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 2012  ottobre 24 Mercoledì calendario

«Allibito, ho lavorato per l’Italia» - Scosso. Allibito. Amareggiato. Claudio Scajola è uomo dalla scorza dura, abituato a incassare e contrattac­care colpo su colpo

«Allibito, ho lavorato per l’Italia» - Scosso. Allibito. Amareggiato. Claudio Scajola è uomo dalla scorza dura, abituato a incassare e contrattac­care colpo su colpo. Questa volta, pe­rò, fa fatica a nascondere il dolore per la nuova tegola che gli è piovuta addos­so. Onorevole Scajola, aveva avuto av­visaglie di questa indagine? «No, è stato un fulmine a ciel sereno. Ero in viaggio quando mi è arrivata la notizia che una notifica giudiziaria mi attendeva a Roma. Nel frattempo è uscito un dispaccio di agenzia che face­va il mio nome». La notifica l’ha aiutata a fare chia­rezza? «No, cita soltanto due articoli del co­dice penale. Evidentemente le agen­zie vengono informate, io no. Sono di­sponibi­lissimo ad essere ascoltato im­mediatamente dalla Procura di Napo­li. Anzi, nonostante tutta l’amarezza e la rabbia, spero accada al più presto». Il suo avvocato ha avuto indicazio­ni sull’interrogatorio? «No,l’ho nominato due ore fa.Gli ho chiesto se si poteva andare subito, mi ha risposto di no. Io rispetto la giustizia ma non voglio entrare nella giungla del cannibalismo giudiziario e delle strumentalizzazioni, un incubo che ho già vissuto. Spero si rispetti lo Stato di diritto». Ha paura di un nuovo marchio a fuoco, dopo quello della casa a sua insaputa? «Sono da tempo sotto pressione per vicende fondate sul nulla. Sono stan­co. Ricordo che quando ci fu la vicenda della casa mi dimisi per rispetto delle istituzioni. Quella mossa fu intesa co­me una ammissione di colpa. Di certo dissi una frase infelice, una ingenuità percepita come una fandonia. Ma le chiedo:se avessi saputo che c’era qual­cosa di strano, avrei intestato quella ca­sa a me facendo il rogito al ministero? Sarei stato davvero così stupido? Co­munque quella casa l’ho venduta». Ora l’accusa è di aver preso una me­ga- tangente su una commessa di fregate per il governo brasiliano. «Rivendico con orgoglio nella mia at­ti­vità di ministro dello Sviluppo Econo­mico di essermi battuto come un leo­ne, pur con tutti i miei limiti, per aiuta­re le aziende ad allargare il loro merca­to e favorire l’export italiano. Mi sono battuto per Finmeccanica, Fincantie­ri, Fiat, Ferrero, e tante volte contro la contraffazione del nostro prodotto». Cosa ricorda della vicenda Fincan­tieri- Brasile? «Il presidente Lula mise in campo un grande piano di investimento e cer­cai di­perorare al meglio la causa di Fin­cantieri. Mi vanto di averlo fatto nell’in­teresse del Paese. Che ci sia stato un qualsiasi interesse privato è un fatto macroscopico che mi offende. Per dir­ne una: io non ricordo neppure se alla fine queste navi, queste fregate Fremm, vennero comprate oppure no. Se questo avvenne fu nel periodo in cui non ero più ministro. Sarei an­che­curioso di sapere se questo contrat­to di mediazione di cui parlano le agen­zie venne davvero stipulato». Secondo il suo accusatore lei si sa­rebbe mosso potendo contare su un rapporto di amicizia molto stret­to­con il ministro della Difesa brasi­liano, Jobin. «L’ho incontrato tre volte. Una volta in Brasile con Lula, una volta in Italia, una volta per una colazione. Nelle visi­te, ovviamente, ebbe incontri anche con altri ministri. Gli esposi il piano in­dustriale di Fincantieri, sottoposta al­la forte concorrenza di americani e te­deschi. Viste le circostanze mi sembra impossibile che qualcuno possa aver­mi tirato in ballo per mediazioni di al­tro tipo di cui non so nulla». Si parla di tangenti per 2,5 miliardi. «Ma si rende conto di quali cifre stia­mo parlando? Ma le sembra credibile? Io ho fatto tutto alla luce del sole alla presenza di funzionari ministeriali. Si trattava di incontri ufficiali. La morale triste che trapela da queste vicende è che è meglio evitare di battersi per il Pa­ese. Se lo fai corri soltanto il rischio di essere infangato. Io posso solo dire: at­tenzione che Finmeccanica fa gola a molti.È un fiore all’occhiello dell’indu­stria italiana. Va protetta».