Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  ottobre 27 Sabato calendario

FRANCESI IN FUGA, COLPA DELLE TASSE


È un fuggi fuggi da Parigi: finanzieri, imprenditori. Tutti, senza dare troppo nell’occhio, vogliono abbandonare il mercato francese, che presto diventerà sinonimo di tasse esorbitanti, alla volta di Londra. Dove il premier britannico David Cameron ha promesso di stendere il tappeto rosso a tutti i francesi che vogliano espatriare nel regno di Sua Maestà.
Il motivo per cui in molti hanno già deciso di andarsene sta nel nuovo regime fiscale voluto dal presidente François Hollande: sui redditi superiori al milione di euro si pagherà al fisco l’aliquota del 75%.
Il mondo dell’industria e quello della finanza sono in fibrillazione: da un lato gli imprenditori non vogliono lavorare per pagare le tasse; dall’altro, le banche d’affari studiano soluzioni per conservare i loro clienti che non vogliono farsi spennare.
I segnali sono già evidenti e i primi a imbarcarsi per Londra sono i finanzieri: essi detengono spesso patrimoni elevati, facilmente trasferibili e hanno una cultura internazionale che favorisce l’emigrazione. La capitale francese è sempre meno attraente. A precisare meglio la situazione, con qualche distinguo, è Eric Singer, della società di consulenza Singer & Hamilton, secondo il quale non è tanto il progetto di legge sponsorizzato da Hollande ad accelerare le partenze, quanto lo stato d’animo che lo accompagna e l’instabilità giuridica e fiscale. Fatto sta che gli stranieri non vogliono più andare a Parigi.
Perfino Société Générale, il colosso del credito d’Oltralpe, si trova in difficoltà perché aveva sempre scommesso su una presenza preponderante sul territorio nazionale. La banca aveva pensato di accorpare le sue sale operative in un edificio nuovo di zecca nel quartiere della Défense, scontentando gli addetti al comparto dei derivati, uno dei fiori all’occhiello del gruppo, che volevano spostarsi proprio a Londra. I trader che guadagnano un milione di euro vogliono scappare da Parigi. Non è escluso che, di questo passo, l’anno prossimo SocGen non debba fronteggiare un’ondata di dimissioni.
C’è anche chi, come la società Scotto & Associé, convoca mediamente una riunione al giorno sul tema della delocalizzazione da quando è stato annunciato il progetto di riforma fiscale. A rivolgersi allarmati allo studio di consulenza sono, in particolare, imprenditori tra i 40 e i 50 anni ed ex dirigenti che hanno già ceduto la loro attività. Essi non si fidano più della Francia.
Alcuni dei fuggitivi hanno già cominciato a mettere in vendita le loro abitazioni per rendersi liquidi. In Belgio e Lussemburgo vengono costituite holding per rendere più agevole il trasferimento. Piccole e medie imprese non vogliono essere preda del fisco. Jonathan Benassaya, che aveva fondato il sito di condivisione musicale Deezer e ora si trova in California per avviare una nuova attività, rivela di avere ricevuto una comunicazione da tre uomini d’affari francesi che chiedevano aiuto per insediarsi negli Stati Uniti. E il responsabile di un fondo di investimento dice che i fondi pensione americani e quelli sovrani mediorientali chiedono se vale ancora la pena fare operazioni in Francia. Oltralpe comincia a tirare una brutta aria.