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 2012  ottobre 25 Giovedì calendario

IN SICILIA SI AGGIRA UNO SPETTRO: È IL PREMIO DI TRANSUMANZA

Quattro milioni di elettori: le regionali di domenica 28 ottobre in Sicilia sono un enorme sondaggio per le politiche di aprile 2013. Angelino Alfano e Silvio Berlusconi, Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani, i leader riscoprono la Sicilia come metafora dell’Italia: funzionerà l’alleanza tra Pd e Udc, o Bersani finirà nelle braccia di Nichi Vendola e Antonio Di Pietro? Quanto vale il Pdl di Alfano? Sarà ancora Berlusconi a determinare i destini del centrodestra? Sulla Sicilia ci sono proverbi e frasi celebri che sembrano scritte per queste elezioni, «La Sicilia è la chiave di tutto» diceva J. Wolfgang Goethe. I favoriti si chiamano Nello Musumeci e Rosario Crocetta, la destra e la sinistra sgangherate ma vive. Meno quotati, Gianfranco Miccichè, guascone solitario, e Beppe Grillo, esperimento dadaista in terra vulcanica.
Se… vince Musumeci, via libera ad Alfano x missino dal piglio indipendente, Nello Musumeci è per il Pdl l’immagine stessa del riscatto possibile. I sondaggi lo danno in testa e Berlusconi, immobile, aspetta solo di vedere come andrà a finire: il Cavaliere perde tempo per guadagnare tempo (e guadagnare è un verbo che ovviamente a lui piace), dunque tiene sospeso il suo partito, non sa se chiuderlo o rilanciarlo, ma è pronto a rinfoderare le intenzioni più movimentiste perché se Musumeci vince cambia tutto, il Pdl regge, il marchio funziona. A quel punto sarebbe possibile l’impensabile il via libera ad Alfano per Palazzo Chigi, il passo indietro di Berlusconi. Così è in Sicilia che si compiono i destini di ciascuno, ed è sul tavolo siciliano che si distende la tovaglia delle alleanze nazionali. Se vince Musumeci, tramonta il fragile asse tra Bersani e Casini, l’alleanza Udc-Pd non regge alla prova del voto e Casini, scivoloso com’è, potrebbe tentare un accordo con il Pdl; mentre Bersani sa già che se vorrà vincere dovrà ripiegare sull’Idv e sul vecchio schema riformista: nessun nemico a sinistra (Vendola) e nessun nemico in procura (Di Pietro).
Se… Vince crocetta, sÌ a Bersani-Casini eatrale e contraddittorio, Rosario Crocetta è stato sindaco di Gela, ha militato in tutte le declinazioni possibili della sinistra e, anche se ufficialmente è l’uomo dell’alleanza tra Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini, piace anche a Nichi Vendola. Se dovesse vincere lui, il segretario del Pd avrebbe la quasi certezza di poter stringere un’alleanza con l’Udc a Roma, anche dopo le elezioni, una volta in Parlamento: Casini offrirebbe a Bersani, alleato di Vendola, quel manipolo di deputati necessario a rendere solida la maggioranza di centrosinistra. Ed è questa la speranza che il segretario del Pd coltiva, lui che non ha intenzione di ammanettarsi a Di Pietro, malgrado l’ex pm abbia preso a versargli dubbi nelle orecchie: «Se vuoi vincere devi prendere anche me». Certo ancora Bersani non si fida di Casini, ne fiuta il tatticismo, sa di che grana è fatto il rosario, ma crede pure che alla fine l’Udc possa trovare in lui il biglietto per transitare nella Terza repubblica. E il Pdl? Il Cavaliere avrebbe la certezza di dovere cambiare tutto.
Se… non vince nessuno, caos e ingovernabilità Ma nella terra di Luigi Pirandello può anche succedere che non vinca nessuno; e mai come in questo caso le elezioni siciliane sarebbero lo specchio tenebroso di quelle italiane, la Sicilia come metafora di tutte le sfortune: ingovernabilità e caos, nessuno raggiunge il premio di maggioranza. La politica siciliana non è meno slabbrata di quella romana, la regione è al collasso, dondola sul precipizio di 4 miliardi di debiti lasciati da Raffaele Lombardo. E i siciliani, che gonfiano le piazze di Beppe Grillo, non sono più disponibili a credere alle promesse; perché il saccheggio è compiuto, le casse sono vuote, e anche il clientelismo ha ben poco da offrire. Così è sempre possibile che in mancanza del premio di maggioranza scatti il meridionalissimo premio di transumanza, e non si può dunque escludere che Miccichè o Lombardo tornino padroni del campo (campieri) spostando dopo le elezioni gli equilibri verso l’uno o l’altro dei principali contendenti. Ma i sondaggi di Grillo e quelli sull’astensione disegnano un quadro forse peggiore: il trasformismo è un trucco, ma in Italia è diventato arte di governo, mentre il vuoto di potere è solo l’anticamera del disastro greco.