Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  ottobre 26 Venerdì calendario

SOLFATO DI FERRO IN MARE PER ATTIRARE I SALMONI


Il fine era nobile, e ambizioso.
I mezzi, molto discutibili.
Per far ritornare i salmoni nel Nord del Pacifico, Russ George, un imprenditore americano appassionato di oceanografia e direttore scientifico della Hsrc (Haida salmon restoration corporation), lo scorso luglio ha fatto disperdere 100 tonnellate di solfato di ferro al largo del Canada.
Secondo i promotori dell’operazione, infatti, la dispersione di solfato di ferro in alcune aree oceaniche potrebbe aumentare la produzione di fitoplancton nelle acque superficiali.
A sua volta, la proliferazione del fitoplancton favorirebbe quella del suo predatore diretto, lo zooplancton, mentre l’abbondanza di quest’ultimo «doperebbe» la popolazione dei salmonidi, che si nutrono di esso.
Condotta su un’area di 10 mila chilometri quadrati, l’operazione, costata alla comunità locale un milione di dollari (senza contare un prestito bancario di 1,5 milioni supplementari) e resa nota recentemente dal quotidiano britannico Guardian, è ora al centro di una grossa polemica dopo essere stata denunciata nel corso della conferenza di Hynderabad (India) sulla biodiversità, conclusasi sabato scorso.
Per l’organizzazione Greenpeace, infatti, la «fertilizzazione» delle acque dell’Oceano, realizzata senza le autorizzazioni richieste, contravviene alla Convenzione sulla diversità biologica e alla Convenzione di Londra sulla prevenzione dell’inquinamento marino.
I promotori dell’operazione, dal canto loro, assicurano che almeno sette ministri del governo canadese ne erano al corrente.
Gli scienziati avanzano seri dubbi sull’esito favorevole dell’iniziativa, che al contrario presenta forti rischi.
Come quello di una possibile proliferazione di alcune specie di diatomee (fitoplancton), che producono una tossina i cui effetti possono essere importanti. Per esempio in passato la moria di pellicani sulla costa occidentale degli Stati Uniti è stata ricondotta proprio a questa tossina.