Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  ottobre 28 Domenica calendario

LE AUTOIMMOLAZIONI DEI MONACI NON AIUTANO LA CAUSA DEL TIBET - È

come una cabala di sangue. Dal 2009 sono 60 i tibetani e le tibetane a essersi dati fuoco, 47 quest’anno, 5 nell’ultima settimana, 2 nella sola giornata di ieri. Quasi sempre succede in zone tibetane fuori dai confini della regione amministrativa del Tibet. I conti potrebbero anche essere imprecisi me è evidente che la questione delle autoimmolazioni ha assunto proporzioni che la pongono oltre la dialettica fra autorità cinesi e diaspora tibetana. In molti casi si ascoltano slogan a favore del ritorno del Dalai Lama e del «Tibet libero». Più significativo, piuttosto, che i fatti recenti si siano verificati ad Amchok (Amuquhu), dove le autorità di Pechino costruiscono un aeroporto contestato dalla popolazione locale perché vicino a una montagna sacra (i lavori, autorizzati nel 2009, erano stati temporaneamente sospesi nel 2010 per poi riprendere con una potenziata presenza militare). Un esempio delle modalità di sviluppo che la Cina dispiega per le sue aree depresse: ingenti investimenti che portano vantaggi materiali, anche se parziali e mal distribuiti, ma una sostanziale noncuranza per le sensibilità locali.
Il «governo in esilio» e il Dalai Lama, che non ha più ruoli politici tra gli esuli tibetani, hanno chiesto ai fedeli di interrompere un’estrema forma di protesta che ha causato la morte a una cinquantina delle persone che l’hanno attuata, benché ci sia «comprensione per le ragioni». La Cina ha replicato stanziando taglie per chi dia informazioni sulle «mani nere» dietro le immolazioni (25 mila euro) e per chi faccia sapere di azioni analoghe in preparazione (6 mila euro).
Al netto di tutto, sembrano restare sul campo tre dati di fatto. L’assoluta indifferenza della comunità internazionale. L’assoluta inutilità delle autoimmolazioni. L’assoluta incapacità (e/o mancanza di volontà) di Pechino di interpretare questa prolungata carneficina, interrogandosi in merito con credibile onestà intellettuale. E anche cambiando l’ordine degli addendi sulla base delle proprie simpatie, il risultato non cambia.
Marco Del Corona