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 2012  ottobre 24 Mercoledì calendario

Batteri all’assalto dei telefonini (peggio della tavoletta del wc) - Il telefono, la tua voce. Ma an­che la tua, possibile, «infezione»

Batteri all’assalto dei telefonini (peggio della tavoletta del wc) - Il telefono, la tua voce. Ma an­che la tua, possibile, «infezione». Non parliamo della cornetta di quei reperti di archeologia urba­na che sono ormai diventati i tele­foni pubblici. No, ci riferiamo ai modernissimi cellulari che saran­no pure supertecnologici, ma- in quanto a sporcizia- battono perfi­no la famigerata tavoletta del wa­ter. Secondo uno studio pubblicato sul Wall Street Journal che ha pre­so in esame varie tipologie di tele­fonini, i cellulari nascondono una quantità di batteri e virus superio­re addirittura a banconote, inter­ruttori della luce e tastiera del computer (oggetti considerati, da più fonti, leader della moderna zozzoneria).Ma c’è veramente da preoccuparsi? Mica tanto se poi gli stessi studiosi concludono che: «Non possiamo certo demo­ralizzarci dinanzi ai rischi com­portati dalle nuove tecnologie...». Come dire: è l’era hi-tech bellez­za, e tu non puoi fermarla. Le conclusioni degli esperti Usa vanno lette, se pur turandosi il na­so. Così,giusto per farci un’idea di quello sporcaccione che teniamo continuamente tra le mani e ap­poggiato all’orecchio: «Lo stretto contatto con le mani sporche, la vi­cinanza con la bocca, l’abitudine di tenere il telefonino in tasca, fan­no si che il proliferare dei germi sia cosa abbastanza agevole. Tan­to da annoverare i cellulari tra gli oggetti che più di tutti,sono i prin­cipali vettori dei cosiddetti “ super batteri”,microorganismi resisten­ti a­gli antibiotici che infestano i no­socomi di tutto il mondo». Significata la serie di test esegui­ti dalla American Academy of Fa­mily P­hysicians i cui esiti di labora­torio confermano uno studio ana­logo della Ondokuz Mayis Univer­sity in Turchia. Presi in esame un centinaio di cellulari appartenen­ti a medici e infermieri: nel 95% de­gli apparecchi, si sono riscontrati diversi batteri, tra cui il famigera­to MRSA ( stafilococco aureo), su­perbatterio, causa della maggior parte delle infezioni ospedaliere degli Stati Uniti. Ma questa storia dei batteri e dei virus che farebbe­ro baldoria sui nostri cellulari è nulla rispetto ai ciclici allarmi (lan­ciati, smentiti, rilanciari e rismen­titi) relativi agli ipotetici «pericoli cancerogeni» legati appunto al­l’eccessivo uso dei telefoni. Ma c’è un altro oggetto che, no­nostante la sua intrinseca sporci­zia, ci auguriamo di non smettere mai di maneggiare: le banconote. Un altro studio statunitense ha ri­scontrato durante l’analisi di alcu­ne banconote una media di 130 mila batteri a banconota. La scienza appare però divisa anche sul mito dei «soldi spor­chi ». A sfatarlo è stato un team in­te­rnazionale della Ballarat Univer­sity in Australia. Quello che han­no scoperto i ricercatori è che le fa­migerate banconote accusate da sempre di essere un ricettacolo di batteri e altri microrganismi noci­vi i­n realtà non ne contengono ab­bastanza per essere ritenuti peri­colosi. «Probabilmente ci sono più batteri in un panino che nel de­naro usato per comprarlo », la bef­farda conclusione dei cervelloni internazionali. Tutta gente che non farebbe male a soffermarsi an­che sui rischi opposti alla «sporci­zia », vale a dire i pericoli prove­nienti dai raptus igienistici. Quelli che disinfettano tutto: dalla mani­glia del tram al pomello dei rubi­netti, dalla panchina del parco al­le posate del ristorante. Fino ad ar­rivare a vere sindromi che - più che del detersivo- avrebbero biso­gno dello psichiatra. Avete presen­te quello che in chiesa - quando il prete dice: «scambiatevi un segno di pace» - finge di non avere le ma­ni? Mutilato di guerra? No, igieni­sta incallito. Affetto da cronica idiosincrasia verso l’altrui palmo sudaticcio. È il fronte più esaspera­to dell’ homo amuchino : per lui la bottiglietta di disinfettante è più importante dell’acqua benedet­ta. A questo tipo di «malati» consi­gliamo di seguire in televisione la messa domenicale. Santificheran­no così le feste, ma in maniera op­portunamente asettica.