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 2012  ottobre 28 Domenica calendario

A ME GLI OCCHI, ANZI L’AMIGDALA

Al congresso annuale della Società per le Neuroscienze, il più importante del settore, tenutosi nei giorni scorsi a New Orleans, la neuropsicologa Katalin Gothard, dell’Università dell’Arizona, ha annunciato una curiosa e interessante scoperta. Nel cervello del macaco esistono alcuni neuroni che si attivano specificamente quando la scimmia guarda fissamente negli occhi un’altra scimmia. Non a caso, la regione cerebrale nella quale risiedono questi neuroni, specificamente attivati dallo sguardo-nello-sguardo, è l’amigdala, cioè una formazione vagamente assomigliante ad una mandorla, già ben nota come centro nervoso principale delle emozioni.

Il delicato esperimento eseguito dalla Gothard e dai suoi collaboratori Clayton Mosher e Prisca Zimmerman, in sintesi, consiste nell’inserire minuscoli elettrodi (ben più sottili di un capello) in un certo numero di neuroni e registrare l’attività di tali neuroni, quando il macaco osserva varie situazioni. In particolare, veniva presentato su uno schermo un filmato di un altro macaco che a tratti guardava fisso, da molto vicino, la telecamera. Il soggetto sperimentale aveva ogni motivo di ritenersi personalmente fissato, appunto, sguardo-nello-sguardo.
Si è osservato che esistono, nell’amigdala, dei neuroni definiti «neuroni occhio» (eye neurons), sensibili alla direzione dello sguardo e ai movimenti oculari di un «conspecifico», inclusa la momentanea dilatazione delle pupille. Dato che, ovviamente, gli occhi sono il veicolo principale per comunicare intenzioni e atteggiamenti verso gli altri, non era inatteso che circa il 15 per cento di tutti i neuroni sondati dalla Gothard nell’amigdala (circa 150 in tutto) siano specializzati nel registrare le informazioni contenute nello sguardo.
Atteggiamenti aggressivi, neutrali o amichevoli vengono registrati da questi neuroni. Taluni sono attivati da questi diversi tipi di informazione, mentre l’attività di altri neuroni viene soppressa. Ebbene, quattro di questi neuroni occhio sono unicamente sensibili allo sguardo-nello-sguardo. Mandano impulsi solo quando la scimmia fissa lo sguardo della scimmia che fissa la telecamera. Un’immagine statica del volto non eccita questi neuroni. È molto plausibile che tali neuroni esistano anche negli esseri umani, data la similitudine tra noi e le altre specie di primati.
Chiedo a Gothard quanti neuroni sguardo-nello-sguardo pensa siano presenti nel macaco. Mi risponde che le ricerche sono ancora in pieno svolgimento e che è plausibile esistano alcune centinaia di tali neuroni. Aggiunge una considerazione interessante: «Il numero di neuroni spesso non corrisponde all’importanza della loro funzione. Appena 600 neuroni nel ratto pilotano il ritmo della respirazione, una funzione di importanza capitale, mentre milioni di altri neuroni presiedono a funzioni molto meno vitali».
Le chiedo di parlarci un po’ dell’amigdala in generale: «È un centro cerebrale che svolge molte funzioni. Valuta il significato emotivo di tutti gli stimoli che l’organismo riceve e modula le funzioni di tutti gli organi interni che rispondono a stimoli altamente significativi. Segnalare il contatto attraverso lo sguardo è solo una di queste funzioni». I suoi studi sull’amigdala, in oltre dodici anni, hanno messo in luce le diverse specializzazioni dei diversi gruppi di neuroni. Già ben noti, in una diversa area del cervello, chiamata area fusiforme, e ben presenti in noi, sono dei neuroni specializzati nel riconoscimento dei volti. Un danno cerebrale a quest’area produce un deficit chiamato prosopoagnosia, i soggetti ci vedono benissimo, ma non possono riconoscere le persone dal loro volto, nemmeno i più stretti familiari.
Un’area vicina, ma distinta, presiede al riconoscimento delle emozioni espresse dal volto. La neuropsicologa olandese Beatrice De Gelder, alcuni anni orsono, ha rivelato un dato sorprendente. Quando l’area fusiforme deputata al riconoscimento di volti è colpita, ma l’area delle espressioni resta intatta, questi soggetti mostrano, senza rendersene conto, di saper ben individuare le espressioni in quei volti che, si noti bene, non riconoscono come volti. Il loro cervello individua paura, disgusto, gioia o ira in quello che a loro appare solo come una macchia ovale indistinta. Chiedo come si rapportino a questi neuroni del volto i neuroni da lei scoperti. «Sono tipi di neuroni assai simili tra di loro, sintonizzati dall’evoluzione delle specie per servire i comportamenti sociali. Ci riconosciamo l’un l’altro e stabiliamo delle relazioni. Tanto le cellule del volto (face cells) che quelle dello sguardo mostrano una selettività molto raffinata per il significato dello stimolo, per le emozioni manifestate dal volto e dallo sguardo».

Le chiedo se si possono prevedere applicazioni pratiche, in special modo cliniche e diagnostiche, di questa scoperta. «Occorrono ancora ulteriori ricerche, prima di trovare tali applicazioni, ma questi neuroni possono diventare il bersaglio privilegiato per terapie volte a migliorare dei deficit nella socialità, disturbi dello sviluppo che accompagnano sindromi psichiatriche, come l’autismo, la schizofrenia e l’ansia nella socializzazione». Sottolinea che tutti gli animali sociali hanno nel loro cervello dei neuroni sensibili ai volti, perfino le pecore e le api. Forse, aggiungo io, il ben noto fenomeno dello sguardo che ci segue, in certe foto e in certi dipinti, attiva nella nostra amigdala proprio i neuroni scoperti dalla Gothard. Non vogliamo farci, però, installare quegli elettrodi, seppur più sottili di un capello, per averne una conferma definitiva.
Massimo Piattelli Palmarini