Massimiliano Panarari, La Stampa 26/10/2012, 26 ottobre 2012
DAL CANE A SEI ZAMPE A SUPERCORTEMAGGIORE IL SEGNO SU UN’EPOCA
[Pubblicità, cinema, letteratura per affermare il marchio] –
A guardare con attenzione, la straordinaria e prolifica carriera di Enrico Mattei può venire letta anche come una continua ricerca ante litteram intorno alla comunicazione aziendale e al branding (e in grado di produrre una serie di esiti, visti con gli occhi odierni, formidabili). Il grandioso piano di sviluppo dell’Eni, infatti, può essere considerato, come ha scritto lo storico dell’economia Franco Amatori, «l’iniziativa privata di un manager pubblico», estremamente attento alle novità che, in quell’epoca, promuoveva il capitalismo anglosassone e, al tempo stesso, pronto a rivendicare fortemente (in primis per sostenere le proprie cause) i simboli della politica che aveva riportato il Paese alla vita democratica.
Una delle ossessioni fondamentali del grande imprenditore pubblico Era proprio la costruzione di una rete amplissima di «relazioni privilegiate» con stakeholders di vario genere e l’acquisizione del consenso dell’opinione pubblica. Una pratica di costruzione del consenso che passò, nella vision di Mattei, attraverso una serie di efficaci strategie di pr, il trasferimento di specialismi e saperi aziendali importati dall’estero e un lavoro di costruzione dell’identità d’impresa dove il marchio era considerato essenziale. E che riuscì a declinare in parallelo il continuo richiamo all’eredità della Resistenza, quale pilastro fondativo della nuova Italia, e un sempre maggiore ricorso alle tecniche pubblicitarie e allo «svecchiamento» dell’immagine aziendale per aumentare le proprie quote di mercato. Di qui, la vera e propria brandizzazione di Agip ed Eni e la modernizzazione di prodotti e servizi, guardando all’America per superare i distributori «poveri e (non) belli» (e sostanzialmente coincidenti con dei chioschi) con cui l’Italia si affacciava agli Anni Cinquanta. Il restyling, che portò a delineare un’immagine coordinata delle stazioni di servizio, venne affidato all’architetto Mario Baciocchi. A Edoardo Gellner, invece, venne attribuito il compito di definire una sorta di «stile architettonico Eni», che condusse a realizzazioni come l’Hotel Dolomiti di Cortina (già Motel Agip), nel 1956, e al villaggio turistico di Corte di Cadore per i dipendenti del gruppo, ma anche agli alloggi nei pressi degli impianti Agip di Gela.
Propensioni costruttivistiche tipicamente novecentesche, si potrebbe dire, di un imprenditore dello Stato che aveva, altresì, ben chiara la centralità dell’immaterialità pubblicitaria, e che seppe lanciare ovunque, convertendolo in icona planetaria, il logo del cane a sei zampe. Ovvero, il celeberrimo brand nato dalla creatività dello scultore Luigi Broggini, che vinse un concorso del ’52 per la cartellonistica stradale della benzina «Cortemaggiore» e dell’Agipgas e venne premiato da una giuria in cui sedevano figure come Mario Sironi e Giò Ponti; un «marchio di fabbrica» tanto durevole da essere giunto, dopo tre aggiornamenti (’72, ’98, 2009), sino a noi. Né vanno dimenticati gli sforzi profusi nell’industria culturale e per l’«occupazione dell’immaginario»: Mattei insediò un ufficio «Attività cinematografiche» (diretto da Pasquale Ojetti), che dette vita a un’imponente produzione documentaristica volta a promuovere la mission imprenditoriale in Italia e nel mondo, e fondò la rivista aziendale «Il Gatto selvatico» consegnata alle cure di Attilio Bertolucci e palestra per un bel pezzo della cultura letteraria e artistica di quei tempi .
L’Eni di Mattei, dunque, pur con alcuni limiti, rappresentò un rilevante vettore di modernizzazione, all’insegna di un mix che teneva insieme un significativo progetto di sviluppo industriale, grande tecnologia, la capacità di recepire la cultura manageriale americana e la sua attenzione per la formazione delle risorse umane (a partire dai corsi, severi e dettagliati, che vennero organizzati per i gestori delle pompe di benzina Agip), una visione geopolitica e la produzione di un’identità, per sé e per il Paese di cui si proponeva quale diretta ambasciatrice. E fu anche una gigantesca e lungimirante agenzia di lobbying e comunicazione, davvero glocal, contemporaneamente intenta a modificare, sul piano interno, i comportamenti di consumo degli italiani, e a combattere una dura competizione, sul mercato internazionale, contro le potentissime compagnie petrolifere a stelle e strisce, le «Sette sorelle» (copyright dello stesso Mattei), sostenendo anche, in questa chiave, le lotte per la decolonizzazione nel Terzo mondo.