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 2012  ottobre 24 Mercoledì calendario

Manuale d’autore per addomesticare il Drago cinese - Altro che terrorismi arcaici, è il Drago cinese la vera minaccia alle società libere del terzo millennio

Manuale d’autore per addomesticare il Drago cinese - Altro che terrorismi arcaici, è il Drago cinese la vera minaccia alle società libere del terzo millennio. La buona notizia, è che il Drago sta accumulando errori,ed è quindi,potenzialmente,ad­domesticabile. Sono queste, le tesi essenziali del nuovo saggio di Edward Luttwak, «Il risveglio del drago. La minaccia di una Cina senza strategia» (pagg. 280, euro 14), da oggi nelle librerie per Rizzoli. Il governo totalitario di Pechino sta perseguendo unacrescitaspasmodicasu3direttrici:l’economico,ildiploma­tico e il militare. Ma, secondo Luttwak, questi obiettivi si con­traddicono l’un l’altro, e la crescita esponenziale del Drago comporta l’evocazione di forze compensatorie contrarie, che oggisisaldanoattornoagliUsa.Èquesto,l’errorestrategicodel­la Cina, dettato dalla storica presunzione di autarchia rispetto al resto del mondo. Se la tensione tra Cina e coalizione anti-cine­se diventerà esponenziale, stante la ritrosia reciproca all’esca­lation militare e nucleare, per Luttwak la strategia occidentale più efficace sarà un conflitto«geo-economico»contro il Drago. Di seguito,per concessione dell’editore,un estratto del libro. *** La leadership cinese in­ten­de insistere nel perse­guire obiettivi incompa­tibili: una rapidissima crescita economica e una rapidissi­ma crescita milita­re e unproporzio­naleaumentodell’influenzagloba­le. È la logica stessa della strategia a dettare l’impossibilità di progressi simultanei in tutti e tre i campi: ine­vitabilmente, il potenziamento mi­litare della Cina sta già suscitando reazioni - ancor più, com’è ovvio, perviadellasuarapidità. Talireazio­ni a loro volta stanno già ostacolan­do, e lo faranno sempre più, il con­temporaneoprogressoneitreambi­ti- economico, militareediplomati­co- , sia pure certamente in diversa misura. Tutto ciò è assiomatico fin­ché­continuano a esistere Stati indi­pendenti tra i vicini e i pari a livello mondiale della Cina. Al momento attuale,e non siamo che all’inizio,il rapidopotenziamentomilitaredel­laCi­nastaprovocandoostilitàeresi­stenza anziché accrescerne l’in­fluenza. (...) Lalogicadellastrategianonsiap­plica in modo automatico, ma co­stringe i leader ad agire, perciò alcu­ne risposte all’ascesa della Cina so­no già in corso, malgrado l’assenza di politiche nazionali dichiarate al riguardo e di tentativi di coordina­mento internazionale, se non a livel­lo ancora embrionale. Negli ultimi dodicimesi, questereazioniorgani­che alla percezione di una Cina sempre più forte e potenzialmente minacciosa hanno incluso (...) il continuo, benché estremamente lento, riorientamento degli sforzi militari complessivi degli Stati Uni­ti dalle futili be­vute di tè in Afghani­stan al contenimento della Cina; en­tro la fine del 2011, le reazioni spon­tanee, scoordinate e quasi istintive allacrescitamilitarecinesesonosta­te integrate con la comparsa di un nuovoconcettodipianificazionein­terforze implicitamente focalizza­to sul Pacifico e la Cina, «The Air Sea Battle», in apparenza operativo ma presentato come strategico, dotato di un proprio ufficio di tutela diretto da un ufficiale a tre stelle. (...) Le risposte confinate alla sfera mi­litare, attraverso creazione di forze, controschieramenti e iniziative analoghe, da sole non possono ri­sultare adeguate a lungo. (...) Ingenti spese militari finalizzate a contrastare la Cina devono quin­di essere valutate con attenzione, poiché in realtà non rispondono al problema di destabilizzarne la cre­scita, mentre d’altro canto nulla di simile a una guerra generalizzata Ci­na/ anti-Cina, con eserciti sul cam­po, battaglie navali e bombarda­menti aerei convenzionali, è possi­bile nell’era nucleare. Può darsi che la Cina stia commettendo esatta­men­te lo stesso errore colossale fat­to dalla Germania imperiale dopo il 1890, ma questa non è una devolu­zione destinata a terminare con un altro 1914 e un’altra guerra di distru­zione. L’esistenza delle armi atomiche nonprecludecombattimentitraco­loro che le possiedono, ma ne limi­ta drasticamente le forme, poiché ciascun partecipante è obbligato a evitare o almeno a contenere i ri­schi di un’escalation a livello nucle­are. (...) I preparativi atti a fungere da de­terrente, o all’occorrenza a garanti­re la difesa, contro eventuali azioni militari che l’inibizione nucleare consentirebbe ancora a Pechino ­non un attacco al Giappone, per esempio, né qualcosa di più di una guerra di confine localizzata con l’India- ,sono ovviamente necessa­ri p­er scoraggiare tali attacchi o per­lomeno negare ai cinesi un ’escala­tion dominance . Tuttavia, benché indispensabili, questi preparativi non sono suffi­cienti: non possono racchiudere in sé tutta la resistenza provocata dal­la-Cina se la sua rapida crescita eco­nomica e un commisurato poten­ziamento militare persisteranno negli anni a venire. L’assioma secondo cui gli Stati i­n­dipendenti si opporranno con ogni mezzopossibileallaperditadellalo­ro indipendenza sarà inevitabil­mente espresso nell’unico modo ancoraconsentitodall’impossibili­tà di un conflitto su larga scala, cioè attraverso strumenti «geo-econo­mici » - la logica della strategia nella grammatica del commercio. Se la Cina si ostina a utilizzare la sua cre­scita economica per acquisire an­che un potere corrispondente, svi­luppandosiinmanieraarmonicaal­l’interno e al contempo rompendo gli equilibri di potere e l’armonia al­l’esterno, la risposta deve mirare a ostacolare la sua crescita economi­ca, se vuole risultare efficace.(...) L’ineluttabile esigenza di rallen­tare la crescita dell’economia cine­se sarà accettata più facilmente da altri Paesi inclini ad approcci mer­cantilisti, mentre per gli Stati Uniti colliderà con un inviolabile dogma ideologico, oltre che con interessi economici politicamente impor­tanti. Ma la strategia è più forte della politica.