Mario Platero, Il Sole 24 Ore 27/10/2012, 27 ottobre 2012
MA A DECIDERE IL DESTINO DI OBAMA SARÀ IL LAVORO
Da ieri Barack Obama può rivendicare che l’economia cresce al di sopra delle attese. L’economia tiene dunque, la recessione si allontana nonostante la debolezza generalizzata dell’economia mondiale. In realtà il dato di ieri avrà un effetto neutro sulla campagna elettorale, non cambia davvero le cose.
Anzi, se si analizza nel dettaglio la composizione del Pil, ci si accorgerà che un terzo dell’aumento è dovuto a un incremento eccezionale di spese militari. Al netto dell’aumento straordinario della spesa pubblica, il tasso di crescita sarebbe stato dell 1,75%, al di sotto dunque del tasso atteso dagli economisti. Questo potrebbe imbarazzare Obama, ma non è detto che Romney ne parli: troppo complicato, è difficile che il grande pubblico si perda in dettagli di questo genere.
Semmai il dato più importante per la campagna elettorale sarà il tasso di disoccupazione atteso per venerdì prossimo, il 2 novembre, a 100 ore dalle elezioni americane per la Casa Bianca 2010. Le attese sono per un leggero aumento del tasso, dal 7,8% al 7,9% e per la creazione di 100mila nuovi posti di lavoro. Perché Obama possa frenare l’ascesa costante di Romney in tutti i sondaggi, dovrebbe sfoderare un aumento di 300mila nuovi salariati dipendenti per poter rivendicare con maggiore credibilità che le cose sono davvero cambiate.
Ma per valutare la misura dello scontro politico e del sentimento popolare vediamo due casi specifici. Il primo riguarda l’aumento del 14,4% delle nuovo costruzioni. Un dato importante: conferma che il settore immobiliare si è ripreso. È possibile dunque che l’immobiliare faccia da traino addirittura in due modi, il primo diretto e tradizionale (nuove assunzioni e nuove spese). Ma il secondo non è meno importante: con i prezzi che si stabilizzano, gli americani potranno vendere più facilmente le loro case senza perderci rispetto al mutuo immobiliare.
Questo si traduce in una maggiore mobilità, uno dei punti di forza dell’economia americana, di molto ridotta fino a pochi mesi fa. Questo per dire che guardando in avanti le cose dovrebbe essere positive, ma l’immobiliare conta solo per il 3% del Pil. Un altro dato invece preoccupa: gli investimenti di capitale delle aziende sono caduti. Le aziende hanno contante ma non lo spendono. Soffrono per l’incertezza del "precipizio fiscale". Temono che se Obama dovesse vincere, vi saranno problemi seri per il mercato azionario e per aumenti possibili delle tasse, proprio per una impossibilità di risolvere l’impasse politico a Washington su tagli di spesa e aumenti di tasse.
La corsa alla Casa Bianca dunque resta apertissima e tutto sommato poco influenzata da queste considerazioni troppo complesse per essere divulgate in modo efficace: quel che doveva fare l’economia con la sua debolezza di fondo l’ha già fatto. I dati di ieri e quelli in arrivo semplicemente confermeranno quel che è già scritto nel cuore degli americani. Ma il risultato elettorale non sarà irrilevante per l’andamento dell’economia e della borsa: «Se vince Obama vedremo una fote correzione in Borsa – spiega un’analista – se vince Romney un forte rialzo».