Luigi Oliveri, ItaliaOggi 27/10/2012, 27 ottobre 2012
DIPENDENTI PUBBLICI, TFR AL 100%
Ripristinato il trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici. Il Consiglio dei ministri ha approvato ieri un decreto legge che, in attuazione della recente sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 2012, ripristina la disciplina del trattamento di fine servizio nei riguardi del personale interessato dalla pronuncia.
Per quanto riguarda le altre parti della sentenza della Consulta, il Consiglio ha stabilito che si procederà in via amministrativa attraverso un dpcm ai sensi della legislazione vigente.
La Consulta, con la pronuncia citata, ha azzerato gli effetti della legge 122/2010 intervenendo su due punti.
In primo luogo ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il prelievo del 2,5% sull’80% della retribuzione fissato dall’articolo 12, comma 10, nella parte in cui non era stata esclusa l’applicazione a carico del dipendente della rivalsa pari al 2,5% della base contributiva. Una disposizione che aveva, in sostanza, modificato i rapporti tra datore di lavoro e lavoratore, scaricando su di questo oneri tipici del primo.
Sul piano finanziario, l’annullamento della norma dichiarata costituzionalmente illegittima vale circa 3,8 miliardi di euro, che dovranno essere restituiti al personale pubblico, a carico delle casse dell’Inpdap.
Il decreto legge si è reso necessario sia per attuare le indicazioni della Consulta, sia, soprattutto per uniformare i comportamenti delle amministrazioni, che si sono trovate disorientate su come operare e sono fin qui andate in ordine sparso, anche perché i singoli dipendenti stanno richiedendo ciascuno la restituzione delle trattenute.
Il Consiglio dei ministri, col decreto legge, agisce sull’articolo 9, comma 10, della legge 122/2010, dichiarato costituzionalmente illegittimo, allo scopo di cancellarlo definitivamente.
La sentenza 223/2012 della Corte costituzionale ha inoltre dichiarato l’illegittimità costituzionale del «contributo di solidarietà» posto a carico dei dirigenti pubblici e del blocco degli incrementi stipendiali dei magistrati.
L’articolo 9, comma 2, della legge 122/2012, dichiarato incostituzionale, aveva posto a carico degli stipendi dei dirigenti pubblici un prelievo del 5% sui redditi superiori ai 90 mila euro; prelievo che andava al 10% per i redditi superiori ai 150 mila euro.
Per quanto riguarda i magistrati, a saltare è il blocco dell’avanzamento stipendiale automatico, blocco considerato incompatibile con l’indipendenza della magistratura.
Per questo secondo aspetto, non parrebbe necessario un intervento di natura normativa. In effetti, la sentenza della Corte costituzionale produce automaticamente l’effetto di ripristinare lo stato antecedente alla norma dichiarata illegittima. Infatti, le sentenze che dichiarano l’illegittimità costituzionale delle norme hanno efficacia retroattiva, in modo da eliminare dall’ordinamento giuridico sin dall’inizio una norma contrastante con l’ordinamento stesso.
Il Consiglio dei ministri come detto ha comunque deciso di dare corso all’attuazione delle ricadute della pronuncia della Consulta per via amministrativa, mediante un decreto del presidente del Consiglio dei ministri.
Anche in questo caso lo scopo è fornire alle amministrazioni un sistema univoco per fare fronte alle richieste di restituzione degli arretrati, che intanto i singoli dipendenti stanno muovendo alle amministrazioni.