Massimo Galli, ItaliaOggi 30/10/2012, 30 ottobre 2012
ATENE TIRA ANCORA LA CINGHIA IN PENSIONE SOLO A 67 ANNI
Non c’è pace per la Grecia. Il paese, alle prese con la necessità di ottenere nuovi aiuti dalla comunità internazionale per non finire in bancarotta, è costretto a tirare ulteriormente la cinghia. Il governo sta preparando misure ancora più drastiche di quelle approvate finora e che già avevano provocato l’ira della popolazione.
Stavolta si tratta di tagliare la spesa pubblica di altri 13,5 miliardi di euro attraverso un piano che comprende l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni.
Queste, almeno, le indiscrezioni che circolano. Ma non è tutto: in cantiere vi sarebbero pure modifiche normative per facilitare i licenziamenti, cambiamenti riguardanti il salario minimo e l’eliminazione di alcuni privilegi professionali come le convenzioni collettive.
Secondo il ministro delle finanze Yannis Stournaras, i provvedimenti devono essere adottati al più presto per scongiurare il fallimento della nazione. La Grecia spera di ottenere un rinvio di due anni nell’applicazione delle riforme e, soprattutto, di incamerare 31,5 miliardi di aiuti. In caso contrario le casse pubbliche saranno vuote a metà novembre, come ha sottolineato il primo ministro Antonis Samaras. A questa somma vanno aggiunti circa 12 miliardi delle precedenti tranche di finanziamenti. La cifra complessiva servirà a ricapitalizzare le banche, a rimborsare i debiti in scadenza e a far funzionare la macchina statale. Soltanto poco più di 1 miliardo potrà essere utilizzato per dare un po’ d’ossigeno all’economia. Troppo poco per contribuire a risollevare le sorti della nazione.
I tempi, dunque, sono stretti: mercoledì, secondo quanto trapelato finora, dovrebbe essere presentato in parlamento il bilancio dello stato per il 2013, mentre lunedì 5 novembre sarà la volta del nuovo piano lacrime e sangue. Tutto ciò non è affatto gradito ai sindacati e ai partiti di opposizione, che evidenziano come la Grecia si trovi nel sesto anni di recessione. I rappresentanti dei lavoratori hanno già proclamato due giornate di sciopero.
L’incertezza regna sovrana, inoltre, sulla richiesta di temporeggiare per due anni sull’entrata in vigore delle riforme strutturali e sul ripianamento del deficit di bilancio. La Germania continua a fare muro contro questa eventualità, che secondo alcuni calcoli potrebbe costare fra 30 e 38 miliardi di euro.