Alessandro Merli, Il Sole 24 Ore 24/10/2012, 24 ottobre 2012
BERLINO IN TRINCEA PER LE SUE CASSE
Della posizione del cancelliere tedesco Angela Merkel dopo il vertice europeo dello scorso fine settimana, è finito sotto i riflettori soprattutto un no. Quello alla ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del fondo salva-Stati Esm per i casi già esistenti, Spagna e Irlanda (su Dublino, la signora Merkel si è poi parzialmente corretta). Ma c’è una frenata tedesca a più largo raggio su tutta la questione dell’unione bancaria. Non solo sulla vigilanza europea unica, dove Berlino vuole che ci si concentri sulle grandi banche sistemiche (una trentina tutt’al più) e non sugli oltre 6mila istituti operanti nell’Eurozona, di cui quasi la metà sono tedeschi. Il Governo tedesco è anche riluttante sulla questione di un sistema europeo di liquidazione delle banche insolventi e sulla messa in comune dei fondi di garanzia dei depositi.
Due temi che si intrecciano, secondo Berlino, con l’unione fiscale e che vengono visti come un altro spiraglio per utilizzare a favore degli altri i denari del contribuente tedesco. Un sondaggio fatto circolare ieri dall’associazione delle casse di risparmio tedesche rivela, non sorprendentemente, che due terzi degli interpellati in Germania sono contrari a garantire i depositi negli altri Paesi. Le casse, circa 400 istituti, hanno già dichiarato una feroce opposizione alla vigilanza europea.
L’opposizione tedesca a quasi tutto ("nein zu allem", ama ripetere il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, a proposito della politica monetaria) è vista dai suoi critici come l’effetto di due fattori: la commistione di lunga data fra la politica e le banche (soprattutto le Landesbanken, controllate dalle regioni, e le casse di risparmio) e la debolezza del sistema bancario tedesco. Uno dei meno redditizi e peggio capitalizzati d’Europa, secondo un recente studio dell’agenzia di rating Moody’s, che mantiene ininterrottamente dal 2008 «prospettive negative». Due ottime ragioni per tenere il naso dell’Europa fuori dagli affari delle banche tedesche.
Le Landesbanken sono da sempre protagoniste di tutte le crisi finanziarie internazionali, risalendo addirittura a quella del debito latinoamericano degli anni 80. Prima (fino al 2001) lo facevano perché potevano contare sulla garanzia pubblica, oggetto di una battaglia dell’allora commissario europeo Mario Monti. In seguito, secondo la think tank di Monaco, Ifo, perché, dopo la fine, nel 2005, del periodo di transizione concordato con Bruxelles, hanno cercato di continuare a ottenere rendimenti elevati mettendosi alla caccia di investimenti sempre più rischiosi. Tanto che i primi tre istituti a dover ricorrere a un salvataggio pubblico dopo la crisi Usa dei subprime nel 2007 sono state tre landesbanken. Negli ultimi mesi WestLb, una delle più propense a infilarsi in tutti i disastri, è stata chiusa e BayernLb ristrutturata. Dopo la crisi, la quota di mercato delle banche pubbliche, secondo la loro stessa associazione, la Vob, si è peraltro ridimensionata solo marginalmente e resta vicina al 25 per cento.
Il Governo tedesco non è stato parco di aiuti al sistema bancario: è intervenuto nella Commerzbank, la seconda banca privata, della quale tuttora detiene un 25%, e ha creato un fondo salva-banche, la Soffin, più volte rinnovato (l’ultima volta qualche settimana fa, quando è stato prorogato fino al 2014). La vigilanza, dal canto suo, non ha dato grande prova di sé, divisa com’è fra la Bundesbank e la Bafin, quest’ultima sotto il controllo diretto del ministero delle Finanze e più soggetta quindi, si dice, alle pressioni della politica.
Le banche tedesche hanno beneficiato dei forti flussi di capitali alla ricerca di un rifugio sicuro, potendo fare provvista a bassissimo costo, ma hanno scelto (e in parte sono state sollecitate dalle autorità di vigilanza) di concentrare gli impieghi sul mercato interno. Il che ha accenutato la concorrenza e compresso i margini. Questo, secondo Moody’s, porterà a un’ulteriore erosione di profitti già deboli nei prossimi 12-18 mesi.
Le casse di risparmio e le banche cooperative (circa 1.200) sono istituti che si avvantaggiano della loro forte presenza locale. Anche se l’economia tedesca è in condizioni migliori relativamente al resto dell’Eurozona, la qualità dell’attivo delle banche si sta deteriorando. Inoltre l’esposizione delle banche tedesche verso i Paesi europei in difficoltà e la concentrazione in settori molto ciclici, come gli immobili commerciali, sono, secondo Moody’s, altri elementi di vulnerabilità a un peggioramento della crisi dell’Eurozona e della crescita.