ItaliaOggi 27/10/2012, 27 ottobre 2012
I GRUPPI ALIMENTARI INVADONO L’AFRICA
Nestlé, Danone, Diageo, Coca-Cola.
I gruppi agroalimentari internazionali invadono l’Africa, approfittando del dinamismo dei mercati subsahariani.
Le prospettive demografiche, lo sviluppo di una classe media urbana sensibile ai marchi e un tasso di crescita del prodotto interno lordo stimato intorno al 5% fanno sì che i progetti nel Continente nero si moltiplichino.
A fine settembre, per esempio, Nestlé, il numero uno mondiale dell’agroalimentare, ha inaugurato il suo primo stabilimento nella repubblica democratica del Congo.
L’impianto produce i dadi Maggi. Un mese prima il colosso svizzero aveva aperto una fabbrica in Angola per confezionare latte in polvere a marchio Nido e caffè solubile Nescafé. Questi progetti rientrano in un piano di investimenti da 150 milioni di franchi svizzeri (124 milioni di euro) in tre anni nell’Africa equatoriale. Ma in tutto il continente le stime di Nestlé parlano di un investimento di 1,2 miliardi di dollari (oltre 927 milioni di euro) negli ultimi cinque anni.
Dal canto suo, l’americana Coca-Cola, che punta a svilupparsi in Kenya e Tanzania, si dice pronta a mettere sul piatto 12 miliardi di dollari tra il 2010 e il 2020.
Altri grandi investitori sono i produttori di birra, con in testa il gruppo olandese Heineken, il francese Castel e il britannico Diageo, leader mondiale del settore alcolici, che si è insediato in Africa con la famosa Guinness e ora vende anche whisky e vodka e si sta interessando all’Angola e al Mozambico.
Danone ha invece investito 550 milioni di euro per passare dal 29 al 67% del capitale di Centrale Laitière, numero uno dello yogurt in Marocco.
Tutti questi gruppi devono necessariamente adattare i loro prodotti al mercato locale, sia nella composizione sia nel prezzo sia per quanto riguarda la distribuzione (i supermercati in Africa rappresentano meno del 10% delle vendite). Di qui il grande ricorso alle confezioni monodose: perfino gli alcolici vengono proposti in bottiglie più piccole.
E i gruppi alimentari italiani? Per il momento mancano all’appello.