Michele Smargiassi, la Repubblica 25/10/2012, 25 ottobre 2012
RESTERÀ SOLO IL FANGO CHE MI BUTTANO ADDOSSO HO SEMPRE LAVORATO E NON HO NULLA DA TEMERE
Un’emiliana di ferro. Quando l’avvocato Paolo Trombetti l’ha informata, ieri, della spiacevole novità giudiziaria, Zoia Veronesi non ha fatto una piega: «Ho sempre lavorato, un sacco di persone mi hanno visto lavorare, non ho nulla da temere », gli ha risposto tranquilla. Del resto, quell’esposto le pende sulla testa da oltre due anni e non le ha mai cambiato l’umore. Ci vuol altro per una come “la
Zoia”. A tutti basta quel suo nome emiliano, come emiliano doc è il suo pedigree politico.
Figlia di Protogene Veronesi, fisico, parlamentare del Pci negli anni Settanta, cresciuta a pane e politica, nessuno l’ha mai considerata solo “la segretaria di Bersani”. Piuttosto il braccio destro, la devota custode degli affari riservati, l’organizzatrice globale, l’efficiente depositaria dell’agenda, lo scudo che aveva l’autorevolezza per bloccare le telefonate anche dei pezzi grossi del partito: chiunque volesse “parlare con Pierluigi” passava dal suo filtro. Da vent’anni, quando non si sa dove trovare Bersani, si “chiede alla Zoia”. E solo lei, affabile, elegante, inflessibile, decide
se farlo trovare o no. Sottovoce, ai tempi del ministero, deputati e dirigenti la ribattezzarono «il sottosegretario Veronesi». Quando Pierluigi Bersani, nel
’92 incontrò negli uffici regionali del partito la sua quasi perfetta coetanea (nata nel 1951, ventun giorni prima di lui), non ci fu bisogno di referenze («diploma di
scuola media superiore, discreta conoscenza della lingua inglese » dicono le carte) per far scattare una fiducia infrangibile: un anno dopo, Bersani presidente
della Regione Emilia-Romagna la volle con sé nello staff, e dopo ancora seguì a Roma, lei che si riteneva «una oscura provinciale », il ministro e il segretario Pd.
Una cosa è certa, che Zoia Veronesi ha sempre lavorato per Bersani anche oltre gli orari e le mansioni del suo lavoro vero e proprio. Nel 2003, quando i Ds bolognesi ancora in crisi per la perdita del Comune cercavano disperati un sindaco credibile per la rivincita, e il nome invocato da tutti era quello del «briscolone
» Bersani, che però aveva tutt’altri progetti, fu lei a troncare le discussioni alzandosi in piedi in una tesa assemblea di partito al quartiere Navile, intimando ai più insistenti: «Ma perché non vi candidate voi, e lasciate in pace Bersani?».
Sulla sua bacheca Facebook, si deposita ora il sostegno di amici bolognesi: «Zoia siamo con te». Intuiscono che colpire lei vuol dire lambire il segretario Pd: «Gira fango per scopi non chiari ». Lei forse userebbe un’altra parola, quella che le venne spontanea in un’intervista di due anni fa, alla notizia dell’esposto: «Alla fine rimarrà solo la cacca che è stata tirata addosso a me».