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 2012  ottobre 30 Martedì calendario

IL CAV. ODIA SOPRATTUTTO IL PDL

[Se potesse, se ne disfarebbe per fare un comitato elettorale] –
Ricorrentemente, i veri sentimenti di Silvio Berlusconi affiorano, a costo di smentire posizioni sostenute ufficialmente sino a poche settimane o perfino poche ore prima. La conferenza stampa di sabato, con lo sconquasso che ha prodotto e continua a causare nel Pdl, e di riflesso nella politica italiana, è il prodotto consequenziale di quel che davvero il Cav pensa.
Basterà, a chiarire l’assunto, un esempio.
Qual è il sistema elettorale preferito da Berlusconi? Quello che consente un plebiscito sul proprio nome, incentrando l’attenzione sul candidato presidente e rendendo subalterne le singole candidature politiche.
Infatti il Cav detesta le preferenze, perché gli importa indicare lui in prima persona i futuri eletti. Ciclicamen-te, quindi, i poveracci da lui designati a seguire la riforma elettorale debbono esprimersi per una o un’altra norma, salvo rimangiarsi il tutto e rinviare pretestuosamente la decisione, perché il porcellum è il metodo davvero caro al Nostro.
Che cosa pensa B. del governo Monti? Peste e corna, dal primo momento, e non solo per essere stato destituito dal prof, ma altresì per aver dovuto subire lo scorno di passare fintamente volentieri la mano e di sostenere con ampio senso di responsabilità i detestati ministri tecnici. Mai, dicesi mai, il Cav ha apprezzato le scelte di palazzo Chigi, specie in termini di tasse. Però è sempre stato costretto a ingurgitare bile, esternando un appoggio che in cuor suo avrebbe negato dal primo momento. E se non più tardi di giovedì doveva assicurare, in termini netti, il leale sostegno a Mario Monti, addirittura visto come potenziale unificatore dei moderati, sabato è esploso esternando il suo pensiero riposto. A dire il vero, fosse stato per lui, avrebbe sfiduciato l’esecutivo di pronta carriera ossia illico et immediate; ma la consapevolezza delle condizioni del Pdl, il timore di reazioni in-ternazionali, l’influsso di una parte dei consiglieri più ascoltati, l’hanno indotto a usare solo minacce.
Berlusconi ritiene di conoscere gli umori dei propri elettori. Probabilmente ha ragione, perché in passato ha più volte dimostrato di captare i sentimenti della gente. Oggi egli suppone d’interpretare quel che pensano sia, in maggioranza, i cittadini che ancora votano o sono pronti a votare per il Pdl, sia e soprattutto milioni di delusi, finiti nell’astensionismo o addirittura a sostenere Beppe Grillo (Sicilia docet). E reputa che euroscetticismo, ostilità all’euro, opposizione al fiscali-smo, siano patrimonio comune di chi lo votò, di chi lo vota, di chi potrebbe tornare a votarlo. Il montismo, ragionato o interessato, di vasta parte dei suoi residui parlamentari non gli importa.
Quel che egli pensi del Pdl (e, prima, di Fi) si sa. Detesta la propria creatura, il cui tormentato esito odierno aveva previsto fin dalla fondazione, temendo un magmatico formarsi di feudi, correnti, gruppi contrapposti, regolati da tesseramenti, congressi, riti dell’odiato teatrino della politica. Poiché Berlusconi non sop-porta né il partito né gli uomini più legati alla concezione tradizionale del partito (in primis, gli ex di An), che volete gli interessi del caos da lui prodotto nel Pdl? Fosse per lui, dissolverebbe subito il partito del predellino per crearsi un comitato elettorale formato di facce nuove, di qualche parlamentare lavoratore, di amici personali, di giovani e soprattutto di amabili fanciulle.
Certo, B. produce sconquassi. Lo fa anche perché è naturaliter mobile, muta d’accento (esterno, quello intimo, come detto, non cambia) ma non di pensiero. Inoltre, da mesi si barcamena. Se prima aveva idee chiare e sapeva dove mirare e con quali strumenti operare, da un anno almeno è irriconoscibile. Non ha alcuna strategia, manca di tattica, è dominato dagli eventi senza essere in grado di provocarli egli stesso, come ai tempi d’oro. Inoltre, è azzerato psicologicamente da eventi giudiziari catastrofici: oggi la condanna per evasione fiscale, ieri il pagamento pronta cassa di oltre mezzo miliardo di euro a Carlo De Benedetti.