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 2012  ottobre 28 Domenica calendario

DEFICIT USA, I TRUCCHI DEI CANDIDATI

Gli Stati Uniti sono famosi per la loro capacità di innovare. Ecco perché gli aspiranti rigoristi di ogni parte del mondo potrebbero essere interessati a imparare quattro giochi di prestigio che i politici americani usano quando promettono di tagliare le tasse riducendo al tempo stesso il deficit di bilancio.
Sono promesse difficili da mantenere, per la semplice ragione che un deficit di bilancio è dato dalla spesa pubblica sottratte le entrate fiscali. Ma tutti e quattro questi trucchi sono stati affinati nel corso di trent’anni. I coloriti nomi che li contraddistinguono risalgono infatti ai primi anni della presidenza Reagan: l’"asterisco magico", lo "scenario roseo", la teoria di Laffer e lo scenario "affama la bestia".
Il primo, l’asterisco magico, fu coniato dal responsabile del bilancio dell’amministrazione Reagan, David Stockman. In origine fu un atto di disperazione, perché le cifre del piano di bilancio del 1981 non tornavano. «Ci inventammo "l’asterisco magico"», scriveva nel 1986 Stockman nel suo libro Il prezzo della politica: perché è fallita la rivoluzione economica di Reagan. «Se non riuscivamo a individuare in tempo i risparmi da fare - e non ci riuscivamo - emettevamo un "pagherò". Lo chiamavamo: "Risparmi futuri da individuare"».
Da allora l’asterisco magico è diventato uno strumento di largo utilizzo in America. Fra gli esempi più recenti, la raccomandazione della commissione Simpson-Bowles di tagliare la spesa reale per un ammontare specificato senza dire dove apportare i tagli. Lo stesso gioco di prestigio lo ritroviamo nei piani di spesa del candidato repubblicano alla Casa Bianca, Mitt Romney. E lo stesso dicasi per il suo piano di eliminare spese deducibili per compensare i 5mila miliardi di dollari di entrate in meno, originati dalla riduzione delle aliquote fiscali del 20 per cento, senza però svelare quali scappatoie fiscali intende rimuovere.
Con l’avvicinarsi delle elezioni un candidato è costretto a essere più specifico nelle sue proposte, ed ecco allora che il prestigiatore tira fuori la carta dello "scenario roseo": non trovando spese deducibili a sufficienza da eliminare, afferma che quando parlava di colmare il buco nelle entrate voleva dire che gli introiti mancanti saranno garantiti da una crescita più robusta. Qui va riconosciuto a Murray Weidenbaum, primo presidente del Consiglio dei consulenti economici di Reagan, il merito di aver inventato quello che ha definito «il mio lascito più duraturo». Nei suoi primi anni, l’amministrazione Reagan fece previsioni di crescita del 5 per cento (il doppio della media di lungo periodo) allo scopo di includere nelle proiezioni un incremento delle entrate sufficientemente consistente da compensare le numerose iniziative di riduzione delle tasse. Da allora, candidati di tutti e due gli schieramenti hanno fatto affidamento sulla tattica dello scenario roseo. Anzi, su 33 Paesi esaminati si vede che le previsioni di crescita ufficiali eccessivamente fiduciose, che contribuiscono a produrre previsioni di bilancio eccessivamente ottimistiche, sono un elemento ricorrente in modo quasi sistematico. Particolarmente disinvolti in questo senso sono i Paesi europei: dal 1991 al 2010, per esempio, le previsioni sul tasso di crescita in un arco di tre anni in Italia sono state più alte mediamente di 2,3 punti percentuali rispetto ai risultati effettivamente ottenuti.
Ed ecco che entra la scena la famosa teoria di Laffer, cioè la tesi, identificata con l’economista Arthur Laffer e l’economia dell’offerta, secondo cui le riduzioni delle tasse sono come il fagiolo magico della favola: stimolano la crescita economica a tal punto che gli introiti fiscali complessivi aumentano invece di diminuire. Si fa fatica a credere che gli uomini di Romney possano spingersi fino a rispolverare un trucco talmente screditato. Dopo tutto due dei suoi maggiori consulenti economici, Glenn Hubbard e Greg Mankiw, hanno scritto manuali in cui sostengono che la teoria di Laffer è sbagliata. Il libro di Mankiw, nella sua prima edizione, arrivava addirittura a definire "ciarlatani" i sostenitori di questa tesi. Ogni candidato del Partito repubblicano alla presidenza, da Reagan in poi, ha avuto consulenti economici in gamba, che ripudiavano la teoria di Laffer. Eppure è successo spesso che il presidente (o l’aspirante tale), il suo vicepresidente (o l’aspirante tale) e i suoi collaboratori politici sostenessero questa tesi priva di fondamento. E sono loro che decidono le politiche, non i professori di economia. Hubbard e Mankiw erano i consulenti dell’ex presidente George W. Bush durante il suo primo mandato, quando tagliò le tasse e trasformò un’eccedenza di bilancio record in un disavanzo record.
L’ultimo trucco, "affama la bestia", di solito viene più tardi, se e quando il presidente ha messo in atto le sue riduzioni delle tasse scoprendo che fumo e specchi non sono in grado di sconfiggere la realtà. Non riesce a trovare abbastanza spese da tagliare (l’asterisco magico è sparito nella manica del prestigiatore), l’accelerazione del Pil non si vede (e tanti saluti allo scenario roseo) e gli introiti fiscali non sono aumentati (dal cappello di Laffer non è uscito fuori nessun coniglio). A questo punto l’artista spiega che il deficit è tutta colpa del Congresso che non ha tagliato le spese e che l’unico modo per imbrigliare la bestia è far aumentare il disavanzo, perché «il Congresso non può spendere denaro che non ha». Ma neanche questo trucco funziona, naturalmente: il Congresso in realtà può spendere denaro che non ha, specialmente se il presidente, zitto zitto, gli ha mandato delle leggi di finanziarie che invocano esattamente questo. Quando la folla si rende conto di essere stata raggirata, il mago ha già eseguito il gioco di prestigio più grande di tutti: per l’ennesima volta il pubblico esce dal teatro con il deficit più grosso di prima.
(Traduzione di Fabio Galimberti)