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 2012  ottobre 26 Venerdì calendario

RISERVE AUREE, LE BANCHE CENTRALI TORNANO A VENDERE

Le banche centrali tornano a vendere oro. In settembre, per la prima volta da un anno, le riserve auree sono nel complesso diminuite, nonostante il Brasile abbia scelto proprio il mese scorso per effettuare un acquisto che gli analisti considerano molto significativo, non tanto per la quantità (1,7 tonnellate), quanto perché si tratta del primo da dicembre 2008 e potrebbe segnalare l’avvio di una strategia di diversificazione delle riserve da parte delle autorità monetarie di Brasilia.
Le statistiche del Fondo monetario internazionale (Fmi) hanno evidenziato vendite per 4,5 tonnellate di oro, effettuate soprattutto da Russia e Bielorussia, oltre che, in misura minore, da Kazakhstan, Repubblica Ceca e Messico. Il Venezuela ha inoltre comunicato, in ritardo, che durante il mese di agosto aveva ceduto 3,7 tonn. di lingotti: la terza riduzione da quando, nell’agosto 2011, il presidente Hugo Chàvez aveva annunciato il rimpatrio delle riserve auree del Paese.
Il mese scorso, oltre al Brasile, hanno fatto piccoli acquisti anche l’Ucraina (+0,3 tonn) e le Filippine (+0,1). La Turchia ha inoltre segnalato che le sue riserve sono salite di 6,8 tonn, ma secondo gli analisti il dato non è rilevante in quanto Ankara ha permesso alle banca centrale di accettare oro come collaterale dagli istituti commerciali e la variazione probabilmente non dipende da acquisti sul mercato.
Un solo mese non basta a segnare una vera e propria inversione di tendenza. Se davvero le banche centrali stessero perdendo interesse per l’oro, tuttavia, si tratterebbe di un potente segnale ribassista per il mercato. Tra le cause principali del rally degli ultimi anni c’erano stati proprio i crescenti acquisti da parte di Paesi emergenti, ansiosi di diversificare le riserve. Nel 2010, per la prima volta dopo oltre vent’anni, il settore ufficiale era diventato acquirente netto di oro e nel 2011 l’incremento delle riserve auree mondiali è stato di 430 tonn, il più grande dal 1964. La tendenza si è confermata nel primo semestre 2012, con un bilancio netto positivo per 254,2 tonnellate.
Il mercato dell’oro ha reagito con cautela alle statistiche dell’Fmi, così come alle notizie in arrivo dal Sudafrica, dove gli scioperi nelle miniere d’oro sembrano avviarsi al termine. Il metallo resta comunque relativamente debole: dopo la discesa sotto 1.700 $/oz di mercoledì, ai minimi da inizio settembre, ieri c’è stato solo un modesto recupero, verso quota 1.710 $.
La strategia del bastone e della carota sembra aver funzionato in Sudafrica. Dopo i licenziamenti di massa da parte di alcune minerarie (che stanno già trattando possibili riassunzioni), il sindacato Num ha annunciato il raggiungimento di un accordo per ulteriori aumenti salariali nel settore aurifero, nonostante il prossimo rinnovo contrattuale fosse nel 2013. Gli stipendi dei minatori saliranno tra il 3 e l’11% e verrà eliminata la qualifica più bassa.
Gran parte dei dipendenti della miniera Kusalethu di Harmony Gold ieri si sono ripresentati al lavoro, allo scadere dell’ultimatum dell’azienda. Gli scioperi nelle tre miniere di Gold Fields sono terminati e anche AngloGold Ashanti – dopo l’avvio di 12mila pratiche di licenziamento – ha potuto riprendere in parte l’attività. «Molte operazioni si sono stabilizzate e abbiamo speranze che questo trend continui», ha commentato Elize Strydom, della Camera delle miniere. Ancora più ottimista Lesiba Seshoka, portavoce del Num: «Entro la fine della settimana ci aspettiamo che tutti i lavoratori del settore aurifero siano rientrati».
Resta invece in gravi difficoltà Anglo American Platinum (Amplats): 20.500 lavoratori continuano gli scioperi illegali nelle miniere Union e Amandelbult. La società, che finora ha perso 138.300 once di platino, ha ridotto il target di produzione 2012 da 2,4-2,5 a 2,2-2,4 milioni di once e avvertito che il mercato – nonostante i consumi bassi – rischia di finire in deficit di offerta.
Pesanti anche le conseguenze per il Sudafrica. Il ministero delle Finanze ha stimato che l’economia abbia perso 1,1 miliardi di $ e tagliato le stime di crescita per quest’anno dal 2,7 al 2,5 per cento.