossi, Fini e Berlusconi lo dobbiamo a lui che ha raccolto e validato le firme necessarie». «Solo per questo - assicura il comico - dovremmo dirgli grazie». «Il Lodo Alfano, che anche un bambino avrebbe dichiarato incostituzionale, ma non il presidente della Repubblica, fu criticato e osteggiato in solitudine da Di Pietro nel silenzio dei Bersani, dei D’Alema e con il plauso dei Cicchitto e dei Gasparri. L’uomo ha un caratteraccio, non ascolta nessuno - sostiene Grillo - ma è onesto. Quando ha dovuto affrontare il giudizio di un tribunale lo ha fatto senza esitazioni e ne è sempre uscito prosciolto. Quanti in Parlamento possono dire altrettanto? Chi può scagliare la prima pietra? Nessuno». «Nel 2013 Napolitano decadrà - conclude - per ora è l’unica buona notizia certa. Il mio auspicio è che il prossimo presidente della Repubblica sia Antonio Di Pietro, l’unico che ha tenuto la schiena dritta in un Parlamento di pigmei. Chapeau!».
DONADI - Ma se da una parte c’è Grillo che cerca di dare una mano all’amico Tonino, i problemi per Di Pietro sembrano venire dall’interno del suo partito. Il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi è netto: «Oggi l’Idv di Di Pietro è morta. Ha dato la colpa al partito dei fatti di ’Report’ che invece riguardano lui. L’intervista a "Il Fatto Quotidiano" è il necrologio dell’Idv o di Antonio Di Pietro, a seconda di come uno veda la cosa. Mi dispiace solo di aver perso gli ultimi 2 giorni a tentare di ricostruire il partito quando lui invece aveva già organizzato tutto, con gesto molto poco nobile, almeno a giudicare dall’intervista e da quanto detto da Grillo».
ARTICOLI DI STAMATTINA
CORRIERE DELLA SERA
ROMA — Serve un’iniezione di democrazia interna per l’Italia dei valori, ma il congresso del partito si terrà solo dopo le elezioni del 2013. Con questa mediazione, l’Ufficio di presidenza dell’Idv prende le misure con i «fatti, in alcuni casi anche sottoposti al vaglio della magistratura, che hanno coinvolto alcuni propri esponenti a livello locale». Il caso del capogruppo alla Regione Lazio, Vincenzo Maruccio, quello meno grave dell’indagine sulla vicepresidente della giunta regionale ligure Marilyn Fusco, le mille beghe scoppiate in Emilia-Romagna e, infine, la puntata di Report di domenica sera che ha riproposto — con effetto dirompente — la storia dell’eredità Borletti utilizzata da Di Pietro per comprare una casa: messi tutti in fila, si tratta di campanelli di allarme che hanno fatto scattare l’allerta generale e la convocazione per dicembre dell’assemblea nazionale straordinaria.
Al termine dell’ufficio di presidenza durato due giorni, è passata solo in parte la linea invocata dal capogruppo alla Camera Massimo Donadi. Invece una proposta molto forte di Di Pietro — che avrebbe chiesto di azzerare nome e simbolo dell’Idv per rifondare un nuovo movimento — non sarebbe stata neanche presa in considerazione dal gruppo dirigente del partito. Spiega comunque Donadi: «Prendo atto che l’ufficio di presidenza non ha accolto la richiesta di un congresso straordinario in tempi brevissimi e temo che rinviare a dopo le elezioni significhi dover attendere troppo». Tuttavia, aggiunge il capogruppo che più di altri ha messo il fiato sul collo a Di Pietro, «riconosco che la convocazione di una grande assemblea è un primo passo positivo e lì riproporrò i temi e le ragioni della mia richiesta di cambiamento». Dopo 14 anni — ha osservato il capogruppo al Senato Felice Belisario — «è necessario fare un tagliando per rimettere a punto la macchina e ripartire con nuovo slancio, attraverso nuove regole e nuove idee. C’era bisogno di una svolta...».
L’ufficio di presidenza — oltre al presidente, c’erano i capigruppo, Donadi e Belisario, la tesoriera Mura, Maurizio Zipponi, Carlo Costantini, Ignazio Messina, Ivan Rota e Niccolò Rinaldi — ha «unanimamente rinnovato la propria piena fiducia ad Antonio Di Pietro». Ma poi è stato deciso di fissare per dicembre «l’assemblea generale aperta a tutti gli eletti, gli amministratori e gli iscritti all’Idv». L’assise dipietrista servirà, tra l’altro, a «rendere vincolanti alcune specifiche misure in materia di trasparenza dei comportamenti individuali e delle scelte politiche». E questo, ha osservato il senatore Francesco Pardi, «è un passo molto importante che andava fatto da tempo».
