Stefano Massarelli, TuttoScienze, la Stampa 31/10/2012, 31 ottobre 2012
CHE COSA CI FA FELICI
Che cosa ci rende felici nella vita? Generazioni di filosofi - si sa - hanno provato a rispondere a questa domanda, tracciando percorsi più o meno utili per tentare di raggiungere l’apice della gratificazione personale. In tempi di crisi, comunque, la risposta sembrerebbe alquanto immediata: se i soldi non fanno la felicità, è pur vero che questa è ben «assistita» da un abbondante conto in banca, da un lavoro prestigioso o, in alternativa, da una vita lussuosa ai Caraibi in buona compagnia. Risposta sbagliata.
Secondo una ricerca pubblicata su «Psychological Science» - la rivista ufficiale dell’«Association for Psychological Science» - a fare la felicità, però, non sono affatto i beni materiali, ma una qualità soggettiva: il rispetto e l’ammirazione degli altri, la considerazione da parte degli amici e delle persone che vivono attorno a noi, il ruolo nell’ambiente di lavoro. Più che lo status patrimoniale, quindi, conta lo «status sociometrico», inteso come l’insieme della propria posizione all’interno della sfera sociale e del successo nelle relazioni interpersonali.
«Ci siamo interessati a questa idea, perché ci sono molte evidenze relative al fatto che un alto status socioeconomico - reddito elevato, ricchezza e buona educazione - non favoriscono il benessere soggettivo e la felicità. Allo stesso tempo, diverse teorie suggeriscono che la posizione sociale può invece accrescerla», spiega l’autore dello studio, Cameron Anderson, ricercatore all’Università di Berkeley in California. Nel corso di una lunga serie di studi ha voluto testare questa ipotesi, prendendo in esame un campione di studenti della celebre università californiana, tutti ben inseriti nella vita sociale del campus: ha analizzato lo «status sociometrico» attraverso una valutazione fornita da loro stessi e dai compagni, studiando, quindi, le diverse posizioni di leadership nella vita universitaria e l’accettazione da parte degli altri. Dai risultati è emerso che la vera chiave della felicità di questi giovani non risiedeva nella loro ricchezza economica oppure nel conto in banca della famiglia, quanto, piuttosto, nel loro ruolo sociale all’interno dell’ambiente accademico.
E, non a caso, anche dopo la laurea e il conseguente abbandono del campus la chiave della gratificazione rimaneva sempre la stessa: una professione remunerativa non bastava a rendere i giovani felici. A fare la differenza era, di nuovo, il ruolo sociale che si erano creati nel nuovo ambiente, sia nel lavoro sia tra i nuovi amici.
Saper conquistare il rispetto e l’ammirazione degli altri, quindi, è - secondo Anderson - l’ingrediente migliore per ottenere il giusto equilibrio con se stessi. E i risultati sono visibili in brevissimo tempo: è sufficiente modificare il proprio atteggiamento verso il prossimo e l’umore sale.
Ma, allora, per quale motivo uno «status sociometrico» si rivela più utile di un buon conto in banca? «Una delle possibili ragioni per cui i soldi non servono a comprare la felicità è che le persone si adattano velocemente al nuovo livello di reddito e di ricchezza - avverte il ricercatore. - Chi vince alla lotteria, per esempio, è inizialmente felice, ma tende a “scivolare” al proprio livello di felicità iniziale molto velocemente». Alla stima e al rispetto degli altri, invece, non ci si abitua mai. E forse è proprio questo il segreto per costruirsi una vita gratificante: i buoni rapporti umani sono una fonte continua di stimoli, di opportunità e di soddisfazioni.