Gianluca Veneziani, Libero 28/10/2012, 28 ottobre 2012
DA MODENA A COSENZA
[Mariarosaria, la donna inseguita dai terremoti] –
«L’altro ieri, quando ho sentito la scossa, è stato come il ritorno di un incubo». Mariarosaria Abruscia, calabrese, lo scorso maggio si trovava a Modena, quando il terremoto sconvolse l’Emilia.
«Ero all’ottavo mese di gravidanza, la mia casa era stata lesionata e l’ospedale modenese era stato evacuato. Allora presi la decisione, coraggiosa: scappare e tornare a casa mia, a Mirto, in provincia di Cosenza, per far nascere mia figlia». Ma proprio lì, l’altra notte, Mariarosaria ha avvertito gli effetti del nuovo sisma, che ha colpito la sua terra. «Appena sveglia, ero spaventatissima. Ho poi saputo che era stato coinvolto il paese di Altomonte, dove mi sono sposata lo scorso anno. Era stata anche danneggiata la chiesa del mio matrimonio, quella di Santa Maria della Consolazione». Da lì un’ansia crescente e il desiderio di una nuova fuga. «Stanotte ho sognato di scappare ancora, per la seconda volta, dal terremoto, questa minaccia che mi insegue». E infatti la Abruscia, per esigenze di lavoro e per scongiurare la paura, presto farà il viaggio contrario, tornando in Emilia, a Modena. «Alla fine della maternità, penso di riprendermi la mia casa e il mio lavoro, di ricominciare daccapo». Mariarosaria, un passato professionale a San Felice sul Panaro, altra comunità vittima del sisma, insegna in una scuola elementare. E ora avrà il compito arduo di spiegare a sua figlia e ai suoi alunni come si sopravvive alla paura di un terremoto. «Dovrò prima superare io il trauma», ammette. «Ma l’importante, verso i più piccoli, è non contribuire a diffondere il panico».
La sua risposta vitale contro il sisma implica anche una visita personale nei luoghi della tragedia. «Presto», continua Mariarosaria, «andrò sul Pollino, a Castrovillari e ad Altomonte, dove ho vissuto il giorno più bello della mia vita. E poi, appena tornata in Emilia, visiterò Mirandola e San Felice sul Panaro, dove ho lavorato». Un viaggio che non ha nulla a che fare con il turismo macabro, semmai con la voglia di mettersi a disposizione. «Mi piacerebbe fare del volontariato», dice la Abruscia, «aiutare in quei luoghi chi ha avuto una sorte peggiore della mia». Anche perché Mariarosaria, le sue ferite preferisce custodirle dentro di sé. «Il vecchio terremoto», dice, «ha diviso la mia famiglia, perché mio marito è dovuto restare in Emilia. Questo nuovo terremoto, per certi versi, la ricongiunge, perché ora andrò via, nuovamente, dalla Calabria».