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 2012  ottobre 30 Martedì calendario

Il mistero della nave russa scomparsa tra i ghiacci con 700 tonnellate d’oro - Gli amici della Filibusta non c’entrano

Il mistero della nave russa scomparsa tra i ghiacci con 700 tonnellate d’oro - Gli amici della Filibusta non c’entrano. Non ci sono all’orizzon­te bandiere nere col teschio e le ti­bie incrociate, gambe di legno e un­cini e guerci con la pezza nera sull’ occhio. Nessuno canta la famosa canzone dei «15 uomini sulla cas­sa del morto ». Robert Louis Steven­son è morto alla fine dell’Ottocen­to; ma l’atmosfera, il fascino, il ro­manzesco che circonda la storia che state leggendo sono gli stessi che aleggiarono sul destino del «Flor de la Mar»,il galeone di Alfon­so di Albuquerque colato a picco nel 1512 nello stretto di Malacca. Di sbagliato, di incongruo, nella nostra storia, c’è solo una co­sa: la latitudine. Mai vi­sti pirati al di sopra dei 55 gradi di lati­tudine nord, ma­ri ghiacciati e desolazioni siberiane. Eppure è lì, di fronte a Magadan, nel plum­beo mare di Okhotsk che domenica scorsa è scom­parsa la Amurska­ya, cargo del gruppo minerario russo Poly­metal. proveniente dalla penisola della Kolyma, quella dei gulag stalinia­ni raccontata da Varlam Shala­mov. Un tesoro inestimabile che vale il più insondabile dei misteri. Un SOS ricevuto da una base di controllo nelle isole Shantar, nell’ estremo oriente russo, e poi più nulla. C’erano onde alte quattro metri, venti a novanta chilometri orari, dicono dai centri meteo dell’ isola di Hokkaido, in Giappone. A bordo, un equipaggio di otto uomi­ni. «Tutti uomini di notevole espe­rienza », ha fatto sapere l’armato­re. Spariti in un amen. Un giallo su cui la magistratura russa ha deciso di indagare a fondo. La domanda che i giudici si pongono è la se­guente: perché un carico di mine­rale così prezioso viene caricato su un piccolo cargo non scortato da un mezzo della Marina militare? Chi sono (chi erano) i membri dell’ equipaggio? Che motivo c’era di mollare gli ormeggi quando il ba­rometro segnava tempesta in avvi­cinamento? Quattromila chilometri quadra­ti di mare sono già stati setacciati palmo a palmo. Ieri si è mosso an­che l’esercito, mandando un ae­reo anfibio e un elicottero MI-8. Ma ci sono tuttora condizioni me­teo infernali, sono giornate di bur­rasca continua, acqua e vento geli­do e nebbie a banchi, e banchi di ghiaccio alla deriva da far accap­ponare la pelle al più tosto dei marinai. E nessuno ha voglia di ri­schiare la vita, oro o non oro. Per­ché dunque quegli otto dell’Amur­skaya accettarono di prendere il mare in quelle condizioni? Che ur­genza c’era? E se fosse stato tutto organizzato, come qualcuno co­mincia a sospettare? L’Amurskaya era partita da Ni­ran, nell’estremo oriente russo, ed era diretta verso il porto di Okhotsk. Sulle carte nautiche del­la Marina russa, che recano anco­ra impresso il simbolo circolare della falce e martello, si studiano le ultime miglia della rotta seguita dal cargo. Una navigazione appa­rentemente tranquilla, nonostan­te le condizioni del mare, fino a su­perare il delta del fiume Kiran. Quindi l’ingresso nel mare di Okhotsk. Subito dopo, l’SOS. Troppo facile pensare a un im­provviso naufragio, come quello del ’Flor de la Mar’? Alfonso di Al­buquerque, fresco conquistatore di Malacca, sulla penisola malese, aveva caricato quella sua nave am­mir­aglia con venti tonnellate di sta­tue di elefantini, scimmiette e tigri in oro massiccio, nonché tonnella­te di monete, diamanti, rubini. Era il 1512, s’è detto. Il galeone era di­retto in Spagna, ma non superò l’isola di Sumatra. A picco, con tut­to il suo inestimabile tesoro. Così, domenica scorsa, la Amurskaya. E quelle tonnellate di pietre e polve­re d’oro in stiva hanno finito per scatenare visioni fantastiche e sce­nari da spy story. Forse, azzarda qualcuno, il cargo è stato assaltato da un commando che ha poi lan­ciato quell’SOS per depistare le in­dagini. O forse è stato un ammuti­namento. Qualcun altro pensa che l’equipaggio abbia trasferito il carico su un altro cargo, o su un sot­tomarino, facendo poi affondare la nave.