I gruppi consiliari regionali che non dovessero adeguarsi entro 30 giorni dalla data di ricezione del nuovo regolamento «saranno non più riconducibili all’Italia dei valori». Inoltre, come annunciato il 21 ottobre scorso da Antonio Di Pietro al Corriere, i curricula dei candidati per il Parlamento e per i consigli regionali (Molise, Lazio, Lombardia) verranno sottoposti alla preventiva pubblicazione online: «In tal modo sarà possibile verificare, prima della eventuale candidatura, la loro idoneità politica e morale a rappresentare il partito. Verranno poi varate regole più stringenti per le incompatibilità: Vincenzo Maruccio, capogruppo alla Regione Lazio, era infatti anche legale e tesoriere del partito.
Di Pietro è passato al contrattacco sulla questione delle case e della gestione personalistica del partito. Sul suo sito avverte: «Calunnie, solo calunnie». E risponde analiticamente su: «Gestione dei finanziamenti, rimborsi elettorali, tutti gli immobili, la società Antocri, la mia risposta a Report». Sulla questione delle case di proprietà, Di Pietro ha fatto compulsare i computer del catasto per dimostrare che quelle fatte passare per unità immobiliari sono semplici particelle catastali (scale, pertinenze, cantine). In ogni caso la vicenda della donazione di 954 milioni di lire dell’imprenditrice Maria Vittoria Borletti — giunta nelle mani di Di Pietro nel 1995 e utilizzata dal leader dell’Idv per acquistare un appartamento — è difficile da digerire dai militanti del partito anche se non vi sono profili penali.
Dino Martirano
REPUBBLICA.IT
ROMA
— La sorte dell’Idv è ancora tutta nelle sue mani. Se qualcuno aveva pensato di sfiduciarlo, non c’è riuscito. Però nelle ore di passione che Antonio
Di Pietro sta vivendo ormai da settimane - sotto accusa lui personalmente e non solo di dipietristi corrotti - ecco la mossa a sorpresa: l’ex pm pensa di sciogliere il partito. Basta “Italia dei valori”, via a un grande Movimento. Un Movimentone, in cui coinvolgere soprattutto la Fiom di Landini.
Dopo quattro ore di ufficio di presidenza, il comunicato alle agenzie di stampa parla di «fase costituente» che sarà inaugurata a dicembre con una mega assemblea «aperta a tutti gli eletti, gli amministratori e gli iscritti
Idv». Sarà la tappa in vista di un Congresso straordinario che accoglierà «figure rappresentative di realtà e movimenti». Ma ieri, durante il vertice - secondo round delle otto ore di martedì -Di Pietro fa la mossa del cavallo. Tra l’estinzione e il rilancio, sceglie lo scioglimento. Il termine che usa è «trasformazione». Trasformare Idv. Guidare il processo, e non da solo, insieme ad altri leader.
Del resto, è una strettoia quella in cui Di Pietro si trova. Il Pd gli ha chiuso la porta in faccia, dopo la deriva grillina. Grillo non vuole
sentire parlare di alleanze, però è proprio a lui che l’ex pm pensa per saldare «il fronte dei non allineati». Ci sarà «un gran bisogno di oppositori seri», scrive Marco Travaglio sul
Fatto,
e Di Pietro posta sul suo blog l’editoriale. Lo fa suo. Il Movimentone dipietrista potrebbe anche correre da solo alle elezioni, ma in un patto con «i ragazzi di Grillo». «Amareggiato»: è l’aggettivo che gli stessi amici dell’ufficio di presidenza usano per descrivere lo stato d’animo del leader. Metà giornata ieri Di Pietro la passa a recuperare persino le visure catastali
delle case che possiede. Nell’intervista tv di
Report,
domenica, è stato accusato di aver investito in immobili per sé, i soldi del partito. Sul sito da un paio di giorni ha messo le carte che dimostrano come il finanziamento pubblico non sia mai passato per le sue tasche, né per quelle della sua famiglia. Ma il web è ancora scatenato contro di lui: erano passati gli Scilipoli, i Razzi, prima ancora i De Gregorio, giudicati da iscritti e simpatizzanti dei “traditori”. Ora nel partito dell’anticorruzione, creato dal giudice-simbolo di Mani pu-lite,
la vicenda di Vincenzo Maruccio pesa come un macigno. «Le mele marce stanno diventando un frutteto»: ha denunciato il sindaco di Napoli, De Magistris chiedendo di fatto a Di Pietro di fare un passo indietro. «Rinnovamento e rilancio», vuole Leoluca Orlando, il sindaco di Palermo. Lo showdown è solo rinviato. Intanto sono state stabilite regole severe per la selezione delle candidature con il massimo di trasparenza (in rete i curricula dei candidati) e un comitato di garanti per valutarli. Il bilancio del partito sarà passato
al setaccio da un collegio di revisori.
