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 2012  novembre 01 Giovedì calendario

ROMA —

«Mi verrebbe da dire: o’ Monti, allora tu se’ un pisano...» La megaprovincia Pisa-Livorno-Lucca-Massa Carrara farà la felicità di chi ancora getta benzina sul fuoco delle secolari divisioni toscane, autentiche sintesi del localismo nazionale. Lo sa bene Mario Cardinali, 75 anni, livornese doc, editore-direttore del mensile «Il vernacoliere», 40 mila copie attestate, da trent’anni alfiere dell’ironia espressa dalla libertaria Livorno verso il resto dei toscani, soprattutto dei vicini pisani, giudicati seriosissimi. Cosa accadrà tra voi toscani del Nord, Cardinali, con questo accorpamento? «Prima si era parlato della nuova Provincia Livorno-Pisa. Scopro adesso che ci mettono tutti insieme anche con i lucchesi e Massa e Carrara. A noi che ci importa? Basta che paghino tutto i lucchesi, tirchiacci che non sono altro...»
Al Vernacoliere stanno già immaginando la reazione editoriale. «Ci siamo divertiti per decenni con i pisani. Ebbe grande successo anche nel resto d’Italia il mio titolo dedicato a Cernobyl: "Nuvola atomica/ Primi effetti spaventosi/ È nato un pisano furbo/ Stupore nel mondo e sgomento in Toscana". O anche quello che inventai quando vararono la legge sulla tutela degli animali: "I pisani sono bestie anche loro/ Vogliamogli bene"». Ma perché tutta questa animosità? «Ragioni secolari. I pisani si sentono, e davvero sono, toscani antichi, autentici, doc. Hanno l’orgoglio della gloriosa Repubblica marinara. Sono giustamente fieri della loro università. Ma tendono a essere chiusi, calcolatori, un po’ egoisti. Noi livornesi siamo invece figli di puttana nel senso letterale e più autentico del termine. Ferdinando I dei Medici, nel 1593, con la Costituzione livornina, proprio per fondare la città e il porto, concedette l’amnistia a tutti i mercanti che avessero pendenze. Arrivarono i cattolici perseguitati dai protestanti dal Nord Europa, gli ebrei cacciati dalla Spagna, altri dal Sud. Un crogiolo di gente, insomma. Molti maschi seguiti da donnine di facilissimi costumi. Per questo la natura dei livornesi, all’opposto dei pisani, è libertaria, allegra, godereccia, disincantata. E ironica».
Facile capire che, stando a questo schema, i creativi livornesi godano a far leva sul sussiego dei pisani: «Ricordiamo puntualmente ai pisani che, durante l’era napoleonica, Pisa era "sotto" Livorno dal punto di vista amministrativo. E loro non ci stanno, non ci stanno». Ma con la maxiprovincia, prevede Cardinali, non bisognerà fare i conti solo con la rivalità Livorno-Pisa ma anche con quella Pisa-Lucca: «Risale al 1314 quando il pisano Uguccione della Fagiola assediò Lucca, la espugnò e ne fece, come si scrisse, "una novella Troia". Le mamme lucchesi dicevano, fino a poco tempo fa, per spaventare i bambini: "su andiamo via, che tra poco arrivano i pisani"».
Ma con tutto questo pregresso, con tanto materiale alle spalle, come andranno le cose nella megaprovincia? Cardinali se la ride di cuore: «Andrà com’è andato tutto fino ad adesso. Non cambierà niente, e i toscani ci riusciranno, vedrete. Bisognerà inventarsi un nome, ma poco importa. La questione vera saranno i trombati di questa faccenda, quelli che rimarranno senza poltrona. Emigreranno alla Regione?» Insomma, lei dice, Cardinali, che non accadrà nulla? «Qui non c’è una improvvisa commistione di razze. C’è solo un po’ di folklore. I veri problemi, lo sappiamo, dalla disoccupazione, dallo stipendio che non basta più, dal carovita dilagante. E per risolvere tutte queste faccende, non basta certo una battuta, un titolo ben riuscito. Purtroppo».
Paolo Conti