Vittorio Feltri, il Giornale 28/10/2012, 28 ottobre 2012
Parolisi bullo e bugiardo Ma su di lui zero prove - Dal processo mediatico, Salvatore Parolisi di Frattamaggiore è passato al processo vero, quello coi magistrati togati, ma il giudizio non è cambiato: colpevole
Parolisi bullo e bugiardo Ma su di lui zero prove - Dal processo mediatico, Salvatore Parolisi di Frattamaggiore è passato al processo vero, quello coi magistrati togati, ma il giudizio non è cambiato: colpevole. Quando uno è antipatico, con l’aria da bullo, per giunta caporalmaggiore istruttore di soldatesse, con un debole conclamato per le donne, ed è accusato di aver ucciso la moglie per questioni di corna, fatte e non subite,non parte avvantaggiato in Corte d’assise e neppure nei grotteschi tribunali televisivi. La sentenza era scontata. Lo era dal giorno in cui gli rifiutarono gli arresti domiciliari che ormai non si negano a nessuno, tranne che a coloro sul capo dei quali svolazza l’ergastolo. Difatti ergastolo è stato per Parolisi. E buon per lui che aveva scelto il rito abbreviato grazie a cui la «morte civile » è stata automaticamente trasformata in 30 anni di reclusione. Quando ne avrà scontati 15, per effetto di benefici vari previsti dalla legge, egli potrebbe tornare fuori a rimirar le stelle. Gli è stata risparmiata, per lo stesso motivo, la pena accessoria: 36 mesi di isolamento diurno, la cui ratio francamente ci sfugge, trattandosi di un supplizio da catalogare alla voce «torture ». Roba medievale che rivela la vecchiezza (e l’inciviltà) del nostro codice infarcito di crudeltà gratuite. Questo concetto lo espressi circa un lustro fa ad Angelino Alfano, allora ministro della Giustizia, in occasione di una gradita visita che egli fece in redazione. Nella circostanza lo pregai di abrogare certe regole, mi rispose che avrebbe provveduto. Evidentemente non è riuscito nell’intento. Perché? Lo ignoro. Ma è la dimostrazione che la nostra politica non è in grado di fare nulla, neppure di cancellare le atrocità legali; ciò che non comporterebbe alcun onere: solo uno sforzo per vincere la pigrizia e depennare tre righe storte del codice. A proposito di inciviltà, torniamo a Parolisi. Sia chiaro che non intendiamo criticare il giudice monocratico, che avrà fatto del suo meglio dopo aver letto le carte, ascoltato i testimoni, valutato le tesi del pm e della difesa. Semplicemente mi domando quali siano le prove in base alle quali si è stabilito che l’assassino di Melania Rea è il marito. Egli ha assunto spesso atteggiamenti irritanti, si è comportato nel modo ideale per rendersi odioso, ha raccontato un sacco di palle, ha commesso mille ingenuità: ma dove sta scritto, se non nel dispositivo della sentenza, che è un uxoricida? Si è parlato tanto di indizi. Sono state fatte numerose congetture, ricostruzioni fantasiose del delitto che porterebbero a sospettare pesantemente del caporalmaggiore; si è ricorso perfino alla fisiognomica per identificarlo quale omicida. Ma una prova, lo straccio di una prova, non esiste. Dicevamo delle bugie: il condannato ne ha snocciolate a iosa. Ovvio. Un uomo che si compiace di essere un conquistatore, un seduttore irresistibile, che ha un’amante o forse due o tre,fatalmente è anche un mentitore abituale. Guai se non lo fosse: come potrebbe saltabeccare da una fanciulla all’altra, senza incorrere in guai familiari, se non esercitasse con maestria l’arte della menzogna? Qualunque fedifrago che voglia barcamenarsi evitando di pagare dazio in casa è costretto a diventare un egregio impostore. Ma un contafrottole non è detto che sia anche un assassino. Ci mancherebbe. Intendiamoci, Parolisi probabilmente ha massacrato la moglie e merita il carcere. Ma per inchiodarlo alle sue responsabilità non basta affidarsi all’intuito e alle elucubrazioni. Occorre altro: una prova e un paio di testimonianze concordanti. Ci sono? No. Non c’è nulla. Pensavo che nel diritto valesse ancora un principio sacrosanto: in dubio pro reo . A rigor di logica, Parolisi in appello sarà assolto.