Guido Olimpio, Corriere della Sera 28/10/2012, 28 ottobre 2012
I SILENZI E LA VITA NEL CAOS DELLA BABY SITTER PERFETTA DIVENTATA UN’ASSASSINA —
Yoselyn Ortega, 50 anni, usciva tutti i giorni alle 5.30 del mattino, si infilava nel metrò di New York e tornava nel tardo pomeriggio, giusto in tempo per la cena. Faceva da anni quella vita come migliaia di altri esseri umani per portare a casa uno stipendio. Però non bastava. E allora Yoselyn si arrangiava vendendo monili per pochi spiccioli oppure con un secondo lavoro. Fatica, sacrifici di una baby sitter dominicana diventata americana. Un’esistenza su un filo sottile che si è spezzato in modo traumatico: la donna ha ucciso in modo brutale i due bimbi che aveva sempre accudito con amore. Lulu, 6 anni, e Leo, di appena 2. Poi quando la mamma dei piccoli, Marina Krim, è rientrata nel bel palazzo nell’Upper West Side e ha scoperto il massacro, la baby sitter ha tentato il suicidio. Gravi le sue ferite. Questa è la fine del dramma. Ma non è ancora chiaro l’inizio.
Perché — si chiedono tutti — una persona in apparenza tranquilla, trattata in modo familiare dai Krim, ha compiuto lo scempio? Qualche risposta, parziale, emerge dai racconti dei parenti e degli amici di Yoselyn. Ne esce un profilo che a tratti ricorda quelli dei killer di massa. Insospettabili, fintanto che un evento non sconvolge le abitudini quotidiane oppure nella loro mente scatta qualcosa che li trasforma in assassini. «È uscita di testa — è la frase secca della sorella, Celia —. Da mesi non era più la stessa. Le avevamo consigliato di andare da uno psichiatra». Yoselyn, aggiungono altre testimonianze, aveva sgobbato per un decennio, cercando di dare una vita dignitosa a se stessa e al figlio. Una serie di lavori — compreso uno in fabbrica —, poi due anni fa l’assunzione come tata dai Krim. Famiglia benestante, felice e generosa. Infatti l’aiutano, la sostengono e compiono persino un viaggio tutti insieme a Santo Domingo dove incontrano i parenti della donna.
Con il suo salario, Yoselyn riesce finalmente ad affittarsi un appartamento nel Bronx. E ci mette del denaro per renderlo più accogliente. «A tutti diceva di aver coronato un piccolo grande sogno», aggiunge un vicino. Ma i sogni possono svanire quando meno te lo aspetti. Dopo qualche mese il proprietario rientra a New York e la mette alla porta. La donna torna a vivere con i parenti. Divide la casa con il figlio, la sorella e una nipote. Quel cambio improvviso ha probabilmente un brutto impatto. E le cose non vanno meglio quando una persona che le deve del denaro non si fa più trovare. Parlano di 100 dollari, una somma non ingente ma che per lei «sono tanto».
Yoselin si chiude in se stessa, diventa «un po’ troppo scontrosa». Tanto è vero che un’altra famiglia, su consiglio dei Krim, voleva assumerla per la sera ma rinuncia. Chi la conosce la descrive così ai reporter del New York Times: depressa, ansiosa, invecchiata, dimagrita in modo allarmante. L’opposto della donna espansiva e allegra di un anno prima. Stessa cosa affermano altre baby sitter che lavorano nei palazzi vicini: «Non dava confidenza, stava sulle sue, forse aveva dei problemi». C’erano dunque dei segnali di malessere ma non comportamenti che potessero far pensare a gesti criminali. E se i Krim le lasciavano in custodia i bambini vuol dire che non temevano sorprese. Ecco, oggi, accanto all’orrore per quei due piccoli trucidati, l’altro sentimento è la sorpresa. E sui media americani ci si interroga se ci si può fidare della «tata», su quanto siano sicure le agenzie che forniscono baby sitter. Yoselyn è stata reclutata direttamente senza passare per intermediari, è sempre stata «normale», poi è impazzita sotto il peso dello stress, di qualche cosa che si poteva forse solo intuire e magari non vedere.
Guido Olimpio