Jenner Meletti, la Repubblica 31/10/2012, 31 ottobre 2012
E L’UOMO RISCOPRÌ IL FUOCO LA RIVINCITA SUL METANO DI STUFE A LEGNA E CAMINI
Nella “stufa della nonna” ci sono i cerchi che si possono togliere uno ad uno, dal più piccolo al più grande, per mettere le pentole a contatto diretto con la fiamma. Nelle stufe nuove, «ad accumulo con giro di fumo», puoi mettere una cassetta di legna (10 o 15 chili) al mattino e per tutto il giorno avrai il calore giusto. Con la legna di faggio e quercia o con il pellet, nel terzo millennio dopo Cristo, l’uomo torna a scoprire il fuoco. «Lo fa perché risparmia – dice la signora Lorena Casini,
che assieme al marito gestisce il centro stufe e camini Vandini – e anche per un ritorno alla tradizione. Chi da piccolo è vissuto nel profumo della legna, appena ha potuto ha comprato una stufa o ha rimesso a nuovo quella dei nonni. Per fortuna il mercato offre tante possibilità: oggi puoi usare la legna come un tempo, per cucinare e per scaldarti, e magari puoi mettere un motore per mandare aria calda anche nelle altre stanze. Se usi il pellet, con la scheda elettronica puoi programmare accensione e temperatura per giorni e giorni». La crisi cambia anche le fonti di calore nelle nostre case. «Il primo boom – racconta Annalisa Paniz, che guida il Gruppo apparecchi domestici dell’Associazione italiana energie agroforestali – c’è stato nel 2006, quando gasolio e metano hanno raggiunto prezzi molto alti e in tanti si sono chiesti come evitare bollette troppo salate. Nello
stesso anno c’è stato anche il gran salto del pellet, arrivato in Italia alla fine degli anni 90 ma fino ad allora poco consumato». Oggi si vendono due milioni di tonnellate di questa segatura pressata ed essiccata, ma continua a salire il consumo della legna da ardere. Si calcola che si arrivi a 18-20 milioni di tonnellate (senza contare l’autoproduzione) e anche in una Italia dove i boschi coprono 10 milioni 400 ettari, si deve ricorrere all’importazione. Quest’anno sono stati infatti comprati all’estero 33 milioni di quintali di legna per stufe e camini, il 17 per cento in più del 2011, e così l’Italia – secondo uno studio della Coldiretti – è diventata il primo importatore mondiale. Soprattutto nelle case di montagna e di campagna ci sono circa 6 milioni di stufe e caminetti. Ogni anno si vendono 110 mila fra stufe, cucine economiche e «inserti» - impianti moderni inseriti ad esempio in
un camino aperto – che funzionano a pellet. Si vendono anche 70 mila stufe e cucine a legna. Queste ultime hanno rischiato di scomparire, dopo gli anni 60 e 70. Nelle stesse campagne dove c’era chi faceva affari barattando tavoli di formica e seggiole di plastica con tavoli e cassapanche di noce, c’era chi proponeva bruciatori di kerosene in cambio di stufe di maiolica o caminetti del Seicento.
«A salvare le stufe di una volta – dice Gianni Ragusa, ammini-stratore delegato della Nordica di Montecchio Precalcino – è stata la voglia di riscaldare senza inquinare e anche il desiderio di consumare cibi buoni, che si possono preparare solo nel forno di una cucina economica. Noi siamo riusciti a conquistare una buona fetta di mercato unendo tradizione e innovazione. Le nostre stufe, a legna o a pellet, utilizzano meglio il calore, con risparmi energetici che
vanno dal 30 al 50 per cento». Anche il prezzo della materia prima ha il suo peso. La legna da ardere costa dai 10 ai 15 euro al quintale e permette – soprattutto se usata in impianti che colleghino le stufe a tutti gli spazi della casa – di ottenere un risparmio anche superiore al 70 per cento. Secondo il Gad il costo dell’energia primaria è di 175 per il gpl, di 112 per il gasolio, 73 per il metano, 50 e 41 per il pellet in sacchi o sfuso e solo 37 per la legna da ardere. «Riusciamo a mantenere – dice Gianni Ragusa – vendite stabili in un momento di forte crisi. Questo significa che c’è davvero una voglia di stare caldi rispettando l’ambiente. Del resto, secondo il Pan – Piano energetico nazionale – le biomasse dovranno diventare la prima fonte di energia rinnovabile in Italia, coprendo il 44 per cento dei consumi di queste fonti entro il 2020».
Era una piccola «fabbrica», la cucina economica, che secondo lo storico paesaggista Paolo Cremonini della rivista
Vivere in campagna solo nell’800 ha preso il posto dei camini aperti non solo nelle case padronali, ma anche in quelle contadine. Sotto la camera di combustione c’era il deposito della cenere, che diventata il «detersivo» per il bucato delle lenzuola. A fianco, un forno per le carni e i dolci. In una caldaia estraibile si teneva l’acqua calda, soprattutto per lavare i neonati. Una raggiera sul tubo che portava fuori il fumo permetteva di asciugare i panni. Le ultime braci della sera servivano a scaldare i letti. Alcune stufe erano opere d’arte. Nel Cinquecento molti maestri ceramisti di Faenza fuggirono perché protestanti anabattisti: volevano evitare la repressione della Controriforma. Si rifugiarono a Sfruz, nella Val di Non, e questo paese divenne un luogo di eccellenza per le stufe in maiolica. Grazie al ritorno della legna da ardere, stufe e cucine tornano a vivere nelle case, e non solo nei musei.