A fare pressing per riportare Idv nell’alleanza di centrosinistra con Pd e Sel è Massimo Donadi. Capogruppo dipietrista a Montecitorio, Donadi aveva chiesto il congresso straordinario subito. Commenta: «Prendo atto che la mia richiesta di un congresso subito, necessaria per rilanciare l’azione del partito in vista delle elezioni, non è stata accolta e ho il timore che rinviare a dopo, significhi attendere troppo». Tuttavia, ritiene che «un passo avanti» sia stato fatto, e annuncia battaglia in assemblea. Comunque nella Terza Repubblica che verrà, il partito “personale” dell’ex pm di Mani pulite non ci sarà più. Alla guida del Movimentone o di quel che verrà, non ci sarà Di Pietro. Perlomeno non da solo. Lo scioglimento del resto - aveva ammesso anche alla kermesse di Vasto - è inevitabile. Prevedeva sarebbe avvenuto dopo le elezioni del 2013. Tutto quello che è accaduto, lo costringe ad accelerare.
LA STAMPA
FABIO MARTINI
In due giorni se ne sono viste e sentite di tutti i colori all’Ufficio di Presidenza dell’Italia dei Valori: Di Pietro che ha proposto lo scioglimento immediato del partito per rigenerarsi in un nuovo, indeterminato soggetto; gli altri che gli hanno detto di no; Tonino che ha chiesto al suo gruppo dirigente di fare quadrato attorno a lui e gli altri che gli hanno detto di sì, approvando all’unanimità un documento che rinnovando la fiducia al leader, convoca il congresso subito dopo le elezioni politiche della primavera 2013. Ma dopo i tanti infortuni politici che hanno coinvolto lo stesso Di Pietro e alcuni dei suoi uomini, le 48 ore di “conclave” hanno per davvero avviato la fine di una stagione: è stato lo stesso Tonino a dire chiaro e tondo che dopo le elezioni bisognerà andare «oltre l’Idv» e che lui è pronto a rinunciare alla presidenza, assumendo il ruolo di padre nobile e lasciando la guida politica ad un nuovo personaggio.
Dunque, un futuro senza Idv e senza Di Pietro leader, un cambio radicale di scenario per il partito più giustizialista della Seconda Repubblica. Certo, molto dipenderà dalle fortune elettorali dell’Italia dei Valori e soltanto un boom elettorale potrebbe mettere in salvezza simbolo e leader. D’altra parte nei due giorni di dibattito a porte chiuse, se è vero che nessuno ha messo in discussione la credibilità stessa del leader (messa a dura prova dall’inchiesta di “Report” su RaiTre), è altrettanto vero che, tra perifrasi e parole più chiare (quelle pronunciate dal presidente dei deputati Massimo Donadi), a finire sotto accusa è stata la gestione personalistica del partito, sia per quanto riguarda la linea politica, dettata dalle esternazioni del leader, sia per quanto riguarda le scelte degli uomini, alcune rivelatesi infelici ad opinione pressoché unanime. Davanti alla richiesta di un congresso straordinario avanzata da Donadi, tutti gli altri hanno preferito glissare su una Assemblea nazionale, da tenersi a dicembre. Chiosa Donadi: «Prendo atto che la mia proposta non è stata accolta e temo che rinviare il tutto a dopo le elezioni significa attendere troppo, ma riconosco che la convocazione di una grande assemblea è un primo passo positivo: il cambiamento è un tema che l’Idv non può eludere in questo momento». Nell’ala “lealista” chi si è battuto di più per un rinnovamento a livello territoriale è stato il presidente dei senatori Felice Belisario, che dice: «Né vincitori né vinti ma un partito unito attorno al leader per un rinnovamento di cui Di Pietro resterà protagonista. Abbiamo iniziato un processo che vogliamo fare passo dopo passo con i cittadini. Senza burocratismi ma senza avventurismi».