Federico Fubini, Corriere della Sera 27/10/2012, 27 ottobre 2012
WALL STREET SI MUOVE CON ROMNEY L’OCCHIO E’ PERO’ AL VERTICE DELLA FED
L’ultimo mese dello S&P500, il grande indice azionario americano, si presenta come un andamento ondivago con due picchi e successive ricadute. È la forma dello strano rapporto attuale fra politica, elezioni, finanza e banche centrali in America (e non solo). Il primo picco coincide con il giorno del primo dibattito presidenziale fra Barack Obama e Mitt Romney. Il repubblicano vince, balza nei sondaggi e l’indice di Borsa scivola. Una settimana dopo lo S&P500 cambia di nuovo direzione e risale non appena il vicepresidente Joe Biden si scontra con Paul Ryan, vice di Romney, e ridà vita alla campagna di Obama. Quindi nuovo picco e ricaduta a partire dal 17 ottobre, subito dopo il secondo dibattito; Obama stavolta è più aggressivo, ma Romney si conferma competitivo. Il declino dura fino al terzo incontro fra i due, quando la Borsa festeggia con un rimbalzino l’apparente predominio del presidente.
Si direbbe che gli investitori di Wall Street stiano tifando per il candidato democratico contro il repubblicano e questa in effetti è un’anomalia. Di solito succede il contrario, perché il partito conservatore promette al mondo degli affari meno tasse e mani più libere. Ma stavolta i comportamenti di Wall Street non hanno molto a che fare con i giudizi degli operatori sui programmi di Obama e Romney o le loro personalità. Tutti pensano alla Federal Reserve. Il secondo mandato del presidente Ben Bernanke scade a gennaio 2014 ma lui ha già segnalato che non vuole un rinnovo, dunque a giugno la Casa Bianca dovrà trovargli un successore. In cima alla lista di Obama c’è l’attuale segretario al Tesoro Tim Geithner, poi la vicepresidente della Fed Janet Yellen e Larry Summers: tutti disposti a continuare le politiche di forte stimolo di Bernanke. Romney invece pensa all’economista John Taylor, apertamente critico della scelta attuale di stampare sempre nuovi dollari a centinaia di miliardi. Così Wall Street in campagna elettorale tradisce la sua dipendenza estrema dall’ossigeno della Fed. E finanziando (anche) Obama, spera di garantirsene parecchio per altri quattro anni.
Federico Fubini