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 2012  ottobre 25 Giovedì calendario

DORMIRE 3 ORE E SVEGLIARSI FELICI


È davvero l’8 il numero perfetto del sonno? Le tanto decantate 8 ore di riposo, quelle che tutti ci auguriamo ogni notte e gli esperti chiamano ciclo monofasico, ossia un unico riposo ogni 16 ore, potrebbero non essere così fondamentali. Aumentano infatti studi e ricerche (di scienziati come di storici della medicina) che elogiano i benefici del sonno polifasico, ossia spezzettato nel corso delle 24 ore.
Roger Ekrich, docente di storia della Virginia Tech, ha per esempio scoperto che nel poema medioevale The Canterbury Tales un personaggio femminile si appresta al «secondo sonno» dopo avere fatto il primo nell’arco della giornata (i suoi studi sono citati dal New York Times). Mentre in un tomo del 16° secolo un fisico francese sosteneva che i rapporti sessuali dopo il primo sonno della giornata aumentavano le possibilità di concepimento.
La tirannia delle 8 ore di sonno, insomma, sarebbe un’invenzione moderna. Un celebre esperimento su volontari di qualche anno fa aveva già dimostrato che, lasciate a se stesse, le persone tendono a dormire per 4 ore, per poi svegliarsi per 1-2 ore e riprendere il sonno per altre 4. Uno dei moderni sostenitori del dormire «a pezzi» è Timothy Ferris, scienziato e scrittore americano, che nel saggio The 4-Hour body racconta i suoi esperimenti con il sonno spezzato nell’arco delle 24 ore. Il punto di partenza, afferma, è che ci si riposa davvero nella fase Rem (in cui si sogna), che dura non più di un paio di ore per notte. Il resto del tempo passato a letto è quasi sprecato. Il trucco è forzare il corpo a entrare subito nella fase Rem, sfruttando dei cicli polifasici.
Il migliore di questi cicli, secondo Ferris, è lo Uberman: sonnellini di mezz’ora ogni 4 ore. Ristoratori, ma poco compatibili con una normale vita sociale. Il ciclo Everyman è più versatile, pisolini di 20 minuti e un riposo più lungo tra 1,5 e 4,5 ore. Così il tempo complessivo da dedicare al sonno può scendere a 2,8 ore. Il ciclo Siesta, infine, è il minimo sindacale in fatto di sonno polifasico: dormita notturna di 6 ore e un sonnellino di mezz’ora in pausa pranzo. I risultati sembrano straordinari.
Lo conferma Matt Mullenweg, il creatore del sistema di blog WordPress, che dopo avere adottato il ciclo Uberman per un anno sostiene che si è trattato dei 12 mesi più fruttuosi della sua vita: «Poi ho trovato una ragazza, è stata la fine dello Uberman e l’inizio di una fase meno produttiva, anche se più romantica».
Se si vuole adottare il sonno polifasico, in ogni caso, è bene seguire alcune regole: stabilito il ciclo, impostare i sonnellini con precisione e non saltarli. Una volta fatto, si raggiunge la fase Rem con velocità.
Se è vero che il sonno è una medicina potente e a costo zero (aiuta a perdere peso, contribuisce a prevenire il rischio di ipertensione, di infarto e di diabete), i cicli polifasici offrono tutti i benefici della dormita notturna, ma facendo risparmiare tempo. Robert Stickgold, psichiatra alla Harvard medical school, suggerisce che i riposi diurni, brevi ma profondi, offrono al cervello la possibilità di decidere quali nuove informazioni trattenere e quali scaricare.
Il fabbisogno di sonno, del resto, anche nel ciclo monofasico tradizionale non è sempre di 8 ore, ma varia in base a sesso, età e altri fattori. «In neonati e anziani» dice Lino Nobili, responsabile del Centro medicina del sonno al Niguarda di Milano «il sonno è polifasico». Nei bambini piccoli non c’è ancora il ritmo circadiano, regolato in fasi di 24 ore, quindi il sonno viene spezzato. Negli anziani, invece, il ritmo si perde e si torna al modello polifasico. Che, in fondo, fa parte di noi. «Era usato da Leonardo da Vinci, che seguiva i suoi progetti vicino a una branda» racconta Giuseppe Plazzi, neurologo e responsabile del Laboratorio del sonno di Bologna.
Spezzare il sonno, continua Plazzi, concedendosi 20 minuti di riposo ogni 2 ore, consente di svegliarsi lucidi. Sia Nobili sia Plazzi ricordano che il sonno polifasico è utilizzato dai navigatori in solitaria, che devono distribuire il tempo di veglia. Nobili conclude: «Per non correre rischi, meglio il sonno bifasico: 5 ore di notte e poi 2 ore dopo pranzo. Funziona bene».
In alcuni casi, poi, dormire più di 8 ore è controproducente: peggiora una depressione già in corso, può aumentare il rischio di Alzheimer e, secondo l’American college of cardiology, di infarto. La National sleep foundation indica tra 6 e 9 ore in un adulto, tra 8 e 9,25 ore tra i 10 e i 17 anni. Ciò che più conta, avvertono gli studiosi, è migliorare la qualità del riposo, più che prolungare le ore da sdraiati. In questo ci viene in aiuto la tecnologia, nei laboratori ma non solo. La polisomnografia è un esame basato su una ventina di sensori che analizzano le variazioni di parametri fisiologici: attività cerebrale e muscolo-scheletrica, movimento oculare, frequenza cardiaca. Alla fine fornisce un rapporto che evidenzia qualità ed entità del ristoro.
Preciso, ma poco pratico. Per questo si stanno diffondendo gadget portatili per analizzare il sonno in modo più naturale. Pioniere della categoria è il sistema Zeo bedside sleep manager: un cerchietto con sensori che tiene traccia delle fasi del sonno. Il tutto è inviato a una centralina dotata di display, che analizza le fasi del sonno stabilendo se è stato ristoratore o, in caso contrario, come migliorarlo.
Ferris, ovviamente, ha provato i benefici di questi apparecchi, ricavandone alcuni suggerimenti: la temperatura della camera deve essere tra 19° e 21°, meglio cenare con cibi ricchi di grassi (purché sani), utilizzare apposite lampade pulsanti, farsi un veloce bagno freddo e adottare, a letto, la posizione del «crawl militare»: gamba e braccio sinistri distesi, gamba e braccio destri piegati perpendicolarmente, e la mano appoggiata più in alto della testa. Funziona davvero? Non resta che provare. Ricordandosi che, se non si dorme per 8 ore di seguito, non è grave. Anzi, se vi fissate su questa idea finirete per innervosirvi e dormire sempre meno.