Emanuela Micucci, ItaliaOggi 30/10/2012, 30 ottobre 2012
ORIENTAMENTO SÌ, MA OCCASIONALE
[Il ministero annuncia: invertire la rotta anche con twitter e fb] –
L’orientamento a scuola resta occasionale e affidato alla buona volontà di docenti poco formati. Invece il nuovo accordo Stato-regioni sull’orientamento permanente, siglato mercoledì scorso, stabilisce che nelle istituzioni scolastiche e formative sia presente in tutte le discipline.
Buco nero i prof delle medie. Intanto, il Miur la prima campagna nazionale sull’orientamento, «che utilizzerà – annuncia Speranazina Ferraro, dirigente del Miur - tutti i mass media, a partire da quelli preferiti dai ragazzi (Fb, Mtv, twitter), e coinciderà con il periodo delle scelte degli studenti». É quanto emerso, giovedì, alla presentazione del Rapporto Orientamento 2011 dell’Isfol (www.isfol.it), ultima tappa di un progetto triennale che ha permesso di realizzare un Archivio nazionale dell’orientamento, consultabile online sul sito dell’Isfol, con le informazioni su tutte le 18.385 strutture che svolgono questa attività. L’81% ricade nell’istruzione e nella formazione: la maggior parte, il 60%, riguarda le scuole, il 21% i centri di formazione. Seguono con il 15,8% i centri di orientamento. Fanalini di coda le aziende, ferme al 2,1% e, ultime, le università solo all’1,1%. Sono 11mila le scuole che nel 2011 hanno svolto attività orientative. Oltre la metà (52.54%) sono medie, il 44,1% superiori. Gli studenti più orientati i lombardi con 1.568 scuole e 671 centri di formazione, seguiti da campani e siciliani. In fondo alla classifica Valle d’Aosta, Molise, Friuli Venezia Giulia. Oltre il 90% delle attività scolastica è interna: didattica orientativa (88,9%), colloqui di orientamento di gruppo (85,6%), erogazione di informazioni (84,6%), colloqui individuali (77,7%). Attività esterne di job meeting, saloni, career days, giornate aperte sono più frequenti alle superiori. Tuttavia, il 75,5% delle scuole non realizza iniziative aperte all’esterno. Opuscoli e brochure informativi, conoscitivi o esperienziali gli strumenti orientativi più utilizzati.
Quasi il 43% delle scuole proporne attività di tutoraggio e accompagnamento, lasciando presupporre un impegno maggiore nella lotta alla dispersione scolastica, soprattutto alle superiori. Segue l’attività di consulenza, che però è la meno praticata ed è proposta solo dal 38% di scuole (24% medie, 14% superiori).«L’orientamento sembra essere entrato a pieno titolo nel sistema dell’istruzione», spiega Anna Grimaldi, curatrice del rapporto, «le azioni intraprese mostrano un buon livello di coerenza con le generali finalità didattiche ed educative nei diversi cicli. Tuttavia, la scarsità di risorse economiche ed umane ne impedisce la sua piena applicabilità operativa e prevale il carattere di occasionalità ed emergenza». Pochi e non formati i docenti. Così poco spazio hanno la rappresentazione dei percorsi di studio e delle professioni e l’esplorazione delle dimensioni psicosociali delle scelte. E si ci concentra sui bisogni degli studenti in uscita, invece di svolgere attività orientativa anche per gli alunni in ingresso, in itinere e le famiglie secondo la logica di quell’orientamento per tutta la vita che riguarda ogni ordine e grado scolastico e ciascuna disciplina. «La qualità dell’orientamento migliora attraverso la didattica orientativa, a cui non siamo stati formati né a scuola né all’università, e creando ponti tra scuola e mondo del lavoro», sottolinea Raimondo Munaro, dirigente del Miur. «L’anello debole sono gli insegnati delle medie, su questo stiamo intervenendo», agigunge Ferraro. Mentre la regione Lazio con Isfol lavora a un progetto per formare docenti orientatori.
C’è una dicotomia tra un forte interesse degli studenti e una scarsa fruizione dei servizi offerti a scuola: oltre il 60% degli alunni vi si rivolgerebbe per opportunità formative e lavorative, il 22,8% per l’incontro di domanda e offerta di lavoro e il 18,5% per la ricerca del lavoro. L’87% ha avuto orientamento, soprattutto i liceali, ma «è spot e non pratica consolidata», precisa Grimaldi. E il mancato orientamento per il 74,6% dei giovani dipende da un personale disinteresse