Aldo Grasso, Corriere della Sera 25/10/2012, 25 ottobre 2012
QUELLE «GIRLS» SPECCHIO DELLA GENERAZIONE PRECARIA
Forse «Girls», la serie scritta e interpretata da Lena Dunham, prodotta da Judd Apatow e da HBO, ha raggiunto un curioso primato: ha avuto mediamente pochi spettatori ma tutti gli spettatori ne hanno scritto. Erano giornalisti, opinionisti, blogger, grafomani, artigiani della parola, idraulici del flusso continuo. Del resto è impossibile non parlarne, sia per la storia che racconta, sia per Lena, 26 anni, ragazza prodigio, il vero caso mediatico-letterario di questi ultimi anni (Mtv, mercoledì, ore 23.10, dieci puntate).
La serie racconta di Hannah: la ragazza (non proprio un sex symbol) si è appena laureata, vive a New York in cerca di qualche lavoretto intellettuale perché i suoi le hanno comunicato che non la manterranno più. Accanto ha tre amiche: Marnie (Allison Williams), Jessa (Jemima Kirke), Shoshanna (Zosia Mamet). Per questo si è subito parlato di «Sex and the City», di una sua rivisitazione in chiave post adolescenziale. Ma è un pista che non porta da nessuna parte. Se mai, è la prima volta che una serie utilizza così palesemente altre serie di culto come universo immaginario di riferimento, è la prima serie in cui i protagonisti si sono nutriti principalmente di tv e social.
Il ritratto che Lena ci offre è pieno di contraddizioni, come forse è giusto che sia. Si va da una scrittura acerba al più sorprendente narcisismo, da una descrizione cruda della vita delle ragazze (come se ognuna desse il peggio di sé) a finezze psicologiche di rara acutezza, da un sesso vissuto in maniera goffa, impacciata, quasi parodistica a vere lezioni di educazione sentimentale, da un perfetto ritratto di una ragazza newyorkese hipster (che però, alle spalle, nella vita vera, ha genitori ben introdotti nel mondo artistico) alla descrizione di un clima generazionale di precarietà, sfiducia, smarrimento.
Con il procedere degli episodi, la serie perde un po’ dello smalto iniziale, si aggroviglia nell’autocompiacimento, ma resta pur sempre un prodotto con cui fare i conti.
Aldo Grasso