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 2012  ottobre 26 Venerdì calendario

I PARTITI BUTTANO LA LEGGE ANTI FIORITO

[La Commissione per gli Affari regionali boccia il decreto che taglia consiglieri locali e finanziamenti pubblici] –
Lui è finito in carcere e non potrà più approfittarne. Da ieri però possono brindare a ostriche e champagne tutti gli aspiranti Franco Fiorito.
La commissione bicamerale per gli affari regionali ha infatti bocciato sonoramente il decreto legge di Mario Monti che tagliava i costi della politica nelle Regioni e negli enti locali. Fra le norme contenute in quel decreto e ora cassate all’unanimità da tutti i gruppi politici di maggioranza e di opposizione c’erano infatti sia la riduzione dei consiglieri regionali che la diminuzione del trasferimento ai gruppi consiliari, dove i Fiorito sguazzavano senza controllo alcuno. La commissione bicamerale contesta a Monti un eccesso di potere in violazione dei principi del federalismo e dell’articolo V della Costituzione che li tutela, perché dovrebbero essere le Regioni e gli enti locali a prendere autonomamente le loro decisioni. Il decreto legge invece stabilisce tempi rapidissimi per tagliare i costi della politica e sanzioni severe (taglio dei trasferimenti statali) a chi non obbedisce. E assegna alla Corte dei Conti il controllo più dettagliato delle spese delle Regioni, compreso quello sui conti dei gruppi consiliari. Ieri dopo avere bocciato il decreto legge che fu adottato da Monti su richiesta espressa ed unanime dei presidenti delle stesse Regioni, che non erano sicuri di potere approvare misure così draconiane nei loro consigli, il relatore che ha scritto la bocciatura, il Pd Luciano Pizzetti, ha detto alle agenzie con diplomazia che la «commissione giudica apprezzabili le misure tese a determinare una riduzione dei costi della politica nelle regioni, ma ritiene insufficiente l’impianto complessivo del provvedimento e di non piena compatibilità con le prescrizioni del titolo V della Costituzione». In realtà il parere cita esplicitamente come problematiche le misure che tagliano i costi della politica e ritiene inaccettabile il controllo della Corte dei Conti sui vari Fiorito. Chissà mai che i magistrati contabili siano in grado di pizzicarne qualcuno prima che si intaschi indebitamente centinaia di migliaia di euro.
Anche il dibattito interno alla commissione si è centrato in gran parte su quel punto, nonostante l’ipocrisia successiva. Il resoconto sommario del dibattito (quello stenografico non è disponibile), racconta infatti tutt’altra verità. Proprio il Pd Pizzetti, relatore, dopo avere ottenuto il consenso dell’intera commissione sulla bocciatura del decreto Monti, si è lasciato andare: «Reputa», ha detto, «un grave errore assecondare, nelle sedi istituzionali, le istanze di un’opinione pubblica esacerbata e indignata dai recenti scandali promuovendo misure che stravolgono l’impianto complessivo della Costituzione. Ritiene inopportuno che tale disegno possa realizzarsi con il consenso della Conferenza Stato-Regioni. Sottolinea che il parere contrario al testo in esame vuole intendersi quale segnale forte a tutela degli stessi presidenti delle regioni che non appaiono in grado di salvaguardare le proprie prerogative costituzionalmente riconosciute. Esprime rammarico per la circostanza che si delinei ormai una frattura rispetto al disegno riformatore in senso federalista e rispetto allo stesso regionalismo costituzionale. Rileva che l’attuazione 42 del 2009 sul federalismo fiscale in materia di costi della legge n. standard avrebbe certamente corretto la dinamica economica in deficit delle autonomie territoriali molto più efficacemente rispetto alle previsioni recate dal testo in esame, che appaiono meramente punitive nei confronti di regioni ed enti locali».
Parole non troppo diverse quelle espresse dal leghista Gianvittore Vaccari: «Sostiene», afferma il resoconto sommario, «che diversi provvedimenti sono già intervenuti in materia di riduzione dei costi della politica relativamente alle autonomie territoriali e che il testo in esame rischia di comprimere eccessivamente i margini di autonomia delle regioni e degli enti locali (…) Avanza, altresì, rilievi critici in ordine all’operato di un Governo tecnico che dovrebbe intervenire, quale priorità dell’agenda di governo, sulla grave crisi economica e non invece su profili istituzionali e sull’assetto della Repubblica, che afferiscono a questioni politiche particolarmente delicate».