Vittorio Carlini, Il Sole 24 Ore 28/10/2012, 28 ottobre 2012
ECCO TUTTI GLI EFFETTI DISTORSIVI DELLA NUOVA TASSA
La Tobin Tax? Nell’impostazione di fondo è giusta. Un po’ come dei granelli di sabbia gettati negli ingranaggi di una finanza ipertrofica. E tuttavia: o è realmente globale, qui e adesso, oppure non «è». Soprattutto, nella concreta applicazione. In caso contrario, distorsioni e paradossi spuntano come funghi.
La spread denaro-lettera
Già, distorsioni. In molti hanno rilevato l’incongruenza, con la proposta di legge attuale, della non tassazione degli scambi estero su estero di titoli italiani. Per non parlare, poi, del rischio di delocalizzazione dell’industria finanziaria nazionale. O dell’eccessiva presunta penalizzazione sui derivati.
Sussistono però anche altri problemi. I quali possono concretizzarsi senza dover richiamare la «potenza» della City di Londra (al di fuori dell’imposta). Un esempio? Il fronte della liquidità. Qui, infatti, sono a portata di mano le dark pool. Cioè, quelle piattaforme poco trasparenti dove, in alcuni casi, può ritardarsi di ben due giorni l’informazione su una compravendita.
Borse «oscure» insomma che, a fronte della nuova tassa, attrarranno nuovi scambi. Il tutto a danno dei mercati tradizionali. Questi ultimi, il cui calo dei volumi è già direttamente indotto dalla nuova imposta (a Piazza Affari è stimato sul 30%), rischiano di vedere «evaporare» parte della liquidità. La conseguenza? Essenzialmente una: la differenza tra proposte di acquisto e di vendita si allargherà. Il signor Rossi, oltre alla nuova tassa di bollo, dovrà pagare anche il più alto spread tra denaro e lettera. Una soluzione? Per la Consob può pensarsi a tassazioni differenziate in funzione del grado di regolamentazione del mercato in cui avviene lo scambio.
Arbitraggi e trading venues
Ma non è solamente una questione di book di negoziazione. Un altro effetto riguarda gli Mtf. Cioè, le piattaforme alternative regolamentate che, ormai, valgono oltre il 30% dei volumi nell’Ue. Ebbene, su queste trading venue vengono scambiati molti titoli quotati a Piazza Affari. Azioni il cui prezzo, in linea di massima, è uguale tra i diversi mercati grazie agli arbitraggisti. Sono loro, infatti, a chiudere gli spread denaro-lettera tra le diverse piattaforme. Sicché, a fronte del fatto che questi operatori potranno essere colpiti dalla Tobin Tax, non è fantasia ipotizzare una riduzione della loro azione. Il risultato possibile? Semplice: da un lato, i prezzi della stessa società sui vari Mtf non saranno più subito allineati; dall’altro, l’imposta di bollo da pagare sul medesimo titolo, e nello stesso momento, potrebbe variare da Mtf a Mtf. Certo, la differenza potrà «resistere» per poco tempo. Inoltre, la best esecution dinamica dovrebbe indurre il broker verso la piattaforma meno costosa. E tuttavia l’ipotesi, forse plausibile fiscalmente, può dare vita a distorsioni sul mercato.
Alcune strumenti in soffitta
Dagli Mtf ai derivati. Un altro effetto della Tobin Tax è il venir meno dell’economicità di alcuni prodotti. Tra questi: le opzioni d’acquisto il cui prezzo d’esercizio è molto superiore al valore del sottostante.
Si ipotizzi, così, il sottostante: il Ftse Mib a 16.000 punti. Poi, la call sull’indice con un prezzo d’esercizio a 20.000 punti e una sua quotazione di 250 euro. Ebbene, il nozionale su cui calcolare l’imposta è 50.000 euro. Cioè: 20.000 punti x 2,5 (un punto vale 2,5 euro). Di conseguenza, quando il signor Rossi compra la call deve sborsare 12,5 euro (50.000 x 0,025%). Poi, quando la vende, deve tirare fuori altri 12,5 euro. Alla fine, la tassa è 25 euro, cioè il 10% di 250. Il signor Rossi penserà: la call è anti-economica; ha poco senso.
Già, il senso. Tra gli operatori sono molti quelli che faticano a trovarlo nella sanzione della nullità (di fronte al mancato pagamento della tassa) voluta dal legislatore. Soprattutto, nei mercati telematici. In primis, seppure non c’è l’unanimità, va sottolineato che per molti giuristi si tratta di nullità assoluta. Cioè, può essere fatta valere dai contraenti o dall’erario nei confronti dell’investitore-evasore. Quest’ultimo, è l’ipotesi più sensata, potrebbe essere individuato attraverso un’attività di reporting del broker che, peraltro, è il sostituto d’imposta. Ciò detto, però, non si capisce quale ne sia l’utilità concreta. In Borsa, infatti, vige la Settlement finality: cioè, la "definitività" della liquidazione giornaliera sulle operazioni.
La nullità quindi, (e non potrebbe essere differente) non ha effetti concreti sulle transazioni. Evidentemente, è stata pensata per operazioni su società non quotate. Ma, se così è, allora era meglio scriverla in maniera più chiara.