Mario Sensini, Corriere della Sera 27/10/2012, 27 ottobre 2012
TAGLI ALLA POLITICA, LA CARICA DEI 700 EMENDAMENTI —
Il decreto che taglia i costi della politica negli enti locali, e che fino a ieri sembrava vacillare sotto i colpi degli emendamenti e dei pareri delle Commissioni di merito, resta in piedi e, anzi, sembra rafforzarsi. Dopo il no della Bicamerale per gli Affari regionali, e mentre dai gruppi pioveva una valanga di proposte di modifica, oltre 700, ci hanno pensato i due relatori di maggioranza con una decina di emendamenti, probabilmente già concordati con il governo, a rimettere in pista le sorti del provvedimento.
Innanzitutto con un nuovo sistema di controlli sulle spese. L’esame preventivo della Corte dei conti su tutti gli atti di spesa, che secondo gli amministratori locali avrebbe di fatto paralizzato ogni attività, e, secondo altri, leso le prerogative costituzionali di Regioni, Province e Comuni, è caduto. Secondo l’emendamento firmato dai relatori, Chiara Moroni (Fli) per la commissione Affari Costituzionali, e Pierangelo Ferrari (Pd) per la Bilancio, la Corte sarà coinvolta solo nell’esame del bilancio preventivo e del rendiconto consuntivo delle amministrazioni locali e potrà anche bloccare spese non coperte, e anche il Tesoro avrà maggiori poteri di intervento di fronte a situazioni di squilibrio finanziario.
Un altro emendamento rovescia sui politici il costo del mancato adeguamento alle nuove norme che prevedono la riduzione delle indennità, dei vitalizi e dei finanziamento dei gruppi politici, che altrimenti sarebbero caduti, beffardamente, sui cittadini loro elettori. Per le Regioni, in caso di mancato adeguamento alle regole sarebbe scattato un taglio del 5% dei trasferimenti dello Stato legati al finanziamento della sanità, e fino all’80% sui fondi destinati alle altre spese. Con l’emendamento, invece, la sanzione scatterà nei confronti degli amministratori.
Se entro il 20 dicembre prossimo i consiglieri e gli assessori regionali non avranno dato attuazione alla legge, per loro scatterà automaticamente una riduzione del 50% delle indennità. Fino al momento in cui la Regione non si sarà adeguata. In più i nuovi emendamenti intervengono in modo drastico sugli assegni di fine mandato, la «liquidazione» dei consiglieri, che non potrà superare le cinque mensilità per ogni consiliatura. E viene imposta la gratuità della partecipazione dei consiglieri regionali alle Commissioni Speciali (il decreto parlava solo delle Commissioni Permanenti).
«È profondamente sbagliato pensare che il Parlamento stia facendo un’operazione di svuotamento del decreto sui costi della politica negli enti locali. È vero il contrario: lavoriamo su ipotesi molto più rigorose» dice Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera, mentre secondo Gianclaudio Bressa, capogruppo del partito in commissione Affari Costituzionali, «gli emendamenti concordati dalla maggioranza determinano un risultato che restituisce credibilità alla politica».
Se il cammino del decreto sugli enti locali appare oggi un po’ più chiaro, resta invece molta confusione sulla legge di Stabilità. Gli emendamenti dei relatori da concordare con il governo arriveranno solo martedì sera. E nel frattempo le commissioni di merito si stanno letteralmente scatenando. Dopo i no alla retroattività della manovra sulle detrazioni, alle 24 ore settimanali per i professori, ai tagli al fondo sanitario, ieri è arrivato anche il veto della commissione Ambiente sull’opzione "Cieli Bui", cioè i risparmi da conseguire con lo spegnimento di parte dell’illuminazione pubblica. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, sostiene che alla fine la legge votata sarà «molto diversa» da quella presentata. Anche se a Palazzo Chigi ribadiscono che l’impalcatura della legge non sarà stravolta.
Mario Sensini