Alberto Statera, il Venerdì 26/10/2012, 26 ottobre 2012
SCANDALI, FEDERALISMO E MAGGIORITARIO. CON UN TUFFO FINISCE LA SECONDA REPUBBLICA
ROMA. I miti purificatori, la narrazione del tempo favoloso che sarebbe venuto dopo Tangentopoli, si sono tramutati in miti ingannatori inghiottiti da un ventennio di Berlusco-Bossismo, con i suoi eroi che hanno rivelato il volto autentico del loro brigantaggio. Il federalismo, il sistema elettorale maggioritario con la leadership carismatica, l’asserita, ma poco praticata religione del neoliberismo che avrebbe portato l’Italia sulla retta via perché mai più fosse l’angolo più corrotto del mondo occidentale, si sono rivelati un pasticcio nauseabondo, un vino al metanolo. Veleni che hanno demolito la presunta Seconda Repubblica.
"Ho visto nascere la Prima Repubblica e forse anche la Seconda" ha detto un vecchio maestro di aforismi come Giulio Andreotti, "mi auguro di vedere la Terza". Ma se c’è un’altra Repubblica nascitura, i geni del concepimento già appaiono alquanto malaticci. Come se fossero il progetto di un ritorno al passato, una numerazione che indietreggia verso il peggio della Prima Repubblica. Non basterà, se non si vuole creare un altro mito, quello della Terza Repubblica, liberarci dai Batman, dai Robin, dai Celesti e dai Pisciaturi, icone viventi di un degrado che persino i capiclan della ’ndrangheta usano spesso a loro piacimento, ma disprezzano: "’Sti politici di merda, piccoli e grandi, sono uno peggio dell’altro".
Un piccolo compendio dei presunti miti purificatori e dell’incedere dei nuovi, è forse sufficiente a spiegare perché la peste dell’ultimo
ventennio, fatta soprattutto di corruttela, ruberie e impunità, non sembra preannunciare "magnifiche sorti e progressive " della nostra "umana gente", se non si farà di più, molto di più sul piano istituzionale per modernizzare veramente il Paese.
SBORNIA AL METANOLO.
Il federalismo era la medicina di tutti i mali per la Lega di Bossi che ne aveva fatto la sua bandiera assurgendo con Berlusconi a forza di governo. Ma anche per un centrosinistra all’inseguimento, colpito dalla compulsione di accettarlo in modo acritico. E che, nel 2001, approvò in fretta e male nell’ultima settimana di legislatura la riforma del titolo V della Costituzione. Giuliano Amato, che era presidente del Consiglio, ne disconosce la paternità, affermando che non riuscì a bloccare la maggioranza di centrosinistra, ormai politicamente guidata dal candidato premier (Francesco Rutelli), alla vigilia delle elezioni che, per la seconda volta, portarono invece Berlusconi a Palazzo Chigi con la Lega che il centrosinistra aveva cercato invano di ingraziarsi. Si ampliarono molto le competenze regionali con quella riforma. Finita - dice Amato - in una vera e propria "ubris appropriativa nella gestione dei mezzi finanziari". Che, tradotto in italiano, significa negli sprechi e nelle ruberie che stanno emergendo quotidianamente, creando per di più "esperienze labirintiche" per tutti i cittadini. Ora il governo "strano" dei tecnici, che talvolta è sembrato composto da alcuni apprendisti stregoni, cerca di restituire allo Stato il controllo sulla spesa e la preminenza su molte competenze, come i rapporti internazionali, i porti, gli aeroporti, l’energia, il turismo e quant’altro.
Strilla Roberto Maroni che solo il fascismo centralista avrebbe osato fare una cosa del genere. E persino Roberto Formigoni, che della Regione Lombardia ha fatto un sultanato percorso da ladri e mafiosi, grida allo scandalo con quella che Gianfranco Fini ha definito una "faccia di bronzo". Lui è l’uomo che ha fatto erigere a suo eterno memento il nuovo grattacielo regionale, ormai definito il Formigone e costato 400 o forse 500 milioni. Ma soprattutto ha creato un mostro che ingoia ogni anno miliardi e miliardi di euro pubblici, trasformando la salute dei cittadini, pur tra qualche isola di eccellenza medica, in una macchina da soldi, in una vacca da mungere senza ritegno, un’immensa mangiatoia al servizio di politici, imprenditori privati senza scrupoli, faccendieri, bancarottieri e lestofanti di ogni genere. Il celebrato modello lombardo, che il Celeste chiama "federalismo sanitario", stabilì la parità tra ospedali pubblici e privati, che con l’erogazione di 7-8 miliardi l’anno a piè di lista e senza controlli ha favorito la nascita di colossi sanitari come il San Raffaele di don Verzé, il prete che sembrava un gangster, franato sotto un miliardo e mezzo di debiti, e la Fondazione Maugeri, snodo di tangenti e fondi neri, solo per citare i casi più noti.
