Luca Davi, Il Sole 24 Ore 27/10/2012, 27 ottobre 2012
IL PIL STATUNITENSE RILANCIA LE BORSE EUROPEE - I
colossi mondiali alzano il velo su conti trimestrali sempre più magri ma allo stesso tempo il Pil americano cresce un po’ più delle attese. D’altra parte la fiducia dei consumatori Usa sale ma non quanto le stime degli analisti indicano. E così, in assenza di un’univoca indicazione macro-economica, i mercati continuano a oscillare in maniera erratica e contrastata. Cautamente positiva l’Europa, in rosso l’America. Milano ha messo a segno ad esempio un progresso dello 0,36%, Parigi dello 0,69%, Francoforte dello 0,44%. Al contrario Wall Street, dopo aver viaggiato col segno più per gran parte della giornata grazie al dato del Pil a stelle e strisce, si è riportata in territorio negativo nella seconda parte della seduta per poi chiudere piatta (-0,07% l’S&P 500).
I dubbi degli operatori sul Pil
I motivi per essere cautamente ottimisti ieri sono arrivati dall’economia d’Oltreoceano. I dati del Pil diffusi nel primo pomeriggio hanno mostrato una crescita sopra le attese nel terzo trimestre (+2% contro il +1,8% delle stime e il +1,3% dei tre mesi precedenti). Abbastanza perchè gli indici azionari di Wall Street aprissero in positivo sull’onda dell’entusiasmo e quelli europei, tradizionalmente al traino, abbandonassero il terreno negativo in cui si erano trovati fino a quel momento. La spinta propulsiva ha avuto però vita breve. O meglio, è servita per dare ossigeno al Vecchio Continente fino alla chiusura. Ma non per spingere prepotentemente l’America fino alla fine. Anche perchè, nel frattempo, le sale operative hanno dovuto fare i conti con i numeri dell’Università del Michigan. Che hanno messo in luce come la fiducia dei consumatori americani sia inferiore alle stime, nonostante risulti ai massimi da settembre 2007.
A sentire i gestori, l’entusiasmo per le notizie sul prodotto interno è andato scemando man mano che la lettura dei dati si faceva più approfondita. «I dati sul Pil sono migliori delle previsioni, è vero, ma non "così migliori" come si vorrebbe», segnalava ieri il capo di un grande fondo azionario italiano. L’economia Usa cresce, ma meno del 4,3% stimato dopo il varo degli stimoli monetari. Non solo: l’economia è migliorata più per il boom della spesa governativa, salita del 3,7% (il balzo maggiore da metà 2009), e non per la spesa per i consumi, salita solo del 2% contro il +1,5% precedente. Troppo poco per credere che il progresso economico americano possa essere davvero duraturo.
I dati trimestrali negativi
Dopo l’iniziale euforia, l’attenzione dei mercati si è così nuovamente concentrata sui deboli dati trimestrali. E, anche in questo caso, c’era ben poco da festeggiare. Apple e Amazon nella serata di giovedì hanno infatti mancato le attese degli analisti, accentuando ulteriormente il clima di pessimismo che sta accompagnando questa stagione di conti societari. Perchè gli utili della Corporate America nell’ultimo trimestre fino ad oggi si sono rivelati i più deboli degli ultimi tre anni. Da McDonald’s a General Electric passando per Google, 3M, Dupont o Microsoft, tutti i maggiori colossi hanno deluso le stime degli analisti, mettendo in luce ricavi o profitti inferiori alle previsioni. L’effetto? Un indice S&P che è caduto ai minimi dallo scorso settembre e che ha cancellato i rialzi messi a segno a partire dal terzo round del quantitative easing della Fed.
In Europa non sta andando molto meglio. Proprio nel corso dell’ultima settimana Schneider Electric, tradizionale spia dello stato di salute francese, e Daimler, produttore automobilistico tedesco, hanno tagliato le loro previsioni per l’anno in corso. Stesse attese al ribasso o conti magri anche per Ericsson, Renault, Saint Gobain e Publicis.Di fronte a uno scenario poco entusiasmante, gli investitori non se la sono sentita di abbandonare i beni rifugio, a conferma dell’ancora diffusa avversione per il rischio sul mercato. I rendimenti dei titoli governativi (che si muovono in maniera inversa rispetto ai prezzi) dei Bund tedeschi sono scesi in giornata a quota 1,52% (dall’apertura di 1,56%), quelli dei titoli americani hanno perso cinque centesimi, a 1,76%.
Spread in rialzo
Ad archiviare la seduta nel segno della debolezza sono stati anche i titoli di Stato periferici. Nonostante le aste di oggi sui titoli italiani siano andate bene - con il rendimento del Ctz sceso ai minimi da marzo scorso (al 2,39%, in calo di 13 punti) e quattro miliardi collocati (il massimo previsto) - lo spread a 10 anni italiano e quello spagnolo sono saliti rispettivamente a 336 e 405 punti base. A poco è servito sapere che la bad bank spagnola sarà pronta già dal primo dicembre, come annunciato ieri dalla Commissione europea e dalla Bce. Qualche peso in più, in negativo, devono averlo avuto le parole le parole del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, secondo cui «ancora molte cose non sono decise» su come aiutare a restare nell’euro. Parole sibilline, che molti hanno voluto attribuire alla Grecia, per cui sarà convocata mercoledì prossimo una riunione in teleconferenza dell’Eurogruppo.