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 2012  ottobre 28 Domenica calendario

Parolisi bullo e bugiardo Ma su di lui zero prove - Dal processo mediatico, Salvatore Parolisi di Frattamaggiore è passato al processo vero, quello coi magistrati togati, ma il giudizio non è cambiato: colpevole

Parolisi bullo e bugiardo Ma su di lui zero prove - Dal processo mediatico, Salvatore Parolisi di Frattamaggiore è passato al processo vero, quello coi magistrati togati, ma il giudizio non è cambiato: colpevole. Quando uno è antipatico, con l’aria da bullo, per giunta capo­ralmaggiore istruttore di soldatesse, con un debo­le conclamato per le donne, ed è accusato di aver ucciso la moglie per questioni di corna, fatte e non subite,non parte avvantaggiato in Corte d’as­sise e neppure nei grotteschi tribunali televisivi. La sentenza era scontata. Lo era dal giorno in cui gli rifiutarono gli arresti domiciliari che ormai non si negano a nessuno, tranne che a coloro sul capo dei quali svolazza l’ergastolo. Difatti erga­stolo è stato per Parolisi. E buon per lui che aveva scelto il rito abbreviato grazie a cui la «morte civi­le » è stata automaticamente trasformata in 30 an­ni di reclusione. Quando ne avrà scontati 15, per effetto di benefici vari previsti dalla legge, egli potrebbe tor­nare fuori a rimirar le stelle. Gli è stata risparmiata, per lo stesso motivo, la pena accesso­ria: 36 mesi di isolamento diur­no, la cui ratio francamente ci sfugge, trattandosi di un suppli­zio da catalogare alla voce «tortu­re ». Roba medie­vale che rivela la vecchiezza (e l’in­civiltà) del nostro codice infarcito di crudeltà gratui­te. Questo concet­to lo espressi cir­ca un lustro fa ad Angelino Alfano, allora ministro della Giustizia, in occasione di una gradita visita che egli fece in redazione. Nella cir­costanza lo pregai di abrogare certe regole, mi rispose che avrebbe provveduto. Evidente­mente non è riuscito nell’inten­to. Perché? Lo ignoro. Ma è la di­mostrazione che la nostra politi­ca non è in grado di fare nulla, neppure di cancellare le atrocità legali; ciò che non comportereb­be alcun onere: solo uno sforzo per vincere la pigrizia e depenna­re tre righe storte del codice. A proposito di inciviltà, tornia­mo a Parolisi. Sia chiaro che non intendiamo criticare il giudice monocratico, che avrà fatto del suo meglio dopo aver letto le car­te, ascoltato i testimoni, valutato le tesi del pm e della difesa. Sem­plicemente mi domando quali si­ano le prove in base alle quali si è stabilito che l’assassino di Mela­nia Rea è il marito. Egli ha assun­to spesso atteggiamenti irritan­ti, si è comportato nel modo idea­le per rendersi odioso, ha raccon­tato un sacco di palle, ha com­messo mille ingenuità: ma dove sta scritto, se non nel dispositivo della sentenza, che è un uxorici­da? Si è parlato tanto di indizi. So­no state fatte numerose conget­ture, ricostruzioni fantasiose del delitto che porterebbero a so­spettare pesantemente del capo­ralmaggiore; si è ricorso perfino alla fisiognomica per identificar­lo quale omicida. Ma una prova, lo straccio di una prova, non esi­ste. Dicevamo delle bugie: il con­dannato ne ha snocciolate a io­sa. Ovvio. Un uomo che si com­piace di essere un conquistato­re, un seduttore irresistibile, che ha un’amante o forse due o tre,fa­talmente è anche un mentitore abituale. Guai se non lo fosse: co­me potrebbe saltabeccare da una fanciulla all’altra, senza in­correre in guai familiari, se non esercitasse con maestria l’arte della menzogna? Qualunque fedifrago che vo­glia barcamenarsi evitando di pagare dazio in casa è costretto a diventare un egregio impostore. Ma un contafrottole non è detto che sia anche un assassino. Ci mancherebbe. Intendiamoci, Parolisi probabilmente ha mas­sacrato la moglie e merita il car­cere. Ma per inchiodarlo alle sue responsabilità non basta affidar­si all’intuito e alle elucubrazio­ni. Occorre altro: una prova e un paio di testimonianze concor­danti. Ci sono? No. Non c’è nul­la. Pensavo che nel diritto vales­se ancora un principio sacrosan­to: in dubio pro reo . A rigor di logi­ca, Parolisi in appello sarà assol­to.