Ed ecco un altro esempio - dal grande al piccolo, ma significativo - del federalismo all’italiana, per la serie "labirintica": nei primi sette mesi di quest’anno, le immatricolazioni di autoveicoli in Alto Adige sono aumentate del 575 per cento rispetto al 2011. Cos’è successo? Tutti gli altoatesini hanno forse messo in soffitta ciaspole e biciclette per andare in montagna a quattro ruote a bordo di lussuosi Suv? No, semplicemente le province autonome altoatesine non hanno aumentato l’imposta di trascrizione decisa dal governo centrale, per cui i titolari di grandi flotte, come ad esempio la Hertz, hanno lasciato il resto d’Italia per trasferirsi sui monti, portandovi decine e decine di milioni, visto che l’immatricolazione di un’auto in leasing costa 456 euro a Milano e 151 a Bolzano. Naturalmente, l’autonomia speciale dell’Alto Adige risale a ragioni geopolitiche antiche e non alla più recente ubriacatura di federalismo, ma è paradigmatica dell’impotenza dello Stato che spesso si produce anche in materia economico-finanziaria o di protezione del territorio. Per fare un altro esempio, le regole per ottenere un permesso di costruzione sono un guazzabuglio inestricabile, variano da regione a regione, mentre negli Stati veramente federali molte materie sono di competenza esclusiva dello Stato centrale.
Che la ri-riforma del titolo V del governo Monti passi in Parlamento entro la legislatura è una scommessa di esito incerto. Figurarsi se le Regioni si faranno facilmente ridurre a dodici macroregioni e se si potranno disboscare i quasi tremila Comuni sotto i 15 mila abitanti. Ma il federalismo ha ormai smarrito il suo mitico fascino. Il karma leghista secondo cui i cittadini avrebbero potuto controllare più da vicino i loro eletti sul territorio si è rivelato una pura mistificazione. Speriamo non sia "all’italiana" anche il mezzo federalismo più "sobrio " che sembra incedere.
BATMAN, PISCIATURU E I CAMPIONI DI PREFERENZE
Er Batman e Pisciaturu, ovvero Franco Fiorito e Domenico Zambetti, protagonisti dell’ubris appropriativa a Roma e a Milano, erano campioni di preferenze osannati nel loro partito, il Pdl. Per prendere tante preferenze ci vogliono tanti denari, cene, ostriche, convegni, comparsate in tv, donazioni, favori e tante promesse a chiunque, se occorre anche alla mafia. Fiorito, Er Batman di Anagni, sedeva su quasi 30 mila preferenze. Nella città del celebre schiaffo a papa Bonifacio VIII, nessuno può dimenticare la sua campagna elettorale: orchestre, camper, manifesti, cene, un caravanserraglio milionario del quale in qualche modo occorre "rientrare" una volta eletti. Naturalmente, a suon di fondi pubblici e di favori. Eppure, di fronte agli scandali provocati non solo dalla voracità personale di personaggi di borgata senza arte né parte che scelgono la politica per arricchirsi, ma anche dai costi iperbolici delle campagne elettorali, le preferenze rispuntano nel testo della nuova legge elettorale nazionale passata in commissione al Senato con i voti di Pdl, Lega e Udc. Il delittuoso Porcellum griffato Calderoli si tramuta in Ircocervo, il mitologico animale un po’ caprone e un po’ cervo: un sistema ibrido di proporzionale e maggioritario che reintroduce le vituperate preferenze invece dei collegi. Con il Porcellum il partito che prendeva un voto più degli altri otteneva il 55 per cento dei seggi alla Camera. Se invece la nuova legge passerà definitivamente, per avere un premio elettorale del 12,5 per cento dei seggi occorrerà raggiungere il 37,5 per cento dei voti. Totale 50 per cento. Troppo poco: così non vince nessuno. Ergo, per formare una maggioranza in grado di governare, chi prende il premio dovrà contrattare l’appoggio di altre forze. Casini o Di Pietro, se vincerà il Pd?
Si archivia così di fatto la Seconda repubblica, con le sue "mitologie d’accatto", come le ha chiamate Ernesto Galli Della Loggia, e si torna a una Repubblica simile alla Prima. Se comporterà anche l’archiviazione del "leader carismatico " alla Berlusconi, che il giorno dopo le elezioni sale automaticamente a Palazzo Chigi, non sarà un male. La scelta definitiva del premier torna di fatto alla maggioranza che si formerà e al Capo dello Stato. Ma che questa legge favorisca la "purificazione" di un sistema inefficiente e corrotto sarebbe veramente ingenuo pensarlo. Tanto più che l’ormai ectoplasmatico residuo del berlusconismo impedisce di varare una vera legge anticorruzione per salvare i malandrini di ieri, oggi e di domani.
Signori e Signore, ecco a voi, vent’anni dopo, la Prima repubblica-bis.